Nota a “Poesie” di Simone Cattaneo
Subito, noto e percepisco un gran movimento, sfogliando le pagine di questi versi; e un ritmo che è un ritmo veloce ma preciso; un ritmo, direi, di cose che si muovono; quindi, un ritmo scandito dalle cose. Quasi che si incontrassero e si scontrassero, anche. Il ritmo dee cose, che è poi un ritmo, comunque contrastato e contrastante, di vita. C’è una costante, quasi trascinante vibrazione qua dentro, da batteria (in movimento instancabile) di una band in concerto; sotto le luci. Sicché a un certo punto, per un coinvolgimento pieno, verrebbe voglia (o si è sospinti a farlo) di cantarli, questi versi; o almeno di recitarli ritmicamente. Molti dei primi versi di questi testi, dando l’avvio, suonano rapidi e improvvisi proprio come l’avvio, l’aprirsi di una canzone – di una rapida narrazione a voce alta – e si propongono poi per intero come una poesia (tutte, come poesie) per disporsi a ricoprirsi di note (che in tanti casi risulta essere la somma esaltante o coinvolgente di specifici elementi, strutturalmente precisi e indispensabili). Non c’è nulla, qua dentro, che non risulti risucchiato e preciso; ma senza durezza o fragilità o monotonia; e nulla, inoltre, che non ci leghi, non ci rapporti al vivere quotidiano, a una normalità un poco esaltante; alla sua patetica fragilità o al contrapposto rigore. Ma, un momento!, c’è anche qualcosa di infernale (nel senso di cose che bruciano, anzi, più che bruciare, ardono) in questi testi, e di terribile (nel senso che ci si può aspettare che s’apre una porta anche solo disegnata sul muro, ed entri il lupo, un lupo, un predatore). Quindi la puoi ascoltare – questa poesia – detta o cantata mentre vai sull’autostrada e l’hai messa in moto sul registratore; ma accade a un certo momento che entrano violentemente, o improvvisamente in giuoco, frasi che ti colpiscono come pugni allo stomaco. “Poi ho dato fuoco a tutto” (dentro a quella che sembra una normale crisi di nervi) e questo fuoco fuochetto non sai se sia per giuoco o un fuoco purificatore; eppure ti brucia dentro e scotta come fuoco vero di sigaretta. Ma è tutto aperto e “stracciato” – come fogli riempiti e poi rifiutati e buttati nel cestino – in questo discorso poetico aperto e nello stesso tempo contratto, cantato e suonato ma nello stesso tempo con un rimbombo interno da cantina svuotata; con momenti liberi e narrativi e una sorta di amarezza rapida e improvvisa, da nube grigia che oscura il sole. “E allora ho deciso che non sarei morto soffocato dalle parole”. Ancora un guizzo di vita.
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: prefazioni / postfazioni
- Testata: Dieci poeti italiani, a cura di Maurizio Clementi
- Editore: Pendragon
- Anno di pubblicazione: 2002