Il “metodo” di un cantastorie
Guccini è il solo cantante (insieme a Ray Charles) che si può ascoltare mentre uno legge o studia; dunque a mio parere è il solo cantante italiano che si può ascoltare con l’orecchio del cuore, dei sentimenti e con attenzione al suono, mentre l’orecchio della mente vola per la sua strada ad ascoltare altre voci in apparenza più serie, e diverse. I due momenti sono complementari, non interferenti; sincronici, non diacronici.
Fatta la constatazione, vorrei cercare di spiegarla. E prendo Auschwitz che Guccini ripropone insieme ai Nomadi nel nuovo e recente LP. Questa canzone l’ascoltai, a suo tempo, cantata dall’Equipe ’84 in un modo ascendente; come tanti piccoli sbalzi di quota ciascuno vibrante di una particolare emozione.
In questo LP comincia subito Guccini: “Son morto con altri cento / son morto che ero bambino / passato per il camino / e adesso sono nel vento”, anche nel riscontro con la Equipe ’84 si nota la orizzontalità della frase cantata di Guccini (che è un suo dato tipico, inconfondibile). Le quattro frasi nel canto corrono parallele, come su un binario.
Non ci sono oscillazioni, quei mutamenti di tono che sono sempre avviati da tante acidule o astute improvvisazioni. Ma al contrario, semplici insistenze. Una sulla o di morto (primo verso), a cui segue una breve pausa; un’altra, appena più prolungata della precedente sulla o finale di morto (secondo verso) e sulla i di bambino; nel terzo verso c’è invece una leggera e controllatissima ascensione in per il cam…; infine nel quarto verso c’è un rapido indugio molto dolce e carico di effetto sul sono.
Invece i quattro versi seguenti cantati dai Nomadi subiscono continue manipolazioni vocali che lacerano con piccoli strappi il tessuto della frase: sia pure con un risultato interessante.
L’esempio cerca di spiegare la posizione di Guccini dentro alla frase musicale; una posizione particolare, che tende sempre a radunare le parole. Infatti, quando canta, Guccini ricompone la canzone; la ricuce e la riordina, allinea le parole per disporle su una sola linea di comunicazione e perché arrivino, alla fine, con questo ordine sgranato. Sono prolungamenti fonici che si stendono per collegarsi alla parola vicina, al suono vicino, al suono e alle parole che stanno per venire.
Suscitano indugio e attesa. Questo direi è inevitabile in quanto Guccini esprime dei concetti ma dentro alle cose; e non il contrario, come capita ad altri. Così ha subito acquisito una semplicità tutta tesa che gli permette di esaminare se stesso e la propria vita, nonché il mondo, mentre racconta le sue canzoni (invece di cantarle). Come facevano i cantastorie veri a cui Guccini si richiama: “Quando, in diverse occasioni, mi chiedono di parlare delle mie canzoni e del come e del perché, di solito rispondo… di sentirmi un cantastorie”.
E per esempio, Amerigo è una canzone in lingua nazional/emiliana equivalente alla Storia di Turi Giuliano di Ciccio Busacca. È il materiale di una cultura e di una memoria esistenziale che viene stivato e imbarcato dentro al suono sempre ripetuto e semplificato con acutezza di una chitarra. Un materiale composto di America, amicizia, vino, strade sognate, amori cercati e perduti, case bolognesi, accento modenese; che non si ingolfa, ma, come in un container, parte ogni volta per un viaggio che sembra aprirsi alla speranza. Perché la mappa è tracciata con tanta discrezione, con tanta decisione, da poter navigare anche fra le pagine di un libro, magari di un libro di Cartesio; col suo tenero contributo di suoni, fra le cose serie e non solo fra i versi di altri poeti.
Una prima verifica potrebbe essere il riascolto della Canzone delle situazioni indifferenti; ricordando contemporaneamente l’annotazione premessa da Guccini alle sei canzoni che compongono Stanze della vita quotidiana: “La canzone è il fatto di un momento, che serve per altri momenti”. Con amabile indifferenza, e con una certa ironia tutta da godere. Guccini sta componendo il suo Discorso sul metodo. La sua Canzone sul metodo.
l’Unità, 25 aprile 1980.
(Alla digitalizzazione del testo hanno collaborato Alice Grandi e Arianna Elmi)
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: articoli su quotidiani, settimanali e mensili
- Testata: l’Unità
- Anno di pubblicazione: 25 aprile 1980