Appunti di un lettore

Colgo alcuni elementi che mi suggestionano, cercherò poi di chiarire quali, con la cautela del lettore invischiato nella sua fame di pagine e pagine, nella attuale vivacità poetica, talvolta anche un poco frastornante (non dico, sia chiaro, disturbante) di voci, richiami, ammonizioni e confessioni, nonché di climi temporali e di ritmi.

L’essere senza maestri ufficiali, fortunatamente, invece di creare confusione, a quanti scrivono, suggerisce e dispone a brividi sentimentali o critici di varia intensità, ma continui. Così, anche al lettore più anziano, al quale credo sia consentito entrare ed osservare questo, ripeto, fragoroso e sorprendente agone, può essere consentito, senza recriminazione, affermare quanto segue: «non ho tempo di pensare di dover morire, bensì ho tempo per cercare di lottare ancora un poco contro il tempo, che è precipitoso, e questo è il suo fascino».

Il tempo, albero con mille rami sul quale si posano gli anni (e anche la poesia nel suo volo di migrazione) per riprendere fiato e per potersi guardare intorno, ancora affannati, prima di rimettere le ali, verso le terre d’Africa, magari…

Le poesie, le parole, come uno stormo di uccelli migratori che si odono trasvolare nelle ore notturne, quando molti dormono ma non il lettore di poesia (che è sempre un buon compagno di strada), alcoolizzato di versi, di ritmi di suoni, scansioni struggenti, del suo periglioso avanzare nella buia caverna del niente che la poesia lentamente, inesorabilmente, illumina.

Sono questi gli elementi già presenti in questo libro, che mi suggestionano, dicevo.

Il tempo, il suo ritmo implacabile ma anche, soprattutto, a mio avviso, il moto continuo di queste strutture a cercare assembramenti.

Una scansione alimentata da un dinamismo introiettato. Fatta di attraversamenti, di passaggi e frammenti.

Leggo ogni testo sostenuto da una pulsione fortemente scandita a cercare di assidersi con una quieta violenza (quieta ma decisa) su un nucleo interno (come su un masso durante un faticoso cammino). In più a compensare, non a correggere questa impressione, prima di questo arresto deciso violento i versi vibrano, come il passare di un treno rapido osservato in una piccola stazione.

Così anche sembra che i testi non siano mai conclusi ma si aggancino gli uni agli altri per lasciarsi ordinatamente trasportare (non trascinare). E spesso si arroventano in questa tensione così disposta.

Le cose, il movimento delle cose, l’accadimento delle cose (più delle cose accadute, le cose che accadono), il nostro accadere.

C’è dunque un movimento, che vorrei definire impellente, dietro l’iniziale tormento delle parole (il termine parole, parole, parole è prepotentemente ribadito) che tendono a segnalare il moto, i sussulti tematici, i risentimenti riflessivi, lasciando tracce come quelle rilasciate da un jet in un cielo azzurro, senza nuvole, stracciato, come fosse un cuore ferito, inquieto, o disperato. Tuttavia, dietro lo schermo delle parole brucia sempre il sentimento forte non di una speranza ma di un’attesa.

Il fondo di quest’opera, mobile e inquietante allo stesso tempo, è agitato alle volte, e quasi drammaticamente sconquassato, da una insistenza anche autobiografica, aspramente autobiografica, avvolta da una pungente spietatezza, non per punirsi, ferirsi, o persino per cancellarsi, ma per conoscersi meglio, o per ricominciare a riconoscersi, ritrovarsi. Una furia di conoscenza. Uno sguardo volto a sezionare anche il presente.

Tutto conclude ad alimentare, in questo libro di testi, un risentito progresso; man mano che si procede si delinea come la mappa di una battaglia segnalata seguita appuntata. A conferma che la poesia, comunque si svolga, è sempre una incessante faticosa battaglia.

Il risultato, vinti o vincitori, è affidato all’indice conclusivo. Lombardo, a parere di un lettore, ne esce molto bene.

 

 

 

 

Informazioni aggiuntive

  • Tipologia di testo: prefazioni / postfazioni
  • Testata: Confini provvisori, di Fabrizio Lombardo
  • Editore: Joker
  • Anno di pubblicazione: 2008
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