Il margine bianco della città
I
OLTRE LE VECCHIE MURA
Steli d’oro salgono
a imprevedibili altezze
trascinati da un vento misterioso;
col polpaccio di marmo donne lievi
sciacquano sul margine del Reno.
Sale il mattone – la rondine lo alza
col becco al muratore;
gronda acqua e calce
lassù nel cielo
l’anima sua azzurra.
Mattone con mattone
ombra con ombra
nel sudore dell’uomo che si china;
muro con muro, nembi rossi, calce;
su tegole leggere la bandiera
irride alle battaglie.
Sale il palazzo dal prato, dove fioriva
l’erba meschina,
dove gemeva il topo.
Vena bianca, gonfia
di fremiti, si stende
la strada, a notte illuminata
da magre lampade.
E chi stanco riposa, chi s’agita
dagli incubi incalzato,
e l’uomo addormentato
con la testa sul braccio, l’improvvisa
allegria di un ragazzo
e la voce di un vecchio che ricorda;
il tremendo silenzio della notte.
Ma in quest’ora esulta la bandiera
alta fra nubi e foglie,
il barbaglio del muro intonacato
gioiosamente,
e la carrucola che stride
a gara con la rondine africana.
II
IL CAVALLO
Freme la fonte,
s’abbevera il cavallo.
Fra il cavallo che beve, succhiando
avido e ampio, e io che guardo
non c’è differenza alcuna.
Anch’egli trasalisce
a quest’aria dorata che si spinge
neghittosa, verso la campagna.
Gioioso vento d’aprile.
Alza il muso grondante, inarca
le orecchie e ascolta.
Con una mano sfioro
il suo morbido dorso.
Maestà della natura, arcana
artefice. Quali tempeste
o gioie lo agitano?
quali richiami?
la voce che lieve
si insinua fra l’erbe,
o l’odore, il sapore aspro
della femmina?
S’avventa con un nitrito per il sentiero.
III
LA GRU
Felice, libera, essa
che s’alza nel cielo e addenta
le nuvole;
si volge, cala
furtiva, affloscia
il muso sulla terra.
Rianimata si impenna e sale
gloriosamente
– il fianco è sfiorato
dai raggi del sole che nasce.
Oltre i tetti vola,
più alta delle torri;
lenta si muove e sfiora nembi, sole.
Mossa da un ignoto spirito,
fra case paurose,
uomini dormienti, chiese,
solo essa di lucido ferro
è viva e freme:
squilla nel primo mattino.
Voci, fresche voci s’alzano
alla sua danza.
Mi dà forza e speranza.
IV
GIUGNO
Strade assolate; la polvere ristagna;
in cielo si gonfiano
nuvole terribili e scompaiono.
Sulle autostrade fiorite
di sangue e di limoni
– fra attoniti mendicanti –
oh con le vele per lidi lontani
per amori improvvisi vanno,
su luminose ali d’acciaio,
donne d’anfora e biondi lottatori.
Chi resta ascolta
il temporale di giugno che risale
l’arco del monte e urla.
Gli uomini, gonfi di vento,
battono i piedi fra sassi e sentieri;
l’ansia arde e chi non ha desidera
e chi possiede
uccide per avere ancora;
i visi sono arsi come il garbino
sull’Adriatico incostante.
V
GIORNO DI SCIOPERO
Quella che tutti amano,
nella pianura, fra l’erba alta
e il fiume torbido che scorre,
è silenziosa.
Polvere la ricoprirà.
I muri crolleranno.
Da esili ciminiere
non esce il fumo che andava a smarrirsi
nel mare.
Allora oscuri sentimenti, mali
primordiali, ire sconosciute,
odi caldi come incendi
affiorano, sconvolgono il sangue;
fiotta il sangue alle tempie;
batte come il martello.
Sul ciglio della strada, taciturni
e all’erta, gli uomini.
Stride il cancello; il passo
sulla ghiaia stride;
il vento fra i fili accenna
a un canto triste.
Calano fra le rughe ombre di fiamma.
Voci basse, ingiurie; e silenzio.
I corpi premono contro la sventura
come contro una porta;
l’occhio ha lo splendore
della lama appena sfoderata
– vive, si espande, illumina.
La mano poderosa che ieri
torceva il ferro e sagomava
arditi incastri, si stringe.
Sull’asfalto divampa la battaglia.
Ebbre, impazzite, macchine si lanciano
sibilando; uomini infuriati
s’avventano, colpiscono.
I volti sono rosi dalla tristezza;
il mondo è tutto fuoco e cenere.
Dall’alto, dèi corrucciati guardano.
Così è la tempesta in mare, quando scuro
scende il tramonto e senza sole più
resta, nuda, la terra.
VI
PERIFERIA
È un deserto con croci dune
pietre annerite,
con logore bandiere ai davanzali.
Un fiume iroso
scorre, sporco di nebbia e nubi;
sulla riva carri capovolti, mucchi
di sassi, di terriccio, ferri
arrugginiti, topi.
Fra l’erba
esili bambini senza voce
hanno il cielo negli occhi
e l’arcobaleno d’aprile
(così a volte il cuore
splende per una grande speranza).
Oh temporali di primavera!
Un fiume vecchio come il tempo,
le case bianche, enormi;
la miseria rode queste strade;
il vento scuote i tendoni delle osterie,
trascina la carta per i viottoli.
In una pozza
tre ragazzi varano una barca;
ha lo stendardo nero, da pirata.
VII
DOMENICA SUL PO
Deserti campi nella sera estiva,
verso il Po che sospira.
La canapa si tinge
di malinconica polvere;
la luna siede con gli uomini all’osteria.
Sul volto di questi eroi
c’è una forza antica.
Pace sui casolari;
il fumo stringe la terra
a un cielo rosso, sconfinato.
Speranze volano
fra campanili e tetti;
a occhi socchiusi, con le mani
piegate sui ginocchi come foglie,
quante speranze da questi
duri sedenti sui legni dell’osteria
col vuoto bicchiere toccato
dal fremito di una campana.
Silenziosi sedenti in questa
fra il verde, unico sole,
osteria di campagna,
scoperta col suo gregge
in una sera di festa,
verso il Po che sospira.
VIII
«GOLDEN SMOKED HERRINGS»
Stese su un rosso panno
le aringhe sognano
con l’occhio socchiuso
– gialle, opime di grano.
Venti lontani, corse
precipiti in abissi di cielo,
dileguare di mare
– e il canto delle pinne
come il battere di un cuore sfrenato.
Abissi dove non giunge
il vento di novembre.
Sulle scogliere nidificano uccelli
strani, con la piuma rossa
o bianca e con il canto triste;
ossessi dalla solitudine.
Gialle, con l’occhio stanco
dopo la corsa in mare, fra le alghe,
fra le terre del nord sopraffatte
da soli senza vita, da alberi spettrali
– ma fra gli scogli si insinua l’onda
e canta.
Stese su un rosso panno riposate,
fra il verde neon, nella città frenetica;
voi strappate a una furiosa vita,
voi viandanti sotto rabbiosi cieli;
per sorte sfortunata, per inganno
strappate al mare, al mare, al mare aperto.
Officina, n. 1, maggio 1955.
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: poesie pubblicate in quotidiani o riviste
- Testata: Officina
- Anno di pubblicazione: n. 1, maggio 1955