INCENERIMENTO DELLE SPOGLIE DI TRE UCCELLI CHE VENIVANO DALL’AFRICA
Provate a trattenere il fiato.
Questo agosto è quanto di più caldo e più
nebbioso si possa immaginare. E più piovoso.
L’asfalto
è pieno di relitti in superficie.
Guardate in giro dal treno i pochi alberi
in aspettativa con gli occhi conficcati
nel vetro del cielo celeste.
Uno spaventapasseri tra le ombre di un campo
è rosso come una prostituta
mente un transistor distribuisce con
malagrazia una canzone. Più lontano
c’è un barcone capovolto. Nell’acqua del fiume.
E allora alzati e cammina
Lazzaro dagli occhi bendati. Povero Lazzaro alzati e cammina.
In una stazione hanno sparato al vecchio sole
che cade lontano sulle onde ritorte di una laguna.
I giorni della giovinezza sono finiti.
Stracciamo pure le carte del futuro
ma è qua che dobbiamo restare.
Così
io vorrei correre in mezzo a quel deserto
io vorrei correre in mezzo a quel deserto
Io vorrei correre in mezzo a quel deserto
Io vorrei correre in mezzo a quel deserto
Io vorrei correre in mezzo a quel deserto
Io vorrei correre in mezzo a quel deserto
Io vorrei correre in mezzo a quel deserto
Io vorrei cor
Fra mille anni si piangerà ancora per amore per rabbia per dolore
fra mille anni.
Un tempo così vicino
che nella polvere
sentiremo sulla fronte il piede di un bambino
che insegue la palla.
È un tempo lontano?
Lo stringiamo già nel cavo della mano
per berlo.
Ma oggi è agosto. Ha fatto una neve alta tre metri.
Noi siamo fermi a guardare.
Estate estate estate fermati. Addio.
«Piazza Grande», luglio 1981