25 poesie autografe
(1)
Una foresta. E ciascuno chiuse gli occhi
restando al suo posto.
Immagino la casa in fiamme il grido
della donna ferita la notte senza i veli della
nebbia
una luna fra i fiumi e la terra
ombra in un cielo chiuso nella costernazione
del silenzio.
Il sogno fuggì lo segue il terrore. Musiche ri-
sonanti di voci
veli sollevati sul prato dal fiato della notte
(i suoi respiri)
allestirono il pranzo dell’addio, la cena
del commiato.
La gioventù fuggiva
i fuochi sollevano i monti fino
al cuore del cielo
ombra è la luce gialla perduta dalle
stanze
voci straniere di richiamo.
Ero in patria o navigavo sui ghiacci?
Le foglie dei pioppi cadono sugli occhi.
Il giorno. Il sole anche. I suoni.
Nei laghi macchie di sangue
immobili gli uomini da città a città.
Tramonti terribili e
falangi misteriose di uccelli calano sulle
rive sostando
(2)
Non aveva gatti in casa.
La gloria era del sole appena tramontato
sopra i vasi d’ardesia
le montagne apparivano ombre dentro i mari.
Il Tamigi lontano
ma io qua voglio testimoniare la maledizione d’
Italia!
Fra gli ulivi non c’è pace
dove gli aranci gonfiano le ali di miele
gli alberi piangono coperti di sangue
la malinconia d’Italia è polvere di pergamene
la sua maledizione nuova è la peste degli anni
Duemila
dovrà essere la guerra delle guerre per ripulire il
suo cuore. Senza nemici non è vita
(3)
stretti in una scansia fissata al muro
di una biblioteca proprietà di un cardinale
libri rari inglesi nel silenzio
di una città italiana
si scontrano: Cos’è la polvere del tempo?
gli occhi occhi di un saggio che strisciano sul foglio
come una formica?
è la polvere bianca portata da un fiore?
è un rapido bagliore?
Omero fu più vecchio di Esiodo
scrive Gellio
allora il tempo è la vecchiezza di Omero
o la giovinezza di Esiodo?
Il mio foglio è più vecchio del tuo grida un libro,
tu siedi fra il sonno della pergamena
come il cane fra il gregge
io resisto in piedi (vedi) e ho
la spada in mano corpi tipografici forbiti e
xilografici segnali che mi circondano a difesa.
Basta un lampo a ridurre in cenere la nostra memoria
ma tu non conosci la pazienza dell’attesa
mentre per me tomo antico inglese
anche il sonno di un bambino
se lo saprò aspettare
diventa una veloce ala dell’alba
sogno sorpresa scoperta verde del mondo
più della scienza canuta
più del mio lento invecchiare
quando gocciava miele
(4)
Era (è) il tempo
quando le case sia pure brutte si potevano
(si possono) con facilità
affittare
le periferie bagnate di pioggia sopra i mattoni
luccicavano (luccicano)
il fumo di una fabbrica si andava (si va) spegnendo
il gatto smemorato sul tetto gelava gelava (gela)
l’ultimo soldato vedo che passa (passava)
laggiù sul ponte
appena uscito dalla stazione.
la pozzanghera d’acqua con un colombo annegato
la facciata della chiesa da cui hanno rubato
la statua di santo Pellegrino
il bambino che soffia contro un vento
alla finestra e la bandiera (le bandiere) da casa a casa
nel vicolo distesa (distese)
per la festa di una battaglia lontana lontana
il suono in disco di una campana
dal paese fra i boschi
i suoi foschi manieri
i mattini dispersi nei boschi
la città bombardata
i boschi distrutti
la città incendiata
(5)
Quando la città era
una modesta erbivendola
oh Bologna del medioevo
oh Napoli dei Borboni
e Torino di re Umberto
Su quel mare deserto
quando l’aquilone sbuccia
una mela nel cielo verde
i cavalli di sangue nero
si accoppiano schiumando
quando gocciava pioggia
dalle corna dei giovani cervi
nel mese di maggio
tornavi (approdavi) ridendo
da lunghi viaggi sui fiumi
e ancora vestito di bianco
scoprivi le cosce
della molto desiderata
dai gialli capelli di fata
donna che cantava in attesa
quando il collo dei piccioni
bruciava di libeccio e di frecce
e l’inutile inseguimento dell’estate
riempiva di latte la memoria
tanto che cancellava ciascuno dalla storia
allora uomini senza onde ma di rispetto
mani callose ma vestiti in doppiopetto
promettevano al paese l’Eldorado
saldando il conto a chi titubava
col suono della
(6)
un pizzico d’amore e di tristezza
uno zero assoluto
un pendaglio da forca.
Passare da sconfitta a sconfitta.
Ha fatto bene Hoelderlin nel mulino del falegname
fingendo perduta la libertà ma lui restando
libero nel dolore.
Immagino cosa fa Balthus con i suoi segreti
le ragazze bambole e le bambole madri
le stanze vuote con le sedie di sole
nel filo di Arianna
di una ragazza bambola e di una bambola madre.
(7)
rapido sdegnoso come una
Packard 120 convertible coupé 1936
fiammeggiante severo e insofferente
come l’Alfa 8/c 2300
passa il tempo e non solleva polvere
sfiora l’asfalto le pietre la terra il prato il cuore
è già lontano
il tempo è nel furore del suo movimento
non lo fermi con la mano.
Non lo fermi neanche il vento.
(8)
dice se stesso a se stesso
raccontando di battaglie
mai consumate
di progetti, pericoli, anni a venire
che hanno i capelli neri
canzoni per il vino da smaltire.
Chi cerca il fuoco il futuro
è il camminatore notturno
non si quieta fino all’alba
riconosce le tracce di un uomo
in mezzo ai fari delle auto in corsa.
Pace a chi ha il sonno leggero
ma la bandiera va a lui
che insegue la luce di un giorno
in mezzo alla tempesta che suona
(9)
Resterò fuori dal corso di questo tempo
da A a Z rosso o bianco o giallo o nero
come i leopardi sulla schiena del bufalo urlante
e la pianura nel caldo di un’estate dal sole africano?
le donne, i pareri
i monsignori chini sotto vetrate del ‘500
le chiese amplificando le campane dei suoni
conclamano l’uso non servile della vita.
In caverne
in caverne
appena si intravede la luce chiama e striscia la mano
le città scisse da formidabili vapori
l’uomo senza più voce siede in stanze
guarda il grande schermo
segue la storia della morte annunciata
le cose non conservano il nome
paesi uguali a paesi città uguali a città voci uguali alle voci
dialetti a dialetti lingua a lingue
un moto delle labbra raccolto nel sonno
si preme un bottone digitare la plastica e il silenzio
cala il sipario di una notte
regala l’alba al verde che sopravviene
(10)
Campi verdi si vedono ma laggiù è l’Africa.
I potenti della terra girano sulla miseria dell’uomo
per masticare l’ultimo osso
inseguono ombre di fuggitivi
calano la speranza del futuro in un pozzo solitario.
ALLORA
dovresti essere bruciato
sole gelido
la tua faccia di serpe
dentro una foresta di divieti.
Sul piano umano sembri lo specchio che fruga un filo di cielo
nella caverna che ospita
pipistrelli geometrici CIECHI E SAPIENTI
Questa luna sporca sopra i coppi indica la città legata a
memorie di persone strane persone
DA RICORDARE
(11)
lunga notte senza luna
trecento file di armati a cavallo
trecento occhi che riflettono il missile sul mare
undici scalpi di indiani sconfitti
inchiodati al muro della casa in cui si balla
con le finestre accese.
un deltaplano striscia la mano fra nuvole nere
alza polvere schiaccia farfalle
sorpassa nel volo
il cammelliere vicino al suo cammello morto.
Con gli occhi aperti.
È la guerra, hai sentito?
Diomio, è la guerra. Ho visto
è la guerra. Ho sentito
la guerra
guarda è la guerra
(12)
Metto del nero in questa terribile
sequenza di azzurri
di albe sfiorate da un fuoco
da sentimenti inquieti.
La speranza alle volte
è il tramonto che conclude un giorno consumato
il giallo è la partenza della nave dentro al
mare di nebbia
bianca la piuma perduta del merlo
sui tetti di una città senza nome
molto giovane è la conclusione del quadro
con l’arrivo nella stazione di un treno
lungo due chilometri senza passeggeri.
La città è pronta a ospitare questa avventura di vita
mentre il fumo sembra l’acqua dello Stige.
Nel supermercato
si stringono le mani tribù di opposte fedi
e io metto del nero in questa terribile
sequenza di azzurri
di albe sfiorate da un fuoco fuggente
da sentimenti inquieti.
Mi allenavo sul campo
quando è caduto un aereoplano dal cielo
e
(13)
Cosa fa egli laggiù
chino a guardare
l’onda di un mare
inquinato?
Brandelli di nubi
sommuovono il cielo
l’ombra sulla terra corre
essa è immune da colpe
nel passato o domani
sta lì sola e aspetta.
Mi dispongo anch’io a suscitare
dentro me stesso
un combattimento
guardo il mare insonne
il mare che non dorme mai
penso che sono il mondo.
Gli alberi corallo si protendono verso la luce.
(14)
ha scritto il vecchio soldato anni e
anni lontani
non appartengo a
nessuno
potete volendo
dirmi addio
con un bacio di giuda
ma non scrivete, non
scrivete lettere
per favore
La partenza è una scelta seria
definitiva
anche per la parte del sentimento
(15)
segue l’angelo
navigando per la piazza
alza gli occhi
dietro le piume
e senza splendore va
i piedi le ali con la polvere
a parlare stanno
vicino si sente il rumore dell’autostrada
l’angelo vola via respirando con affanno
il viaggiatore con la sera vicina
a un trivio del cammino
inutilmente domanda
bisogna solo andare
lui corre s’affretta cammina
per arrivare a notte fonda
alla città
che è il porto
di chi viaggia sul cuore della terra.
E ùpupe e gufi
(16)
E ùpupe e gufi e mostri avversi al sole
questo castello bruciato
come un orso drizzato
contro il fuoco
del tramonto oh!
Crolla o si sfascia
preso fra alcune nuvole che camminano
in fretta
Cosa sta capitando?
oppure: cosa è già capitato?
l’albero fa un’ombra
gli uomini sotto siedono
si stringono per non perderla.
Aspettano un poco.
Nuvola nera o fuoco
o fuoco
(17)
Vedo poche rose
L’esercito iracheno
non ha mai alzato la testa dalla sabbia
La mandria è sfiorata dall’aquila predatrice
il ghiacciaio perduto fra massi
è prosciugato da un sole tormentato
Sole deriso ferito
Così si può stare senza
guardare ai vetri
della finestra in solitaria collocazione
paese solitario
unica finestra di una casa
il lume acceso
aspettando il futuro
(18)
Voci foreste
voci leoni appena risvegliati
dita della città bagnata dalla pioggia
oh povera Italia italia
l’inferno delle tue storie senza più
memoria
(19)
Il Württemberg d’inverno ha la neve più calda
del mondo
perfino i conigli selvatici sopravvissuti al
massacro e
le lepri più furbe del demonio sotto il sole
si accovacciano nella neve per cantare.
qui in Emilia prima dell’inverno
i castagni vicino alle case arrugginiscono
il tempo non conta
da qua a là un milione di anni
(20)
Descrivere una battaglia vita contro vita
gli zoccoli dei cavalli sul fiume uccelli
con ali nere si preparano a volare la nebbia
un’autostrada copre gli schianti di lamiere i fischi
dei treni fuochi
le grida dei fuochi lamiere schianti ma tu
amico ferito non gridare
basta la mia mano a mettere la morte sull’avviso
non sarai abbandonato
l’erba si allontana l’urlo della battaglia ritorna il silenzio
la morte non ricomincia a volare.
(Risponde): grido un antico pianto canzone
il dolore consuma la mia pelle di giovane
dall’ordine severo della caserma buttato
sul campo dei fucili delle giovani croci del fragile inverno
gli occhi non salvano da visioni terribili.
Basta la tua mano a mettermi sull’avviso?
Sento zoccoli sul prato di neve fra rive che conosco
la nebbia apre un varco alle lamiere allo schianto
corrono grida l’urlo di una battaglia oh giovane donna
sei presto abbandonata. Ma subito rimpianta.
Donna giovane al tuo richiamo
ti chiamo e aggiungo una voce alla voce.
(21)
Heimat patria
la grande notte del popolo tedesco
la notte in cui il braccio si riunisce al dorso
la testa al braccio il dorso al piede
un grande lunedì e un martedì piovoso
la gente spara
mort. razzi beve
birra nei barattoli colorati
le galere sono piene di prigionieri politici (dove?)
Abbiamo imparato dalla storia
lo stato di diritto la democrazia
il rispetto della dignità umana.
Sono andato a cercare i soldati russi
ancora a Berlino
vendono le armi tutte le armi ma
passione e ordine sono il groviglio
che forma il cuore tedesco.
Oggi la mia gioia
è muta, con ansia. Ricordi?
Ancora ti ricordi?
L’unico risultato buono è sapere
che la guerra non ci sarà più.
Ricordi? Di notte si malediceva a Hitler
di giorno si combatteva per lui.
La folla sta espandendosi con crescente entusiasmo.
Non ci saranno più i balli della frontiera
ma per quarant’anni abbiamo vissuto isolati
quarant’anni non si cancellano in un giorno.
Cosa vede nel futuro adesso?
Poco chiaro, notte è nebbia, l’acqua sale.
(22)
Salvate i libri dalla guerra
salvate i libri dal fuoco dall’acqua
(la mattina, la nebbia)
cercate di arrivare in luoghi scavati infossati
sotto le rocce
un urto molto forte sarà vicino a noi
purtroppo nei mesi
a venire
anch’io guardavo il bosco
il bosco in quel momento
il bosco cominciò ad avanzare
(23)
le schegge del mondo ridotte sulla mano.
Un fiore il fiore ultimo comincerà a brillare
dentro l’occhio destro che sopporta la luce e
potrò vedere la luna ferma in attesa dell’uomo.
(24)
Mio decalogo aprendo una via di parole
La poesia enumerare le
cose e descriverle
poi descrivere i sentimenti, mescolarli
alle cose, sovrapporci
l’armonia di qualche numero per richiamare
ordine al lavoro.
Così concluderlo.
Non sottraendo nulla alla vita
(25)
Nube peregrina così solitaria che cerca
nube che non dà tregua
con te insegno le ombre sulla città
distrutta dalla guerra.
Perché la rivoluzione francese
deve essere mirabilia
e la rivoluzione russa una ignominia?
Si compie l’omicidio del giorno rituale
è subito notte rotta come il fuoco
del sole che si spegne e
gli agnelli sono perduti nel
lamento del vento ascoltano
la solitudine della montagna senza acqua
Sulla guerra insisterò fino a che
la morte dei pensieri di guerra
mi porteranno sulla riva di un mare con vele
dove pascolano colombe senza paura
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: poesie pubblicate in volume
- Editore: In Carta Linda (100 copie numerate)
- Anno di pubblicazione: 1995