Il grande circo Barnum dell’informazione
Sono molto contento, perché all’incontro dichiarato e confermato delle grandi masse comuniste, socialiste e cattoliche si può realisticamente (cioè politicamente) aggiungere, dopo la valutazione di questa elezione, la conferma straordinaria della lunga marcia del Sud verso il socialismo; che sta travolgendo le sacche millenarie di arretratezza, parziale rassegnazione, grande miseria, corruzione ai vertici, che l’incatenavano. Con un risultato di eccezionale tensione per l’immediato futuro. Questo secondo elemento, di fondo non mi sembra sia stato sufficientemente annotato dai commentatori, preoccupati piuttosto di elargire diagnosi nevroticamente negative o umorali, inquiete o incerte. A dimostrazione di una certa “fragilità” emotiva, non sempre riconoscibile e non sempre utilizzabile, dell’intellighentia “radicale”, che dimentica a volte, a lume di candela di una sofisticazione troppo raffinata e notturna, che la politica – e l’azione politica – è fatta di conferme non di miracoli; né tantomeno dei sogni della ragione, che hanno prati diversi.
D’altro canto è appena il caso di dire che sono scontento perché è mancato il terzo obiettivo, che era quello di grattar via smalto all’arroganza democristiana e ai suoi onnivori e odiosi baroni; ma questo pachiderma, divincolandosi, ha compiuto l’ultimo atto di antropofagia politica; divorando freneticamente, per riprendere ancora un po’ di forza, la carne e il sangue residuo dei parenti più prossimi e coinvitando al banchetto branchi sparsi di corvi. Ma ormai nel frigo altra carne non c’è e dovrà d’ora innanzi accontentarsi dell’aria, o del grasso che ha addosso; e di fare i suoi canti allo specchio. Un primo rendiconto è compiuto, un altro è abbastanza vicino.
Esibito questo semplice sfogo, il mio parere è che abbiamo assistito, nella radiocronaca delle quarantotto ore dopo le elezioni, al più completo esempio, mai fin qui giostrato e gestito da noi, della utilizzazione manomessa della comunicazione (mentre in tante altre occasioni e situazioni si dà e si può dare una manomissione e basta). Ventiquattro ore su ventiquattro, nel grande circo della radiocronaca e della telecronaca allestito ad uso e consumo degli italiani come uno straordinario spettacolo della ideologia consumistica (vorrei dire meglio: della ideologia consumata), siamo stati aggrediti, frustati da una valanga di cifre, percentuali, schemi, schemini, schemoni, rimandi, anticipazioni, previsioni e altri elementi galoppanti da potersi paragonare sul piano psicologico a un autentico terremoto, a una sadica prevaricazione. Dove il gusto troppo sfacciato del giuoco e dello spettacolo era inquinato dal veleno dell’interesse dichiarato e dall’astuzia di una ragione di parte. Con una sovrapposizione dei due canali, in un’orgia univoca a cui mancava solo il colore (e poi si era difilati al Carnevale di Rio).
La difesa? Quella di spegnere il televisore e riaccenderlo alle ore 11 per ascoltare i quindici minuti essenziali, sintetici nella loro esemplarità e lineari, ma soprattutto completi, della televisione elvetica. Senza i fronzoli omeopatici della nostrana retorica statistica. Invece abbiamo avuto un ulteriore e finalmente macroscopico esempio non di una “totalità” informativa che serve, con lo scrupolo di una informazione “questa” veramente funzionale; ma di una ridda caotica e opprimente di interventi e dati ripetuti fino allo spasimo o alla noia. Ci siamo sorbiti l’esibizione ancora una volta arrogante di un efficientismo “faraonico” e di una “possibilità” (non dico nemmeno “capacità”) organizzativa tale da potere liberamente scegliere il come e il quando per sedurre (opprimendo) e soddisfare una richiesta di elementi che, al fondo, era genuina e legittima: ma che veniva distribuita nascondendo sempre il vecchio puzzo di comunicazione “corrotta”. Certamente; anche se rovesciava il suo abito da lavoro; infatti per l’occasione non selezionava censurando, ma filtrava aggiungendo, ed era come mettere acido in un pubblico acquedotto.
Non si potrà almeno dire (d’accordo o in disaccordo) che faccio il furbo dopo aver visto le cose. Con monotonia, in passato, ho più volte accennato alla comunicazione ingorgata o da ingorgo e mi riferivo appunto alle ultime scelte totalizzanti di questo tipo: alle novità esemplari come quelle messe in atto dal nostro Ente televisivo nei giorni 21 e 22 di giugno. Detto Ente fino a poco fa censurava, falsava, nascondeva, mescolava (tanto gli italiani sono coglioni, sosteneva pubblicamente il gran capo a mezzadria, di detta istituzione). Adesso l’Ente ha fatto le grandi pulizie col Lauril e sembra avere una faccia più sgrassata. Dico che a mio parere bisogna non crederci: che bisogna badare bene, invece, a cosa ascoltare, come ascoltare e anche quando ascoltare, soprattutto che non bisogna lasciarsi irretire o convincere dalle lucciole (false, in quanto quelle vere e magari rasserenanti, come affermava Pasolini, non ci sono già più). Oggi, mercoledì 23, dalla mattina alla sera, con intermezzi musicali, otto grossi e grandi dibattiti compiuti dai cervelli selezionati secondo competenze spiegheranno dunque il come, il quando e il perché. Vediamo dunque che tutti sono stati interpellati, tutti sono stati domandati, tutti sono stati richiesti; e che adesso ci vengono rovesciate addosso tonnellate di parole, parole, parole come fossero pop-corn; e frasi, frasi, frasi come gomma da masticare e da sputare: con contorno di altri giudizi e di mille malizie colorate. Affogheremo sul serio nell’apparente liberalismo dell’informazione, che si mostrerà soltanto alla fine un viscido terreno di sabbie mobili. L’eccesso di informazione rende i dati proposti assolutamente inutilizzabili se non da quelli stessi che propongono la comunicazione ingorgata; in quanto dispongono, loro soli, della tecnologia raffinata – e occorrente – per ogni possibile selezione e previsione. È il secondo o terzo momento della sudditanza “culturale”; cediamo alle sabbie mobili del troppo come ieri si gelava fra i ghiacci del poco. C’è una omologia pertinente, fra i due momenti, senza intersecazione. Dove sta la vera e giusta informazione? Rispondo per me: nel modo giusto della comunicazione; equilibrato, oggettivo, essenziale. Là dove c’è un frastuono decorativo l’inganno è imminente oppure già consumato.
“Chi comunica che cosa e come”, l’Unità, venerdì 25 giugno 1976.
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: articoli su quotidiani, settimanali e mensili
- Testata: l’Unità
- Anno di pubblicazione: venerdì 25 giugno 1976