La violenza di settecento pecore

Il legno è suscettibile, il legno è sensibile.

Il legno piange.

Il legno chiama la foresta. (Via Telex?).

Chiama l’ultimo luogo che ha perduto.

Il legno ascolta le voci. È affondato nell’argilla.

 

Affondato nell’argilla è anche l’uomo che

vede intravvede lungo i tralicci l’ombra del

legno chiusa dentro a un pugno verde.

Sotto, le pecore. Con indifferenza. Le pecore.

La violenza di settecento pecore che masticano la coda

del sole caduto per terra, arroventato, non si può immaginare.

 

Poi c’è il vento in ginocchio.

Che cerca oro fra la torba.

Il vento fischia sperando di essere ascoltato.

Il vento grida.

Un vento sulla periferia con gli occhi di ferro.

Un vento lontano ferito alla mano. Un vento strano.

 

Parlo di sole di alberi di vento parlo di mare con

le sue ondate parlo di gerani parlo di rose

parlo parlo parlo parlo parlo

perché l’uomo massacrato dorme lì fra sole

mare vento aria acqua e un albero di mele

è sdraiato in un profumo di lillà

e grida senza voce

il cielo riceve fra le mani la sua ombra.

 

Cosa ti posso dire?

Che tutto può cambiare anche in un solo giorno.

Che cambia colore l’acqua colpita da un areo

spaccatosi in volo.

Che mi sono accorto che la vita passava.

Cosa ti posso dire?

Una mano insanguinata può toccare le rose.

Quando tutto finisce la speranza comincia.

Informazioni aggiuntive

  • Tipologia di testo: poesie in altre pubblicazioni
  • Testata: 23 poeti per il Nicaragua
  • Editore: Gruppo «Amici di Mani Tese»
  • Anno di pubblicazione: 1987
Letto 2941 volte Ultima modifica il Martedì, 09 Febbraio 2016 16:55