La vita e le parole
Leggendo questo breve ma grande racconto di storie private che diventano, progredendo in successione, un unico e solido filo rosso per capire e interpretare una generazione, in una regione italiana modello di parecchie buone virtù e di parecchie utili contraddizioni, ci è consentito un bagno che direi terapeutico nella realtà effettiva del nostro mondo sociale. Sono infatti cento secche, vibranti, assolutamente precise ed essenziali interviste senza sbavature, che Garuti ha trascritto fidandosi di accogliere la sostanza del quadro esistenziale attraverso la verità delle parole.
Così che queste pagine, credo, non possono non essere di interesse immediato per il sociologo, che può indagare con utilità dentro i meandri di esistenze ricapitolate in tante personali sfumature ma attestate anche su alcuni punti di riferimento che si possono appuntare come costanti.
E sono convinto che possono essere anche di autentico interesse per il comune lettore, però abituato alle letture integrali e pazienti, il quale cerchi non qualche enunciazione sommaria o qualche rapida emozione del ricordo, ma un approdo riflessivo immediatamente coinvolgente con queste vite che escono fuori autentiche da queste pagine; e anche come aiuto alla comprensione del proprio tempo e delle persone che circolano intorno e si muovono per le strade e che, qui, ricevono un nuovo volto; gli sguardi; dei nomi che si possono ripetere come di persone già conosciute.
E in più, credo di poter aggiungere la convinta affermazione, si ha anche una riprova del perché e come questa Italia ripetutamente trafitta e tormentata, e ai livelli ufficiali eternamente verbosa e troppe volte incomprensibile, riesca tutt’ora a reggersi in piedi – e continui a farlo – opponendosi all’onda d’urto di quotidiane magagne, essendo alimentata dalla vitalità incontestabile e dalla solida saggezza (che è resistenza nella vita e contro la non/vita) del suo popolo; nel nostro caso popolo emiliano, popolo bolognese, di residenti comunque nei nostri quartieri ma magari di provenienza lontana: dato che, per la qualità di fondo del suo popolo, l’Italia è certamente una, uguale, indivisa.
Molti, fra quelli che parlano da queste pagine, confessano di avere dato, di essere riusciti a dare conferma operativa a un sogno della prima giovinezza, con la tenerezza gioiosa del ricordo: “Ho sempre sognato di fare la parrucchiera, fin da bambina”; Fin da ragazzo, quando vedevo questi camion belli, forti, lunghi che non finivano più, mi dicevo…”.
Molti, quasi tutti, riconoscono di avere sempre avuto davanti, dopo l’avvio di un lavoro, come primario il problema della casa, un tetto sicuro, la sottrazione da un vincolo estenuante.
Poi per tutti, come onde che incalzano, il matrimonio, i figli e il lavoro (parecchi con il racconto del passaggio duro ma esaltante da quello subalterno a quello autonomo, con una sostanziale soddisfazione dopo l’estenuante impegno e i sacrifici).
E ancora; il proponimento di una saggezza, paziente e attenta, acquisita e maturata nell’incontro e nello scontro con le cose, nel corso di una prima parte della vita (tutti sono sui quarant’anni) impegnata senza troppe dispersioni ad aprirsi quasi con il machete un passaggio nell’intricato groviglio di questi anni.
Da questa parte ho sottolineato tante affermazioni di contenuta immediata efficacia, ma almeno due ne ho subito da ricordare: “Se hai nuove idee, i giovani tornano” e “La vita è varia, si vede anche stando al tornio”.
Ad aiutarci a ben sperare, devo aggiungere che nessuno si dice deluso, di dichiara sconfitto; magari amareggiato sul momento, scontroso alla vita; ma il futuro è ancora aperto; ancora nostro.
Queste voci non hanno un muro davanti contro cui rimbalzano.
S’aprono sul campo della vita.
E donne e uomini, nonostante tutto, continuano a camminare.
Questi almeno che parlano. C’è invece chi ha avuto più doloroso destino.
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: prefazioni / postfazioni
- Testata: La vita assente, di Maurizio Garuti
- Editore: Buriburi
- Anno di pubblicazione: 1999