Trentuno poesie di Ulisse dentro al cavallo di legno

6. Cos’altro ricorda?

Ricordo la vita quotidiana

di un ragazzo di cento anni.

E cos’altro ricorda?

Ricordo che ha dormito dalla parte sbagliata

e si è svegliato appena ieri.

 

7. Con disperazione

l’uomo di un rinascimento lontano

cercava le ali.

Con disperazione.

L’uomo di un rinascimento vicino

ha perso le ali.

Vola sulla schiena di uccelli di pietra.

 

8. Chi muore è dimenticato.

Lo stesso giorno.

L’ora stessa o dopo poco.

Quando morirò sarò polvere da sparo o da naso

nella mano di cinque amici.

Chi mi potrà ricordare?

Forse Celso che siede con

la pipa in bocca e guarda gonfiarsi i cocomeri; Rachele del Pianto

che cammina lungo il mare con

i suoi otto figli; Vincenzo e Celeste

che ascoltano alla finestra lo schianto delle castagne;

mio figlio che ritorna da una battaglia; e

la regina dei mirtilli, fascio di luce del faro sul costone,

trionfo dei cicli di settembre aperti dalla pioggia,

lei Th. apre e chiude la schiera bagnando di miele la strada

che porta agli asfodeli.

 

9. Credo ai riferimenti.

Se un uomo giusto c’è

lì c’è un poco di giustizia.

Questo uomo chiama la giustizia.

Ma un uomo giusto oggi mai dov’è?

 

10. Bologna dalle cento torri.

Bologna con le mura rotte.

Le torri rosse di Bologna.

Sono un bosco di legno che va a fuoco.

La prima domanda è la seguente:

ci può essere una casa per me?

La seconda domanda è la seguente:

ci sarà mai una casa per me?

 

11. Cerco solo un mucchio di mattoni.

Un poco d’intonaco.

Il sole, la calce sporcano i calzoni.

Prima di sera devo arrivare al tetto.

Mama, mammà, vater, bruder, mutter,

schwester sorella cara, un sogno calcolato,

un sogno di foreste, un sogno decafeinato,

decolorato, con voce di serpente.

La notte si perde in fretta e non importa niente.

 

12. Gli uomini sono sempre più vecchi.

I giovani non nascono più.

L’alba verde si uccide buttandosi in un fosso.

 

13. Era il tempo dell’uva, diventava nebbia nel titolo.

Era il tempo dell’acqua e diventava nebbia nel titolo.

La neve dello scoglio diventava sabbia nel titolo.

Mentre uva acqua neve erano sabbia e nebbia

l’uomo sullo scoglio diventava lupo.

Poi l’uomo sullo scoglio ha rotto le catene.

Pecore nere folgorate sul prato.

Col sangue sulle mani lo scoglio e abbandonato.

 

14. La luce corre improvvisamente fra le foglie fredde.

Anche questo inverno è passato.

Uccelli predatori

corrono bassi per attraversare il mare.

 

15. Dovevi renderti conto

della situazione.

Dato che non era possibile in

quei giorni raccogliere un fiore

senza farsi sparare dalle sentinelle del cielo.

Icaro cavalcava con rabbia nel sole.

 

16. In quei giorni quattro cavalli bianchi

piangevano sulle rive dello Scamandro

perché il guerriero era morto.

Il vento sanguinava.

Bruciavano gli aquiloni alzati da ragazzi di paglia.

Gli alianti cadevano dalle montagne.

Gridavano le conchiglie.

Il riso tremendo delle ragazze.

Dovevi entrare in una nuova dimensione.

 

17. Tu dovevi entrare in un’altra

dimensione. Le poesie in quel tempo

non si mandavano a memoria.

Ciascuno bruciava i suoi fogli prima di sera.

Eppure…

 

18. Il rapporto con la realtà

era un rapporto molto faticoso e molto bello

così com’è bello il rapporto dell’uccello

che vola

con il vento che lo porta,

com’è il rapporto dell’ultima ape

con le ultime rose.

Nonostante tutto è bello

il rapporto con le cose

del mondo. Dato che il mondo è così giovane.

 

19. Per la strada non c’è un cane

neanche uno

neanche un cane.

Siamo soli davanti alla morte.

Osserviamo il mondo attraverso persiane abbassate.

L’orecchio appoggiato alla ghiaia del fiume.

Picchiano sui tamburi.

Attenzione ai dettagli.

Il messaggio segnala un’emergenza.

 

20. Un soldato passa camminando

sul filo teso sopra la piazza.

Un centauro canta facendo l’autostop.

Il bambino che ha sognato di uccidere la madre col pugnale

a scuola disegna con la matita rossa un maiale

il porco e lì sull’aiuola macellato male.

Il treno sigillato in un binario morto.

Le autostrade in autunno coperte di foglie.

Nel mare come una piuma

guardiamo una nave affondare.

 

21. Che tempi erano quelli.

Gli uomini erano uomini

e non teneri agnelli senza fortuna

da sacrificare.

Quando il dolore era accettato

e l’uomo non si nascondeva

per la paura d’essere nato.

Ma quel tempo c’è mai stato?

 

22. Da noi si parla sempre

dei problemi dell’anima

che sono grandi problemi.

Non si parla di come fare per mangiare

questa mela sul tavolo e come arrivare a sera

senza morire o (se è possibile) senza troppo soffrire.

Un problema molto serio ma limitato

sembra una storia non vera.

Sembra un problema non nato.

 

23. Per la sinistra ufficiale

politica o sindacale

la soluzione di ogni male

è una fabbrica al sud.

Basta un’Alfa Romeo

e ogni problema è risolto.

Ogni ostacolo è tolto.

Che poi la lunga catena

di miseria e di lotta

non sia affatto interrotta

ma duri all’infinito non importa ad alcuno.

Per la guarigione dei mali

politici e industriali

ammoniscono col dito:

questo popolo cialtrone

deve restare un poco a digiuno

se vogliamo debellare l’inflazione.

Oppure male che vada

apriremo un’autostrada

e per non avere pensieri

di uomini-leopardo e di uomini-guerrieri

faremo baristi, guardamacchine, camerieri.

 

24. È la prima vacanza da dieci anni.

Il mare è ancora lì.

Avevo scordato anche il colore del sasso.

E il colore dei tuoi occhi.

Ho visto che i miei capelli sono bianchi.

 

25. Non mi ricordavo più

che l’amore fosse così leggero.

Che bastava un bacio per farmi tremare.

È l’indifferenza che ci fa invecchiare.

Vivere una giornata senza senso,

senza parole.

Una giornata senza chiedere o cercare.

Soprattutto vuota di dare.

 

26. Oggi è la domenica del giorno sette

mese di giugno

anno mille nove sette otto.

Vento di tramontana nonostante la stagione.

Piove sulla montagna dei fiori.

Vorrei avere più voce.

Che io scriva o taccia è la stessa cosa.

Non so cantare ma riesco a parlare perché il silenzio è terribile.

 

27. Ci sarà pure un uomo accovacciato

in un lontano canile insieme al suo cane.

O un uomo che cammina adagio per una strada della pianura.

O una donna che getta sassi nell’acqua di un fiume

e conta i cerchi.

Ci saranno un uomo o una donna qua e là

che avranno la pazienza di ascoltare.

Per desiderio e non per la pietà.

 

28. C’era

un uomo con tre agnelli.

C’era una donna con tre ciambelle.

C’era un uomo con tre coltelli.

C’era una vecchia con tre pani.

C’era una ragazza in compagnia dei nani.

C’era un sogno da poco sognato

con dentro l’ombra di un impiccato

raccolto in un ombrello rovesciato.

C’è anche lassù nella luna

dentro lo scafandro

qualcuno che balla volando.

È affranto ma non può ritornare.

 

29. Il polipo dalle sette teste

si piega in avanti per entrare

e perché le pieghe del vestito

non facciano ombra alla luna.

Ciascuna scatola cinese

contiene la cruna di un ago

e l’ultima si apre sull’oceano.

Questa è la porta magica

che ogni sera consente l’evasione

al polipo per ascoltare e seguire

le sirene che passeggiano sul mare.

Gli basta sognare

che per averne una

non si dovrà pagare.

 

30. In valle Folgaria

fino a vent’anni fa

una segheria specializzata

trinciava i pani d’oro.

Si faceva pagare molto poco.

Le bastava lucrare

sulla polvere

che caduta per terra lì restava.

Era una gialla fiamma di fuoco.

Gli uomini di valle Folgaria

camminando sui prati di neve

lasciavano tracce d’oro;

quando facevano la guerra

invece di sparare buttavano questa polvere

negli occhi del nemico.

Il quale accecato cadeva per terra

e gridava al miracolo.

Per questa ragione in valle Folgaria

da dieci secoli c’è sempre la guerra.

Nessuno lo sa

ma anche adesso una ci sta.

 

31. Lei si affacciò al balcone

Oh che alba.

Scese per strada

la città l’inghiotte.

Si affacciò al balcone

Oh che notte.

È di nuovo in strada

con le scarpe lucenti.

Poi si buttò nel fiume

l’acqua era calda.

Fu trascinata nel mare

col sangue di un gabbiano.

L’uomo sulla riva

accese un toscano

e non gridò aiuto.

Il vento d’Africa, rosso, cominciò una canzone.

La città respirava.

Col suo sigaro in bocca lui si avviò a colazione.

 

32. È il tempo delle bombe.

Scoppiano qua e là.

Le strade sono ingombre

di taxi senza ruote.

Un piccione beve petrolio da un lampione.

Il soglio pontificio è vacante.

Molte persone dicono che sarà fatto

un papa africano.

 

33. Io mi raccomando a S. Clemente

nella chiesa di Guardia Vomano

straordinario vecchio di legno che ha la mano

divorata dalle tarme

perché faccia maturare le pesche

nel giardino delle monache clarisse.

Le monache cantano a voce bassa il mattutino.

La luna è piena.

Io sono un bambino e tutto mi è permesso.

Anche quello d’essere ucciso dal guardiano.

Ci vuole molto giudizio a fare la lepre.

 

34. Disteso sul sagrato

della basilica di San Petronio

piazza Maggiore città di Bologna.

La piazza sembra un campo di sassi.

Sono disteso sul sagrato.

Conto una per una le stelle che non hanno cuore.

Sono lì incazzate.

Sono quattro candele ormai spente.

La piazza è piena di gente che ha i nervi a pezzi

e non può dormire

mentre le notti d’estate

sono lunghe e terribili da finire.

Poi arriva il giorno

con un brivido di vento gelato.

 

35. Giocolieri, giullari, trovatori

con gli occhi bene aperti e con la bocca feroce

rimestavano i peccati dei potenti

che li inchiodavano in croce.

Lutterius istrio de Florentia

Scatuzio marchigiano

Matulino ferrarese

Guidaloste ioculatore di Pistoia

Passavano per le piazze d’Italia

cantando come dannati

prima di essere decapitati.

 

36. Riesco a dormire solo quando piove.

La pioggia mi addormenta.

E le altre notti?

Devo far scorrere l’acqua del bagno.

Altrimenti non chiudo gli occhi.

 

37. Se non vesti da poeta

chi capisce che sei un poeta?

Ah la poesia.

L’uomo dice: il giuoco dei tarocchi

e un giuoco con la morte.

La porta non conduce all’inferno ma molto vicino.

Ogni carta sul tavolo è una mazzata

è un pezzo del farraginoso futuro che si compone davanti agli occhi.

Pochi sono felici con i tarocchi in mano.

L’uomo dice: ma li giocavano anche i re, un tempo.

L’uomo dice: i re potevano barare, sovvertire, travolgere, scompaginare.

Si divertivano soltanto.

Io invece. Con i tarocchi in mano

mi guardo morto di fronte allo specchio. Pallido di girasoli.

L’uomo dice: questa canzone è mia.

La mia voce canta questa canzone per la prima volta.

Il ’68 non è un mito è una data soltanto.

Questo secolo in parte è meraviglioso.

La morale è l’ordine della verità

la sua necessità

la sua ricerca vera.

 

SILENCE.

 

I troiani trascinano il cavallo dentro le mura.

 

 

Informazioni aggiuntive

  • Tipologia di testo: poesie pubblicate in volume
  • Editore: Alberto Ribichini Editore (100 copie numerate)
  • Anno di pubblicazione: 1981
Letto 5672 volte Ultima modifica il Martedì, 26 Marzo 2013 15:01