Le descrizioni in atto
PRIMA DESCRIZIONE IN ATTO
Ritorneranno i tempi (duri)
piangeranno contro i muri le madri
aspettando il ritorno dei figli.
Questo tempo che ha uomini di così debole fiele.
La presunzione li fa ritenere superbi
grandi (leggere le gazzette)
ma api al miele
corrono ai peccati di sempre
non c’è nulla che li trattenga.
Parole di ammonimento
sono spazzate dal vento via.
Cederemo ancora una volta alla morte.
È fango la volontà di riscatto.
I ramarri escono dalle crepe.
Spezzate statue.
Lacrime nel buio.
Volgendosi intorno egli vede
crede di intendere e sapere
forse qualcosa più di un altro, ma sotto
la razionale immobilità della misura (dell’ordine apparente)
lo scaltro è in attesa,
il mugolio di quel canto ha il sapore di un tuono;
striscia il topo
sul cornicione di marmo
– poco fa tre ragazzi in fila
si indicavano una donna,
ibrida smorta era al riverbero della colonna.
Nelle case dei poeti questa è l’ora del tè.
Lo scirocco spezza i tegoli e
l’occhio del piccione è succhiato
dallo spiraglio del sole
mentre in pigiama una ragazza magra
si dondola nel vano della finestra
dentro le aiuole delle alpi al lontano
rumore della foresta
– traluce oltre misura il rosso dei capelli,
le efelidi leggere, pule di grano, i
giovani anni sul viso. Intanto in quest’ora
i doganieri indossano la tuta sul lago di Como
mentre un uomo ansima solo, suda
all’ombra del Monviso e
se non corre sarà presto morto
nella sua carne nuda.
SECONDA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Il colore dei sassi fra i binari
di ruggine sfibrata, colorati di stanca
ruggine, il colore è denso di polvere, sporco
di polvere, sporco di pioggia, di lacrime,
il colore biondo dei sassi allineati,
sono sprofondati nella terra, levigati.
L’edera si morde irta le fibre.
Alla televisione Non è mai troppo tardi –
uno squillo la voce belluina, ridente:
questo mondo che tendeva dal profondo
a contemplare (le regole del giorno sono
la luce gialla, la Farben rosso sangue dipinta nel cielo)
in Grecia
dunque lavoravano gli schiavi, gli stranieri
lavoravano; non lavoravano i greci,
l’uomo libero mai.
La vecchia col cappello piumato
cerca il suo uomo dalle scarpe di corda, vecchio
“non sarà successo qualcosa?”,
le cassette alla porta dell’ingresso,
uno stabilimento di vetro luccica e vibra, vuoto.
“Sie schreiben gegen Deutschland”,
tre studenti partono con la valigia,
una donna anziana stringe le mani al figlio,
“rauchen verboten” e i sassi si rivoltano
tenui nel sussulto al sole
dilagante sopra le vecchie mura.
Questa è la solitudine. È la paura
indefinita, dura,
di restare per sempre conficcati al suolo;
d’essere solo, ignorato ignorante ignoto;
di sbiadire dentro a un’ombra
nel vuoto respiro del tempo, per sempre.
II.
Tenera, tenera, tenera è la notte adesso;
cedere ai neri presentimenti fra i neri
sassi, chiedere aiuto.
I vecchi maestri hanno insegnato a mentire;
a tradire; hanno offerto veleno alla fame.
Spezzavi il pane e morivi. Li vedi
oggi, dentro a questi giorni di pece,
in lizza spingere i giovani agnelli
così teneri e sciocchi, così belli
inutili, così perversi e torbidi,
al macello. Per dispersi sentieri.
Spingerli ai vecchi amori.
Alle spalle giacciono insepolti e
bianchi, ancora bianchi gli scheletri dei soldati.
Ma essi? barattano le noci,
battono le mani, aizzano le cagne.
III.
Cala l’afa della città, sbianca
nella livida sera alle finestre spalancate.
C’è la luce di un aprile precoce
con la voce di uomini che consumano
in una camera l’ultima allegria
prima di notte (forse è tutto un gioco).
Trema un poco egli aspettando ed è solo
come mai in questi ultimi anni.
Rapido il passaggio (come da una strada alla strada)
dal dolore che morde alla forza che cede
a se stessa e dà un lume ai pensieri.
C’è un’altra aria in quest’ora di sole
ormai concluso; aspetta un treno
e mentre anche il coraggio (sembra) viene meno
guarda i sassi della stazione gialli neri
e vetrate lontane –
aspettando dopo mesi di tornare
scuoia la volpe dei pensieri
con una amarezza che si rivolta
in dure staffilate.
Gli gettarono a volte contro tutti i sassi
senza ferirlo.
Passano gli anni, arriveremo noi pure
a dare una voce a questa dura tristezza.
TERZA DESCRIZIONE IN ATTO
Non basta (o non serve ancora) aprire Lenin a pag. 225 e
leggere
l’ordine della rivoluzione
“questo stadio superiore delle esplosioni
popolari, caotiche, spontanee”.
Non basta mischiare Dobb e job,
farneticare a volte in una ridda di nominate persone
odi fatti dell’intelligenza.
Certo per alcuni c’è lì una lucida evidenza
(anche se sotto è il vuoto).
Struttura, prevalenza della letteratura
sulla cultura, ideologia ma non politica
– “che è sta’ dannata politica” dicono
e chiedono “siate seri vi prego,
se siete poeti scrivete poesie:
per carità, è forse poesia la vostra?
Un consiglio? tacete!
Non basta ripetere l’invettiva di Sartre
à l’origine de tout, il y a d’abord le refus
per farvi uomini. Siete senza respiro,
ottusi, oscuri, trivellati
dalle avverse vicende”.
Il cielo si accende sopra i coppi
tutta la città è un polverone di fiamma
la sera è solo un sentimento di volo notturno
un mantello aperto nel freddo
su doline lontane.
“In questo tramonto vedremo i colli veneti”
alle finestre comari silenziose.
La vicenda della vita, si diceva.
“Ma certo, amico mio, a voi manca
una qualifica: chi siete? intendo
un lavoro preciso, scrivete?
ah, no? scusate; ma scrivete
qualcosa, comunque? non scrivete?
e sempre quella penna in mano? Capisco.
Ad ogni modo, scusate, me ne infischio
e non m’impegno, per voi.
Siete in salute e giovane (vi invidio)”.
Non basta dire che la vita è cattiva
né caricarsi di odio per odiare,
non basta possedere per volere;
spesso il male che dura e ancora insiste
resiste perché non fu consumato,
e noi non fummo così tristi o saggi
o previdenti da soffrirlo ancora.
La nostra forza è vile.
Così le costumanze scipite, così le voci
che feriscono, così la scialba euforia
di questo monumento di sassi.
Basta una mano alle volte per chiudere
un’altra mano e correre correre lontano.
Si deve ricominciare da capo.
QUARTA DESCRIZIONE IN ATTO
Quando i contadini toccano il fucile.
Sprizzando bagliori di fiamma
sulle nostre parifiche intese
il fumo dei toscani
si mescola, finalmente, alla polvere dei sassi che sbalzano.
Quando.
Non è che restituzione fatta con misericordia.
Una giovane donna.
Con lei può la vita godersi.
La coscienza è un pugno di terra è ombra;
i ricordi allineati nelle giuste caselle
non fanno rumore.
A volte se consideriamo
come tranquilla invece che feroce la vita
felice anche nelle giornate
appena un poco appassite, giorni d’ottobre
in un colore…
Tremano le foglie se cresce alla sera
il vento che ha un nome strano,
luci alla finestra presto si spengono e cala
la nebbia
ecco che il vecchio dolore ritorna
quando si ascolta che mani afferrano il fucile,
e uomini e donne si radunano di notte (voci)
e le strade si riempiono in quel deserto
che è la paura o l’agguato,
quando l’odio brucia
come i bidoni di benzina
e nessuno aiuta, anche oggi, che temono
la partecipazione come una debolezza
romantica e un poco infetta.
È un’altra la questione.
Noi con le mani macchiate
possiamo solo rivoltarci la pelle,
questoè possibile.
Gli altri ci additano a un modesto ludibrio,
con pace delle nostre famiglie.
Possiamo prendere valigie e partire;
o possiamo considerare la situazione;
in noi o tuttavia manifesta
la volontà di non lasciarci morire per riposare,
e il dito puntato…
Quando…
Queste impossibili ragnatele di rapporti,
le persuasive parvenze
che si esauriscono in un contatto in una parola
e accentuano il distacco
che ognuno di noi ha.
Essere vicini stretti al braccio
o rovesciati sul petto
di Fanon o Nizan –
non dimenticateli i morti.
Quando.
Quando scoppiano i fucili
i passeri volano.
QUINTA DESCRIZIONE IN ATTO
Nel silenzio della notte
risuona ancora il colpo di rotte
scarpe, spezzate o interrotte voci
sui campanili; disarticolate, meste
queste voci si perdevano un tempo
nelle tempeste come dentro secoli oscuri,
era una morte avida, più morte
della morte –
era un mare di pianto, golfo di lacrime, un fiume.
Perché l’uomo (verme;
giovane teppista che colpisce;
abile accorto statista che mentisce
con garbo, sorridendo)
domandavo come un uomo
riesca a dimenticare (la domanda è retorica).
Il denaro forse, o l’amore;
i debiti di gioco; i delitti compiuti;
l’ambizione che è una spuma del cuore
– ma il dolore, il dolore silenzioso,
la perseveranza negli scrupoli
l’insonnia dei pensieri,
questo e altro l’uomo teme ancora come ieri, così
rifiuta senza amore,
il presente l’arrota,
la sua indifferenza è sterile, paziente.
Dimentica perché è misero, è perverso,
è debole; uccide perché
è più facile compiere azioni di guerra
imparate in anni non lontani
che sciogliersi le braccia bruciando per il dolore.
Sappiamo (dicono) che l’Europa è morta.
Esplodono in questa notte d’ottobre
le mille finestre della città,
la desolata grandezza di queste pietre
si può toccare con mano.
Nell’ora d’autunno, terribile, pensiamo
quanto è breve la vita, come occorre
affrettarsi con disperazione per
non trovarsi coinvolti in una sola morte
fra i vivi angustiati ai teleschermi
o delizianti agli stadi (senza gloria),
fra queste facce dagli zigomi rossi,
giacche beate, mucchi d’ossa, legni
e schiene dondolanti, capovolti,
ipocondriaci e affamati,
spazzatura della storia.
NONA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
È nell’Albertina a Vienna quella
formidabile tête de vieillard chinata nel sonno
non sai più, non lo sai, tu non lo sai, se nel sonno della
morte
(nel suo sogno) o non piuttosto a cavare erba
ultima (erba) da un ricordo che scolora
ehi! via veloce.
Si china.
La data del ’508, anche questa conta
ieri è oggi, e oggi che ci sfiora
è subito domani, via veloce.
Quella testa di vecchio
gli occhi chiusi da palpebre immonde
che si sfilacciano
ha il rugoso rivoltarsi della vita, rugosa
si addensa, coagula, quasi si trasferisce
spianandosi nel sereno dentro a labbra che respirano.
C’è solo la vita in quel respiro.
Poi (lo sai tu, tu lo sai) un giorno non si darà più respiro
in quella vita (è la nostra) o un ultimo respiro
stenderà il suo lamento sopra la faccia che si spiana.
Non è più questa, la testa di vecchio, non questa
– il collo contratto, la propaggine
dell’orecchio che si smuove, la cuffia invereconda,
il grande naso incombe;
l’anno ’508, tutto un silenzio
di cose morte, di addentellati sapiente-
mente storicizzati, si può solo dubitare semmai
delle date non conservate nei documenti
(la tradizione orale);
– questo vecchio, è il vecchio, certo è lui
è il vecchio, il povero nudo ossessionato
irrispettoso vecchio, alcolizzato, ripugnante
spiaccicato da un camion sull’asfalto
verso San Gemignano.
II.
Forse (è una risposta) pare
quel vecchio, se non fosse dico
per il berretto; le ombre
delle torri strisciano con i vermi,
era un’ombra di vermi e di torri sulla campagna
intiepidita da un sole di luce, è dicembre,
quest’anno, quando, in esso,
tante cose sono mutate, rapporti decadono,
ombre illustri si sfasciano
sfilacciate ecco come tele di bandiere
nei musei (i muri sono putridi): in quest’anno
finalmente si perde un poco della vecchia storia
e pare che frasi diverse suonino diverse
ad orecchi diversi.
Basta una convinzione
per dare pazienza a vivere.
III.
E il vecchio spiaccicato sulla strada?
fu (ricordi, certo in dicembre, o prima)
nei giorni della morte tranquilla di Kennedy
colpito da due tranquille pallottole
nel mattino tranquillo
dentro a un tranquillissimo sole
e la gente restò tranquilla
dopo un tranquillo pianto.
Facce nere all’angolo di una strada
(turnpike) mormorano: hanno ucciso un uomo.
Il vecchio nell’Albertina, a Vienna,
sconfitto in quel foglio ingrigito
(ricordare il pomeriggio di febbraio,
morbido e imprevisto fianco di Th. mentre
sotto i vetri fiammeggiano occhi di secoli)
è il vecchio raccolto in un lenzuolo
che scompare nell’ambulanza o nella cassa del becchino
– ed è, non più, oh certo è lui,
è nel 508 a firma di Dürer, un papa Giovanni di oggi,
vecchio così sovranamente occiduo
e discinto, così semplice (nella sua
sapienza è semplice), così semplice e quieto
(nella sua forza è quieto)
così sorridente in una travalicante impetuosa
sapienza, così placido
nelle ire che non si conoscono.
IV.
Subito dopo, all’Albertina c’è (c’era
quando vedemmo; bisogna ritornarci)
la testa, tête de vieille femme – quanto
può una vecchia donna divergere contrastare
da una giovane donna, come può
la bellezza sfiorire così rumorosa e inetta;
come può la giovinezza essere (restare) un ricordo
di giovinezza perduta.
Si vedono donne vecchie soltanto morire.
Così (alla fine di un discorso
persuasivo, poco argomentato)
la magra consolazione è ovvia certamente;
meglio finire in ceppi costretti al
silenzio o condannati a consumarci
in questa solitudine che si scompone,
meglio ancora, ancora meglio finire sotto il voltone
di un ponte abbandonato,
nello scalino invernale
della casa di Galvani,
meglio divorato dai cani
che (piuttosto che) finire sul palco del signore (spellarsi le mani)
a sostenere le code,
meglio spiaccicato sull’asfalto,
nudo in un vento di vecchiaia, gelido, che osannato
sul palco del vincitore.
Una spalla sporca di probabili esperienze.
Così è (era) il vecchio disteso distorto,
asfalto o foglio, Vienna o Gemignano,
una sala o la strada, in terra morto.
Questa gloria di occhi o di silenzio.
Sulla faccia il destino è uguale.
DECIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Che età avevi quando irruppe il Medo?
II.
Il giuramento a lume di candela
nella cattedrale di Brunswick
davanti alla tomba
di Enrico l’Uccellatore (vedere a pagina ottanta)
con gli occhi azzurri e i capelli biondi, essi
e il pelo sul cuore…
III.
Una strada non c’è. C’è una strada (un fiume), c’è un fiume
– credo che ci sia, è così – un profondo
fosso, una siepe, un fiore d’albero
sotto il giardino spappolato, c’è il pianto
di una bambina nuda col tracoma c’è
il sangue di un uomo per terra decapitato
la milza di un animale sul bancone di legno;
c’è il filo bianco (un rosso filo) che stende
dal labbro di chi parla fino a una casa laggiù;
una carta su cui il dito striscia con raccapriccio;
l’orgasmo della donna fra l’erba affumicata
da un vecchio incendio, un bombardiere che non si vede.
Vilipendio di istituzioni (di gravi legittime colpe).
Non c’è più l’eco, il suono non c’è, il percuotere
dell’ultimo dissenso, le voci
placate (finalmente?), i refusi scomposti;
ribolle un altro piombo per più degne canzoni
– la caratteristica del tempo è una misurata indifferenza,
tutto interessa un poco per brevissimo tempo,
ogni cosa muore, deperisce, sé consuma e sfoltisce
nel forno della memoria.
IV.
Dice Kant la disciplina del genio
(ossia l’educazione) è il gusto: gli ritaglia
le ali e lo rende pulito e costumato.
Il grande Kant, savio nella sua stanzuccia
di legno, con l’onda delle idee
che si scioglie in un silenzio ordinato
e sulle vie (deserte) lo zoccolo di un cavallo.
Ma questo, che siede anch’egli, è un uomo, nella casa
con moderati calori, in un quarto piano
di paese italiano, che è, che sarà? così lontano
dai rumori. Ah, non è costumato e polito. Non costumato,
è tutto dentro sbrecciato, pendente,
insolente, tenero e terso, muscolo
macellato in una sordida ignominia,
ingorgo meschino, è gramigna spersa secca
raccolta da una vecchiaccia che insacca.
Questo non sarà polito, eh no, costumato non è (le
circostanze
non lo permettono), non è pulito – tutti sentono
sulla via lo zoccolo di una morte
passare alternando il suono con quello dello spazzino
(e la sua tromba). L’alba, all’alba, l’alba
– disegnare contro i vetri col fiato –
è, nello strizzarsi delle vene,
così distesa distante, la mano aperta, l’occhiaia
di questa giornata incerta nella scelta; stramazzerà
fra noi farneticando (presto, fra noi) di dolori antichi
e dei nuovi congegni. Ammonisce così riservata superba
a non perdere le occasioni (la vita è un fulmine nel tempo)
– intanto una ragazza sulla gamba perfetta
nell’ambito di una stanza indossa la vestaglia
spenna se stessa nello scirocco ferito da una calza
irride alla varietà degli umori
agitata da una innocua speranza.
V.
Accendere una sigaretta (fumata dopo sei anni)
il potere agli operai e ai contadini
– si elidono a vicenda sopraffatti
da queste contraddizioni che non distinguono
fra la necessità e il bisogno, fra chi
(si può dire) di una corda che si sfilaccia
trattiene il bandolo e colui che esautorato esausto
si lascia colpire dal canapo alla faccia.
L’affare è grave e merita considerazione.
Oggetto di ogni disputa, nel caldo della stanza
mentre fuori si apre al mondo
distrutto dall’acquazzone
e rigurgita una cloaca con la gola di vacca
e si fa notte fra i lampi
e una pietà di noi si distende sopra le forme immobili
(con noi) nell’attesa perfida dello spettacolo
– la consumata mente, l’usura, il sillogismo,
il calembour sul titolo di chi si compiace al caffè –
è
la fine del mondo, un’arca ribaltata,
sulle pianure le ossa della città
– allora tu dici che il momento del contrasto
si invera in una nuova necessità: (questo è il punto),
ognuno di noi che sediamo
sillogizza ma non opera, la disputa si fa arcaica
e tutti noi (il giro del dito è ampio)
degradiamo nella mistificazione.
Accendere una sigaretta.
Sono anni bui o sono anni nuovi?
Per la verità credo che il buio
sia il buio arcigno tetro gelido perfetto
che sia una luce nuova.
VI.
Ieri in via Andegari scura e stretta, raffinata via che
conduce a
una foresta di simboli scalcagnati, la moglie incontro
incontrai ho
incontrato di un compagno fucilato.
Stormiscono le foglie della memoria.
Con una testa di capelli rossi, in quelle case sporche di
fango o
dell’ottusa avidità borghese la spalla modulata dolcemente
suonava.
La sua giovinezza (incantava) ancora.
L’ora del giorno, incerta un poco colma
o piuttosto il luogo distaccato dai rimorsi, in una incerta
ombra, distaccata dalla buriana ossessiva,
la giuliva felice voce di addio ciao
o R. che (un attimo)… dimenticato, al mio cuore…
Si possono dimenticare i morti per sempre.
Leggeri andavamo a braccio
i suoi capelli di fiamma disse sono sposata ho due figli
neppure un ritratto più, mi puoi capire
una gran voglia di vivere
questa città fa impazzire.
La provincia fa morire.
A notte ancora nella sua casa, fra i figli e il marito
nella casa a mezz’aria
sui rami di un albero fortunato di cristallo, verde.
Baciò me sulla bocca
perfida, e dolcemente, vicino alla porta.
Tutto scomparso, assopito, scancellato, annegato,
visi di uomini trapassati sbiancavano in polvere
non era vero più niente.
UNDICESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
E gli antichi poeti dove s’incontra sempre la stessa domanda a chi approda:
siete pirati?
Che cosa resterà fra mille anni
quando Cuba e Congo suoneranno
come Tessaglia e Tebe
e il viscido Oppenheimer, annegato nel vino nel miele
dentro allo
specchio di Archimede, sarà esautorato dai romani?
Nei libri di scuola…
II.
Rifiutare i simboli il prestigio
le vecchie uniformi le cattedre
la regina che siede in una villa veneta con il ragno di noia,
vivere (forse) come amava vivere Gramsci in carcere
quando
sulle case bianche ascolta il tramonto calare e ricorda la
Russia.
Gottfried Benn cantava le tristezze del cuore
sul sangue di Büchenwald
questa è letteratura
– ma per la gloria della patria non bisogna morire,
non bisogna morire per la patria,
un nome sul marmo si incrosta di nevischio di sporco
gli uomini dimenticano subito e tu sei morto.
La morte dentro al mare è più economica tranquilla,
la più lontana,
l’uomo scompare non si deve piangere seppellire
custodire vigilare, una morte pulita,
il suo povero mito dimenticato.
Dicono è mangiato dai pesci
– mi pare, più semplicemente e con ragione, dicono che
giunto nel fondo l’uomo si apra e attenda
di scomparire divorato dal tempo. Laggiù tutto è buio.
III.
Prima di entrare nell’inverno della vita, nella caverna del
niente
rovesciare questa parte della vita
lo schematismo dei giorni
nonostante le previsioni dei gaglioffi.
Egli credeva a ciò che diceva.
Non s’è spostato l’ago della bilancia (ma si sposterà):
attitudine ai ricatti, per una fotografia
sedere sulla poltrona di marca con la nuova cravatta,
il torpore, ahi magniloquenza, l’ambizione,
infine il burro rancido, la sciocca topografia
e sulla confusa esitazione stendere un panno di lana.
Ma ecco, basta un giorno e:
grammatica e futuro finiranno.
IV.
Anche la madre diceva “ognuno ha il carattere che ha;
il suo è difficile.
E si guarisce a volte lentamente”.
Mise una vita Filottete povero
sull’isola deserta a lacrimare
poi uccise Paride
ma a Lemno era buio sperare.
Per un suo lamento poi subito spento
gli dissero con un sorriso che era un vecchio scontento.
Non è l’astratto moralismo che si colora d’autunno
(sul Trasimeno i gabbiani calano crocchiando)
non si lanciano strali altro che innocui in
questa indifferenza ilare e in questa noia decorosa.
La lama di un coltello, il filo sulla ferita,
l’impassibilità del sicario all’ombra dell’albero
nel viale dove corrono motociclette, è più utile
dell’obolo speso, picchiando sul marmo, a patteggiare
la complicità.
Le lucide trasparenti verità si scompongono come cristalli
noi non chiniamoci all’ingiuria del tempo,
scivoliamo via dalla nostra sabbia,
lavoriamo per il mondo.
V.
“Ti dico guardati da illuderti di strafare
– le tue meravigliose linguistiche fratture
naturali sinuose caustiche e un poco artificiose
si confanno esattamente a questo clima evoluto
dove leggerezza e tristezza
hanno lo stesso peso nella pubblica opinione.
Le tue graziosi perifrasi…
Lasciami parlare. Tu stai con i beoti!
Bada, stai con i beoti!” ammonisce con il dito alzato
il furore improvviso del piccolo borghese
al giovane arrabbiato che perora.
Rispettiamo dunque le istanze, la necessità della
congiuntura
la misura della tassa, la terra in cui nascemmo
così azzurra di venti, la volontà dei potenti?
Perché cambiare il mondo?
Qualcuno di noi può ritenere esatto il proposito
che collaborare non è perdersi,
si può tentare di giungere al governo senza rivoluzione.
Perché smuovere il mondo da questo disordine onesto
che non reca dolore?
“Tra amici riuniti, dopo la cena, davanti a un bel fuoco di
legna
inevitabilmente il discorso cade
sulla guerra atomica”.
Alcuni si lasciano addormentare dalle sirene del cuor
(Freud dice la religione una gratificazione sostitutiva)
altri hanno un leggero filo a cui impiccarsi se vogliono
o possono sognare di stendersi una notte con la regina
altri si torcono ancora un poco per la storia degli uomini
con meticolosa semplicità.
Per questi l’ordine del lavoro si articola sui comma sei e
sette:
con vecchi sentimenti non si può rendere alcuna novità,
ti perderai se la fame del mondo ti accieca.
Ma non è tutto: chi entrerà con un balzo dentro all’orto di
pietra
rinchiude le ossa degli appestati?
DODICESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Corrispondenza su Marte
II.
Se Adolfo ritornasse che non poteva tornare
se Adolfo tornasse quando poteva ritornare
(effetto di straniamento)
se Hitler precipitasse fra noi, il poveromo, lo scheletro,
il suo stomaco d’indivia e il suo cervello di massacratore;
se Goering, Goebbels, Himmler, Fogelein fucilato…
Adolfo era bennato e a capo del grande reich,
morì bruciato.
Prima serie d’esempi. Ma adesso:
è meglio dare calce alle mura di Volterra che crollano così
pare
o alzare alla Fiat un padiglione di Nervi gioiello
d’architettura
dovendo scegliere è meglio una petrogliera dell’Eni
che s’avventura per i mari a gloria della nazione
o rabberciare la faccia con tutti gli azzurri ottusi e le gote
senza
carminio dell’affresco di Piero trattato con l’acrilato?
meglio l’antico, il non perituro, la certezza, il
passato duro e rustico
– la sicurezza della pietra ribattuta da una ruota, la faccia
di marmo della storia –
o l’equivoco progresso del tempo che sovrasta così rozzo
corrotto indecifrabile oscuro?
meglio essere o dover essere, conficcati e immobili o
ricominciare vibrando
C’è chi vive soltanto in funzione del week-end, della
casa con bagno, della torre d’avorio, del mistico golfo e
degli ozi di Capua. C’è questo e altro. Ma adesso:
resistono i vecchi, le donne disfarsi ottundersi, i ladri
insistere
bruciare case, uomini sfrigolare nel fuoco, il grido lungo
dei figli avvampano nei piccoli ceri dei loro deliri;
ciò che era giovane ieri rapidamente morire.
Sotto gli occhi sterminati i campi di grano.
Questo è il segno del tempo –
la sua necessità, perché così doveva essere, noi
permettendolo.
III.
Non volere il mondo migliore ma diverso.
Calafatare dal trono dell’homo la faccia del provocatore.
È compito (magari superstite) della poesia contestare
stravolgere calpestare
Fino a ieri e salvo sublimi eccezioni
la viola di cristallo, la tenera allodola appassita struggente
contese l’uomo al mondo col lampo di uno sbadiglio rosato
– oggi, strumento di scasso, oggetto di rapina,
disciplinata frusta, tavola bianca di schemi
e di severi decaloghi
(schivando tutti gli altri pericoli)
colloca in prima istanza ognuno al suo posto in attitudine
di…
poiché metafisiche nubi riadottano i simboli dei sogni e
dell’agnello incorrotto
o altrove sulla torre di babele estatici personaggi contano
le stelle
ancora investigando la notte.
Il vecchio Marx è un’irsuta cima
incanutita alla neve di una candela,
il comunista gentile parla adesso di grazia e di santi.
Fin dai tempi di Omero è ovvio
quando le mura di Troia splendevano
e l’uomo era pauroso di dei
muoviti, va. Sogno bugiardo alle celeri navi dei Greci…
Reclinano sempre le ire nel vento delle antiche paure.
IV.
Lo dice uno che è fine mordente tempestivo
la lingua italiana è unificata
dalle alpi al povero cafone
un utensile è un utensile, congiuntura è congiuntura, il
bastone è bastone.
Anche la fame d’ora innanzi uguale per tutti
si dirà piuttosto una scepsi alimentare,
decelerazione digestiva, nevrotica sazietà
(milioni d’analfabeti, recuperati col tempo,
si fideranno intanto della buona fede dei dotti).
Un ministro socialista chiama i licenziamenti
alleggerimento di mano d’opera
– altrove con gli elettrodi ai coglioni
si convince qualcuno perché rispetti la noia svedese,
l’ice-cream
americano, il miracolo tedesco o il sole italiano
e chi si perita con tristi occhi feroci
è un baco da ulivo irrorato dall’alto.
V.
Possiamo mangiare i nostri girasoli (i semi)
mentre i cani randagi
annusano nelle masserie annerite
le ossa impiastricciate
o tagliare i capelli ai nostri figli
perché crescano con misurato decoro
e illuderci d’avere qualche merito
nell’esercizio di una squallida virtù?
firmare le nostre proteste
poi correre al cinema, prendere il treno, fumare
o radunarci sul Baltico per tridui poetici così entusiasmanti
e declamare?
Venne un giorno che ebbe voglia d’andare…
di cambiare la pelle…
di contaminare…
Se non è ancora detto che sono gli altri ad avere ragione,
scoprirsi le squame alle mani, mescolarsi ai lebbrosi.
QUATTORDICESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Quel giorno quando alle 20,25 ora italiana
la Gemini 6 s’affiancò avendo
mutata ellisse alla Gemini 7 in alto sulle
Azzorre, Cosimo Moscagiuri muratore disoccupato, 5 figli,
pensò
(per la prima volta?) di ammazzarsi a Milano. E
s’ammazzò, dipoi.
Basta la constatazione.
Non volendo sottilizzare ma anzi semplificando
dirò che c’era un discreto contrasto
fra quella tensione nello spazio
spettacolo Usa decisamente
allarmante e significativo
e la piccola vicenda di quaggiù (così squallida)
dove un homo faber era alle corde.
Potevano andarsene veloci quei signori
alti nell’aere libero o in profondo cielo
ma al sopradescritto chi gli scuoteva le tasche?
come poteva immedesimarsi
sentirsi orgoglioso per la navicella della razza umana
se così poco i suoi conti quadravano
(in quel momento, anzi…) da indurlo
in una situazione, irrazionale poi?
Si fa un bel dire, ma la conclusione
(non troppo ovvia) del giorno quindici dicembre
sessantacinquesimo, anno di scarsa importanza
di molte punture, di spilli non curati, un anno che
tramò ignobili tele fra l’altro –
è la conclusione della beghina milanese:
si cammina alla luna e noi moriamo
attraversando la strada, sissignori,
maledetti automobilisti uccidono sulle zebre e ridono.
Altra conclusione questa, un poco più
cerimoniosa (e con un briciolo d’ideologia)
l’uomo non lo caverai mai dai mali di sempre,
d’essere un animale innamorato di sé,
diciamo: di se stesso,
labile di memoria, così leggero di fiati,
certo: il signore dell’universo.
II.
Promettono statistiche e giornali
che il secondo quarantennio potrà essere migliore,
tutti dunque cederemo al tempo
con qualche grazia e una amabile sopportazione.
È possibile, è possibile, per tutti forse è possibile
anche se è legittimo qualche dubbio in privato.
(A proposito di tale obiezione i pochi interlocutori
affermano che tra il dire e il fare
c’è di mezzo il mare. Altri, autentici
senatori col volto segnato dai
duelli intercorsi nei giardini
immobili e separati, ribattono che
è il tempo di seminare le viole e che questa voce
di mandragola esautorata anziché sussultare
fa vomitare; ça va: Siete uomini di vizi antichi).
A ognuno capita la
debolezza, magari passeggera, di voltarsi per un momento
c’è una specie di deserto libero e soddisfatto
dove uno strazio tenero
s’inalbera con l’irrisione
ogni compromissione è plausibile
imbecille (e povero) è colui che non vuole capire.
Irrilevante la valutazione degli errori
deprime invece di persistere in un atteggiamento
così contrario alle regole, allo spirito del secolo,
alla buona creanza, alla grazia delle magnifiche rose
ai viaggiatori incalliti sul mulo medievale
agli abati di penna e calamaio
che si accaniscono nelle pratiche illecite.
Poi spenta la radio (non c’è televisione)
tutti a dormire. Il giorno seguente
e un magnifico giorno in tutto uguale ai giorni seguenti.
Chissà mai che,
chissà cosa potrà accadere in un giorno fortunato.
Se è ciò che vogliamo.
III.
Nello stesso tempo e in uno spazio contiguo
(il riferimento erudito lo raccolgano i dotti)
nello stesso tempo e in uno spazio contiguo
(ma perché mai i sapienti, gli eruditi biondi e
le vite di cristo?) ci sono due treni appaiati
nello stesso tempo e in uno spazio contiguo,
uno Hamburg Stoccarda München trascina gli emigrati
a votare a San Giovanni in Fiore e a Calasanzio
l’altro settebello tocca appena Roma
col suo carico di carne macellata, i quarti di bue
nel belvedere appollaiati bianchi di sangue nobile;
un treno si perde nella notte dei tempi
oltre la luce rossa della fine stazione
dentro c’è un silenzio di cose morte
ognuno reclina sul proprio corpo con una tenerezza
equivoca, una tristezza – fermo per lasciare il
passo alla freccia dei sapienti
dove ogni gesto è prenotato
anche il fiato automaticamente depurato
e non c’è il puzzo di cuoio
non il sonno di cuoio dei cafoni.
Nello stesso tempo e in uno spazio contiguo
suona una vita è la tua; paragonata
alla vita di un altro questa vita è una misera cosa
proprio una fatica fra Hamburg e Aspromonte
– un sonno di vecchie fatiche;
dalla baracca vicino alla ferrovia
intanto uno zingaro giovane quanto sono lunghi i capelli
ruba due oche e fila via
seguendo una linea del viottolo
e lo stagno bagnato dal colore rosso di ottobre
– in spazi disparati
i treni soffiano e il ladro si dilegua.
Nello stesso tempo e in uno spazio contiguo
un treno parte l’altro aspetta il fischio
(più su, nella sala del circolo, il sapiente è
giunto al momento degli applausi, mentre li accetta
sorseggia minerale) per il calabrese
che viaggia a spese dello stato
non c’è acqua per lavarsi le mani
e mentre aspettano dicono che
l’uomo altrimenti muore in mille modi:
il vecchio politico sul suo letto di raso
e gli prendono il calco della faccia,
la ragazzina smunta si appisola lentamente, tal
soldato muore devastato dai colpi
un contadino è ferito dalle api
l’ottantenne ossessionato dai ricordi e paura
il giovane in motocicletta dentro l’erba del fosso.
Ma perché preoccuparsi? – dicono, –
finché posso vivere, vivo.
QUINDICESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Privi di corrente 30 milioni di americani (1)
bloccati negli ascensori dei grattacieli
fermi tra un piano e l’altro
così decine di donne sono svenute (svennero)
950 mila persone prigioniere nel sottosuolo
i detenuti di un penitenziario nel Massachusetts
hanno tentato un’evasione in massa,
nell’ospedale della città di Boston…
L’avaria si è manifestata improvvisa
(e) proprio nel momento di punta,
milioni di uomini con gli occhi puntati
alle fonti di illuminazione chiedevano: è la fine del mondo?
i marziani hanno invaso la terra?
è scoppiata la prima guerra atomica?
per alcuni momenti è stato il panico (2)
La scienza e la tecnologia dunque
non bastano a pensare per noi,
ancora è l’uomo che deve impedire
alla macchina di rivolgersi contro di lui.
L’energia sarebbe servita per sventare
un evento catastrofico in un complesso atomico
del nord-est americano
del quale non si conosce l’esistenza.
Presto ci avremo qualche dramma, un film e pazienza
se resterà solo il ricordo, un ricordo lontano.
II.
Nel Vietnam non basta il terrore.
Seimila soldati Usa perduti finora.
È sintomatico che le perdite americane
tendono ad aumentare di settimana in settimana
per la terza decina di novembre ’65
ci si attende un nuovo record.
Nelle foto: civili sudvietnamiti
considerati partigiani dai soldati americani
e poi Roger Laporte il giovane
cattolico pacifista
che si è dato fuoco cosparso di benzina
morto all’ospedale Bellevue di New York
ieri sera – grande il vento della giovinezza –
dov’era ricoverato dopo il tragico gesto.
La luce è mancata alle 17,28.
La zona industriale degli Stati Uniti paralizzata.
La polizia cerca di controllare la situazione nei quartieri
malfamati
in centro la folla straripa
i ristoranti traboccano
i ragazzi corrono per i marciapiedi (3)
e gridano “arrivano i russi”
telefono telegrafo scale mobili citofoni posta pneumatica
tutto bloccato,
il buio è durato in alcuni posti dieci ore
al ritorno della luce la folla si è rimessa in moto di nuovo.
III.
Mamma inglese si uccide col bimbo che non mangia,
più scientifico il socialista degli anni ’60,
chi ruba nei supermercati francesi?
La Cina perde terreno nel terzo mondo,
una città per soli pedoni, sorrisi etruschi sui volti moderni,
“anche quando a quelle prime esperienze arcaicizzanti…”
Menner spegne il fuoco del rasoio,
tutti guardano lei la ragazza Camay.
(Neppure potendo
si può posporre di rifare l’uomo
prima della rivoluzione,
le istituzioni resistono,
il rivoluzionario ama i gatti ha il letto caldo
e osserva con puntualità le vacanze domenicali.
Tutto è così rimandato ma il compito non è impossibile.
Ne è passato del tempo
da quando i fatti sono accaduti,
tutto qui è ellissi sincope balzi falsa connivenza
nella retorica che si fa terrore).
IV.
Il napalm è un’arma del terrore; al Pentagono…;
imminente il bombardamento di Hanoi,
parlano i giornalisti americani
e raccontano “la sporca guerra”,
l’Urss prova nuovi razzi nel Pacifico.
Post scriptum nel luglio del sessantasei.
Novità grande! Ford Anglia Torino
ora a lire 895000 ige compresa.
E: oh patria mia vedo le mura, gli archi
e sotto gli archi generali in fuga
e ancora lapidi luccicanti sotto gli archi
gallonati prototipi sotto gli archi
eccellenze in furore sotto gli archi
avide corrotte sotto gli archi
accatastate otto milioni di baionette sotto gli archi
governanti fuggenti in tenere acque su bianco vascello
sotto gli archi, o cerimoniosi nel tinello di casa
preparare le nuove sortite –
insomma vedo una povera faccia imbalsamata da secoli
ridicola e rassegnata.
(Ne è passato del tempo
nella retorica che si fa terrore).
V.
Obiettivo Hanoi secondo giorno
le fiamme salivano a metri quattromila
a dodicimila era salito il fumo
mai visto niente di simile pareva un ciclone.
Notizie dal Nord-Vietnam parlano di Hanoi
come di una città in collera,
ondine di mobilitazione parziale,
appello al mondo del popolo.
Anche Varsavia (Polonia) quando Adolfo abbatté il muro
(frontiera)
chiese al mondo sapiente
di mantenere un impegno:
risero chinando la testa sperando nell’invasore
poiché si accendevano le luci
in quel pomeriggio per l’ora del thè nelle case d’europa.
Note
(*) Questo testo è un montaggio di frasi del sottoscritto e di altre (molte) estrapolate da giornali e settimanali. Ne ho aggiunte anche alcune ricordate dai notiziari della Rai-tv, veicolo condizionato e condizionante di omissioni e decise falsificazioni. E che dire dei silenzi ufficiali, ci sono dentro in qualche misura anche questi ovviamente interpretati).
(1) Non piovono solo bombe dal cielo. Gli americani lanciano a più riprese giocattoli, radio, carta da scrivere, calze, stoffa che fanno la gioia della popolazione nordista. Il governo di Hanoi in imbarazzo.
(Il Resto del Carlino, quotidiano ecc. del 29 aprile 1966).
Nel 1676, per citare un altro esempio caratteristico, la Sarah Bonaventura, una nave della Reale Compagnia britannica per l’Africa, comprò esattamente cento tra uomini, donne e bambini – tutti debitamente marchiati con il suggello della società, D.H. (Duca di York) – in cambio di varie misure di tessuto di cotone, nittones Tapsells e così via, fatte in Inghilterra o in India, e cinque moschetti, ventun sbarre di ferro, settantadue coltelli, mezzo barile di polvere e varie scarabattole.
(Basil Davidson, pag. 110)
(2) “La speciale allegria è stata l’imprevisto della serata. A Nuova York trentotto persone sono capaci di guardare per mezz’ora un pazzo che pugnala una donna senza che nessuno reagisca, ma, quando si viene ai problemi del traffico, la cittadinanza trova energie insospettate. Sarà l’ossido di carbonio che condiziona lo “homo neoeboracencis (il nuovayorchese), fatto sta che, come dal nulla, ieri si sono materializzati ad ogni incrocio (tutti i semafori erano kaput) vigili dilettanti, per lo più giovani, che malgrado il freddo, si erano tolti la giacca per essere più visibili in camicia bianca; e col loro aiuto gli incidenti sono stati pochissimi e trascurabili”.
(3) “Che fareste voi se sapeste che la luce non tornerà per almeno tre o quattro o (ipotesi impensabile) cinque ore? Lo annunziereste? Per dar modo a comunisti, nazisti, musulmani neri, angeli dell’inferno, Cosa Nostra, Minutemen, Ku-Klux-Klan di organizzarsi e prendere vantaggio della situazione? Al buio tutte le organizzazioni antiamericane si stavano ingrossando, assieme ai dubbi che le autorità dicessero la verità. Che fareste voi se questa volta fossero sul serio i marziani? Lo direste? No, certo, per non provocare il panico. Direste che si è guastato qualcosa dalle parti di Niagara. Intanto le ore passavano”.
SEDICESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Hélas fiorentini bastardi
fischiare il signor presidente!
mai come in questa occasione
occorrono da tutti (invece) sacrifici e abnegazione
generosità e, talvolta, perfino eroismo.
E lei, signor presidente,
questo è un addendo da aggiungere alla voce degli elaborati
discorsi:
i ricchi, oggi, agnus dei, saranno un poco
meno ricchi o resteranno ricchi soltanto
ma i poveri sono fottuti in eterno.
Un paradiso rassereni la morte del potente
ma le fiamme dell’inferno che dura
faranno uguale la morte alla vita
per tutti gli altri dopo la sepoltura.
Le gravi difficoltà di questo quadro d’azione
L’assistenza pubblica erogando
Chi non s’arrangia è un minchione
Vasto ed efficace il contributo del governo
La presente alluvione
Il signor prefetto, l’onorevole deputato, il generale,
il chiarissimo professore, l’eminente scienziato,
personalità della cultura, tutte le autorità, il porporato,
il mondo accademico, l’eccellenza del ministro, l’illustris-
simo capo del governo, il colendissimo, il magnifico e
infine il molto rispettabile cavaliere, segretario, furiere,
erogando esprimendo partecipando auspicando.
II.
Quando non capita a te
subito sei forte e bravo
intrepido nel suggerire
e così lesto nel consiglio saggio
(anche così pronto a ferire).
Quando non ti sfiora
s’agitano quelle tue mani (bianche) nel proporre.
Ma quando ti capita
hai la testa chinata
il labbro pende l’umore è nero la giornata
si trascina come una pena.
Quando ti capita stramaledici.
Allora fra il dare e l’avere
dunque fra il dire e il fare
– lo stravizio della penitenza, la ricorrente elemosina,
l’elargizione, il burocrate, la carta bollata, il caffè
ore 9 nei ministeri, il brindisi improvvisato –
allora fra il dare e l’avere
dunque fra il dire e il fare
– l’impolverato panno che sbatte sul campo isolato,
l’insanguinato panno, il panno di molte lacrimate
vicende è abbandonato, allora allora –
allora fra il dire e il fare, o altrimenti fra dire e non fare,
c’è di mezzo il mare.
III.
Do l’allarme alla moglie
che gli è l’acqua
icchè fo?
la moglie la s’impaura
e la sale sul tetto
e poi gli porgo il mio figliolo dentro al cesto
O babbino, quello piange, sali su che
noi si more almeno tutti e tre insieme annegati”.
IV.
Questi gatti in amore!
hanno bombardato Colonia
distrutta Stalingrado
polverizzato Cassino
Varsavia in macerie
annientata Berlino
ora piangono sul dolore fiorentino
mentre bombarderanno Stoccarda
ancora polverizzeranno Cassino
Varsavia sarà in macerie
dal cielo spianeranno ancora una volta il lungarno
fiorentino.
Hanoi non è Firenze?
non è Berlino?
non è Stalingrado?
non è Cassino?
Questi gatti in amore
che piangono sull’acqua dell’arno balsamo fino.
Note
Nel detto anno 1269 la notte di calen d’ottobre il fiume Arno uscì dai suoi termini, gran parte della città di Firenze allagò.
Nel detto anno 1388 a di’ 5 dicembre in Firenze e contado un gran diluvio di piova onde il fiume Arno…
Negli anni di Cristo 1333, il di calen di novembre l’Arno giunse sì grosso alla città di Firenze.
Ecc.Ecc.
Ecc.Ecc.
Ragguaglio della piena d’arno del 3 novembre 1844: “Il narrare la spaventosa inondazione del fiume Arno… non invano dunque io diceva poc’anzi che alla classe più bisognosa, la quale fu danneggiata dalla fatale inondazione molto rimaneva a sperare dalla carità di concittadini e degli stranieri che han tetto ospitale tra noi”.
Saragat (a quel tempo Capo dello Stato) ha aggiunto di ritenere “che il problema più importante per noi sia ora quello di imbrigliare i fiumi”.
DICIASSETTESIMA DA.SCRIZIONE W ATTO
I.
Ventre di rana. Testicoli di cenere.
È inutile avventarsi per
accettare il complimento sopportare l’offesa
(anche se è insulso magari)
un altro giorno sarà meglio di oggi un poco
mentre ieri era così terribile ieri
– gli anni non si contano, si sovrappongono, escludono.
Può alcuno perdere la fiducia in un momento,
bisogna dunque conservarsi.
Nessuno potrà dire (compatendo):
i frilli, erano frilli
(nous suivrons toujours le président
Mao pour avancer contre vents et marées)
o micchi erano un poco – quei micchi –
ma non si lasciarono andare a causa dei soldi d’allora.
Per questo vivono lontani.
È possibile che sia una
semplice constatazione codesta per gli anni settanta?
A la matina quando lo sgiorno fo sgiarito…
passa tutto quel giorno, si consuma il mozzico della candela
(forse questa è la vita)
e venne la sira.
Ziascaduno andò a posare.
II.
Era una sera bella era anche
una sera nera.
Le vicissitudini del tempo portarono che
lui uccise lei ed inoltre egli si uccise
in quel l’orto su cui cantava (andando)
la voce del martino. Sfacelo di una famiglia.
Similmente sulla statale adriatica
all’altezza di Fano al chilometro 187
(era una notte bella, era una sera nera)
i giganti della strada si scontrarono ag-
grovigliandosi mentre il mare lambiva la sponda
e voci di innamorati un po’ ottusi, fra le canne
si alzarono con un grido. C’era il sangue sull’asfalto.
Ebbene le due vicende di una stessa morte
caddero come due vicende, un semplice dato, notazione e
una scancellazione dell’anagrafe. Obiit anno…
Il giorno dipoi
venne un giorno di sole che accieca
si gonfiò l’ossessione nel caldo
lui e lei erano sdraiati sul marmo tacevano
neppure le mani si toccavano
ronzavano mosche al di là di vetri incrinati.
Oltre, sulla statale adriatica o in una stazione vicina
anche loro aspettavano (morti) altri uomini.
Consueto termine del viaggio.
la cronaca nascose o se ne occupò appena in
margine alle canzoni.
Alcuni dissero “questi li conoscevo, passavano nella città
talvolta
come innamorati, e quelli erano padri di famiglia, i padri
di una famiglia, vecchi proprio come i padri”.
Con queste voci
entrarono anch’essi con molta tristezza e con un semplice
commiato nella polvere
che è del tempo, dicono.
DICIOTTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Capitolo quarantesimo di una storia
neppure giornalistica. La
vicenda si frantumò a questo punto
in
mille rivoli (come si dice)
ciascuno colse
l’aspetto secondario o il tale
aspetto che più gli compiaceva – lusingandolo s’intende –
(nessuno vuole disilludersi a
una certa età
sui principi generali)
così tutto resto nel buio e nel semibuio
– nella mezza luce – anche
se c’era un morto un povero morto
in questa leggenda (precisa sera d’estate)
Tacita notte senza luna
microrganismi fluttuavano nell’aria irrespirabile
tutti nel terrazzo sui vimini a parlare
sia pure lentamente, senza un grido,
da opposte posizioni, di
Napoleone? o di un altro caso che era in Corsica? Quello fu
un pretesto
il primo dei pretesti
per coinvolgere anche le signore
Ma che fare del morto?
e sapere la causa di così orribile…
Era a un lume di candela la stanza l’ombra del letto
i piedi sul letto
un profilo contro
il muro – la luce
scuoteva gialla e precisa veramente
così gialla veramente
così precisa
Ebbene di Pershing ha scritto Maurois
lo ascoltavano con rispetto
perché aveva molte truppe fresche
e questa, bisogna dire, è anche la verità dei tempi
poi l’altro con poca galanteria:
signurì, sei vecchia abbastanza
per ricordarti delle ciliege senza vermi.
II.
Altrove la miseria più nera
pur con eguale morte, il morto è seppellito,
non c’è tempo per sedere sul prato,
uno deve ripartire l’altro riposare subito dopo il turno
(è una cambiale la morte, il morto non ha sofferto
dato il male) i figli non sono più felici dei padri
o intanto i figli sono (potranno essere) più
felici dei padri –
finestre spalancate mosche un lontano
ahi molto lontano filo d’azzurro, un lontano
canto, una voce sulla tenerezza solitaria
della nostra vita che si perde.
Ricordare per non ricordare
inoltre dello stato presente delle cose.
Per la Rand Corporation di
San Francisco (e per i risultati ufficiali)
la tortura è ancora una scientifica necessità
asettica, sul serio, per far cantare i galli.
Lo intenda chi vuole.
Altri si chiederanno se c’è differenza (alcuna)
fra un tedesco e un americano
fra un greco e un turco, mettiamo pure italiano;
nessuno lo saprebbe descrivere.
Coperti da un vaiolo
si rifletta dentro al lazzaretto considerando
la situazione da un particolare punto di vista, così:
quando il leone ruggirà tutto un continente ruggirà
sarà più triste dell’usignolo
quel canto e meno fantasioso.
Adesso che gli aggrediti
diventano aggressori.
DICIANNOVESIMA DESCRIZIONE INATTO
Viaggio di Stangl dal Brasile
verso la Repubblica Federale Tedesca.
Il tabaccaio cava la Golden Gate
dal taschino e accende il mozzicone
preme il gas liquido dal Ronson che costa ventimila
comprato per regalo e
improvvisamente l’estate scorsa
in seguito venne ancora un inverno, l’inverno passò,
venne l’inverno, passò ma prima
improvvisamente l’estate scorsa
self-service a mezzodì, yogurt alla sera
le notizie sul canale televisivo la brillantina
sulla nuca
le scarpette a punta, improvvisamente
l’estate scorsa (nel seguente inverno poi
col carbone appena bagnato il fuoco non s’accendeva
o era difficile che s’accendesse nella caldaia)
durante la notte con le ossa a pezzi si sognava degli antenati
apparve anche possibile che scomparisse senza dignità un
presidente
e un altro lo surrogasse con la faccia del sicario
non era possibile che altrimenti il mondo (le cose del
mondo
procedessero diverse da come marciavano
– ma questo non importa, non importa, non importa;
poiché gli uni si stringevano agli altri
guardavano il fondo del caffè nella tazza dell’interlocutore
ambedue ironicamente assorti
per cavare se è possibile comuni illazioni.
Magari da un fondo di caffè.
II.
Produrre
produrre e consumare
produrre distruggere per produrre
produrre per produrre
consumare per servizio della comunità.
Nella comunità
la sacra tutela delle iscrizioni
la patria e gli eroi della patria
gli eroi che la patria produce e consuma
la patria con gli eroi
la solitudine degli eroi consumati
la grandezza dei magistrati che giudicano
il sacro rigore delle leggi
le leggi del rigore
l’indipendenza di queste giuste leggi nel contesto…
Improvvisamente l’estate scorsa
Viaggio di un certo Stangl dal Brasile verso
il grande reich, un ritorno alla patria
all’abbraccio delle buone costumanze
santificate dalla memoria.
Nell’estate così calda
con altre guerre ancora
era un semplice dato di fatto quel ritorno
peccato di gioventù o d’orgoglio
– perché infastidire?
Correvano bene sulle oliate strade d’Europa
le macchine delle vacanze;
il maschio italiano ebbe la sua avventura anche quell’estate
non ostante un calo dei turisti anglosassoni
sulle spiagge adriatiche.
VENTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Non avendo nulla da dare
è ovvio che non ci sia nulla da prendere.
Niente da offrire, allora non c’è nulla da ottenere
il conto è matematico.
Dopo può rivolgersi egli nel letto
battere le nocche sul tavolo
anche disperarsi con discrezione
offendere il cameriere;
alle volte si arriva al punto di maledire la sorte
d’essere nati ecc.
Se fosse felice altrimenti, o fortunato come dicono,
quieto nelle circostanze
balzerebbe dal letto zufolando al mattino
per sbarbarsi con Gibbs
la faccia nello specchio. Accadono strane cose.
Contare le persone.
Tre o quattro erano per la strada
poi improvvisamente s’accesero lampade al neon
nella notte le lampade segnavano
su e giù per la strada
il luogo dell’incontro, la gente salutava;
così tutti andavano per incontrarsi
e via per strade e sentieri:
non c’era nulla da dirsi, nessun commento in proposito
si raccontavano i commiati, come i figli
crescevano, e i mariti ahi!
poi la minoranza s’attestò al caffè aspettando.
Le ombre della sera.
II.
Analisi di una sconfitta
sopravvenuta tale e quale una sconfitta sulle spalle.
La sconfitta era del singolo e della collettività
così gli anni passavano (valutare questi impossibili anni
sessanta)
gli uffici della rivoluzione
chiudevano per ferie dal 1 al venti agosto
gli uomini di questa rivoluzione
lubrificati gli slogans per i geli invernali
andavano in vacanza nelle ville sul mare
dal primo al venti agosto
(ciascun italiano che si rispetti
che sia rispettoso
acquista la sua cuccia l’abbellisce la riempie
ha la sua casetta sul mare).
Anche i poveri riposano
i ricchi si rilassano dal primo al venti agosto
le città vuote, smarrimenti, ladri
sui balconi, qualche delitto ubiquo. Le chiese erano fresche.
Steso sulla chaise-long a filo di quel mareinsonne
con tutti i suoi flutti
il sapiente giovane convince le signore
– pianga Achille di rabbia, urli la disperazione
per morte che sopravviene
ari le onde del mare
perda la giovinezza
lasci uccidere ma
quando una tragedia si conclude sia non fastidiosa
e appartata, non disturbi il relax, tantomeno
il sogno della mente sulla contemplazione degli alberi
che fuggono in lontananza. È così la natura.
Via via via un’estate dopo l’altra
ciascuno ha il suo momento di gloria
la sua avventura al mare
il suo nome sul giornale.
Eh là, e tu?
VENTUNESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
LE ROVINE DELLA CITTÀ
AUTENTICHE ROVINE
NON ARCHEOLOGICHE ROVINE
LA CITTÀ ROVINATA E SU QUESTE ROVINE…
II.
Messaggero di sventura, torba, erba di torba, rondine,
invelenita rondine, sciacallo
Lontano è quel tempo (delle rose)
quando…
Si esce oggi (per un momento soltanto) dalle file degli
assassini
per osservare un fatto
e capire intendere investigare con il fuoco della ragione
(superstite) che consuma
quanto io tu lei siamo partecipi, i mandanti
senza alcuna riserva, con tutte le complicazioni del caso.
Altro che lirica o la soave natura
il mito di edipo la fila dei cipressetti di Bolgheri
la voce della madre
il fumo della prima focaccia sulla mano del bambino.
I ricordi dell’infanzia non esistono più.
Ora adesso sempre un continuum e contare sulle dita magari
quanto resta da fare effettivamente.
Spettacolo da poco.
Fine del requiem.
Rovesciando il discorso.
III.
Nessuno che voglia può permettersi di morire.
Si era seduti una sera così non sulla riva del mare
sul muro abbastanza diroccato
dove la città è pressapoco abbozzata. Dicono:
una volta erano i vecchi i ricchi che s’avviavano alla morte
solenni con quel loro passo solenne, un passo solenne,
erano una volta gli eroi che morivano in battaglia
amabilmente innocui.
Ma adesso… in questi incerti anni così terribilmente certi
nuovi in questa nuova certezza
così pieni nell’incertezza
ossessivi tiepidi calmi magistralmente
gonfi nell’otre delle ossessioni consumate,
avidi, squallidi; dicono:
in questi impossibili anni in questi anni lucenti
in questi anni gelidi, in questi nostri anni
che chiudono il millennio
e la vita chiudono contro un muro di persecuzione e di ferro
a nostra vita a doppia mandata in un giro di chiave
(dove il ruggito del leone si perde
nel grido delle pecore marcate
e il nero è bianco ormai o viceversa
ora che tutto si perde per ricomporsi
e noi ci componiamo perdendoci)
la conclusione è semplice dopotutto
in una deforme apparenza
non dissimile da quel riposare sopradescritto e
momentaneo sulla pietra laggiù nella città
(una costa senza fine
un arco senza alcuna bellezza
la sera calava frustando
fischia la notte spezzando)
era la volgarità del tempo a incombere, il disamore di
questo tempo,
la meschinità, inoltre
la sua imperiosa bellezza, la sua ripugnante bellezza,
una tranquilla smorfia, questa difficoltà che esalta.
Rovesciandosi le tasche
chi deve vivere vive
chi cammina avanza
avanza un poco, un poco procede s’inoltra mentre la
notte fischia spezzando spezzandosi. È tutto.
VENTIDUESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
Era il tempo in cui Lenin scriveva sul come
andavano affissi i giornali.
I giornali non bastavano. Bisognava
dunque affiggerli ai muri perché potessero essere letti.
Ma colla equivaleva a farina
e anche questa mancava.
Adesso si affiggono i giornali la farina non manca
non è più il tempo di contare le pecore
le cucchiaiate di riso il
pianto abbastanza duro dello storpio;
oggi contano i falchi corrono le lepri
tacciono le colombe, lungo le rive
lunghe di un Mekong, lungo queste rive
lungo il fiume laggiù fra riva e riva
sull’acqua, fra le rive
american way life
si svolgono i safari abbastanza cruenti.
C’è perfino l’arma che provoca la dissenteria
dinamic dypsentery device
oggi c’è tutto quello che serve all’orecchio dell’uomo
oltre il raid da stella a stella
perseguendo i lunghi dolorosi silenzi;
oggi c’è questo e quello e molto altro ancora da raccontare
la superbia dell’uno
la morte di un altro. La pistola che spara.
O semplicemente la notizia sul giornale.
Qualche rombo, un colpo di fucile
che si prepara
i topi girano sulle medaglie
le loro eccellenze in copula
piccoli sabati santi, le domeniche non finiscono mai
insopportabilità della vita familiare
un prossimo divorzio
l’omicidio, il temporale che viene
(con tutti i sintomi della catastrofe).
C’è questo brontolio accanto al fuoco
un progetto di tempesta
qualcosa che si muove
è una serpe che striscia
ritrovarsi, scalzare, precipitare, decidere, offrirsi, non
consumare.
VENTITREESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Tracciate due linee di demarcazione
in primo luogo fra rivoluzione e controrivoluzione.
II.
Vedono gli alberi e non le foreste (Lenin, Opere, vol. 25,
pag. 240)
III.
È ancora possibile che uomini bendati vengano buttati sui
camion
col calcio del fucile
(quante cose vedemmo)
così è possibile che qualcuno tenga il dito alzato
per premere il grilletto
o per indicare un uomo (delazione).
Lo spray sterilizza la lucida noia degli americani
nella sede di Verona
(nessun contatto con gli indigeni).
Una volta a Verona c’erano i tedeschi
anche quelli erano amici.
IV.
Banditi assassini grida la folla (indignata).
L’isterismo collettivo è conseguenza di
un certo grado di benessere e di
fondamentale incultura
(ma può essere isterico anche l’uomo colto
lo scrittore tout-court che si tortura
nelle veglie notturne, anche egli può gridare assassini
così lo grida con la sua gardenia all’occhiello
il giornalista gentile
fra i chicchi di riso della sua prosa per gatti).
Novemila colpi sparati
tre sole pistole in mano ai malviventi
1) il quartier generale
2) milleottocento parà
3) le pantere
4) gazzelle
5) il generale comandante
6) qua lo studio centrale
7) otto milioni di baionette
8) la ritirata di Russia
9) la guerra d’Albania
10) il fronte greco
11) l’efficenza della polizia
12) due malviventi braccati
13) l’eroico comportamento
14) telegramma del signor ministro
15) la linea gotica
16) il fronte a Cassino
17) il ponte di Perati
18) un sospiro di sollievo e qualcuno che piange.
Le prime foglie d’autunno bellissime in quel loro liquor di
wisky
cadono sulle corna dei daini
arricchiscono la brughiera.
L’Inter è più forte quest’anno?
intervista al presidente.
VENTIQUATTRESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
IN QUALUNQUE LUOGO CI SORPRENDA
la morte, che sia la benvenuta se.
Qualcuno è caduto (andato) così doveva finire.
È falso, come è falso, che questo uno è caduto.
Se invece un altro è morto, altri sono morti col loro nome
oscuro
il rapporto non cambia.
Là fra quei monti che non conosciamo
dove nessuno è mai stato (né mai andrà, presumo)
la storia è più vicina
del grido di un mediatore di vino per vicoli intorno alla
nostra casa
o il litigio di automobilisti che s’insultano sotto queste
finestre (ogive).
Tutto finisce qui.
Da qualche parte del mondo…
II.
L’angoscia genera i pidocchi.
La questione sarda è all’esame del consiglio dei ministri
la peste suina aumento del costo della vita La Paz annuncia
la morte di…
è nato in Francia il 50 milionesimo abitante
re Feisal vieta la mini
nella capitale boliviana una salma imbalsamata
maledetta Bolivia
affonda in pochi minuti cargo americano
il partigiano sarebbe stato ucciso combattendo
la pipa ideale
ritrovata una bimba rapita
la CIA, gli esperti americani, l’america, tutta l’america, il
modo di vita americano, il mondo
LIBERO
IL MONDO OCCIDENTALE
UN GENERALE BARRIENTOS
III.
Purché un’altra mano si tenda.
Questo per una volta almeno è un ricordo
seduti su un ponte sul
muro, certo il muro di un ponte
se a noi in un piccolo punto della carta geografica del
mondo
in quel silenzio
l’acqua fredda fa rabbrividire
un’acqua tranquilla
impietosa terribile imponente.
Si vedevano e forse queste cime bianche si specchiavano
(riverbero) in essa
Nell’acqua
Seduti nella notte fino al mattino che segue
l’uomo abbastanza giovane parlava per la prima volta di
Lenin
al sottoscritto guardandolo
in una rivoluzione quando è vera
o si vince o si muore.
Così dicendo. Anni lontani,
pietra di polvere già, calpestata polvere, anni lontani
parlava sul ponte
la mano sulla spalla
e come tutto passò:
in una rivoluzione ecc.
La salma nella lavanderia dell’ospedale di Villagrande in
Bolivia.
Tutto si conclude in un circolo.
La verità si unisce
senza forza (o con forza)
– a distanza di anni –
qua e là non sorprende (o sorprende).
La verità dichiara dichiara semplicemente dichiara.
TRENTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Vista col canocchiale la battaglia appariva
lenta e pigri i combattenti che vi partecipavano.
L’azione continuerà – dice il generale – andiamo a
colazione.
I politici non hanno interesse a cambiare il mondo
e le nuove spinte si propagano soltanto in apparenza mentre
risucchiano adagio sopra una
riva sfasciandosi.
Gli artisti, come i politici, non hanno alcun interesse di
cambiare il mondo
il mondo essendo così pertinente alle loro spalle. I miseri,
genericamente
i poveri, gli oppressi
questi hanno interesse di cambiare il mondo
non hanno nulla da rimettere se non la povertà vecchia
quando il mondo con do-
lore si cambia. Eppure una è la verità in questi anni
sessanta, ogni qualvolta
i poveri furono chiamati a scannarsi
per la guerra di lorsignori
puntuali si presentarono giovani con la rosa infilzata sul
fucile
canzoni sulla bocca e
massacrarono
da una parte all’altra
fino
alla
conclusione.
Perché non considerarlo avanti di cavare squallide illazioni?
Dieci disertarono con onore al tempo della grande mattanza,
prima della fucilazione
un soldato pisciò contro il muro per un intero mattino
morì sorridendo maledicendo questa povera Italia.
Chi dice la verità sarà impiccato.
II.
Un paracadutista americano
della 101 brigata preme la canna
del suo mitra contro la testa d’una
anziana donna sud-vietnamita durante un interrogatorio
condotto da un poliziotto del regime di Saigon.
Ci sono i mercanti i galantuomini (per così dire) i ruffiani
i ribaldi ci sono i cambiavalute
altri che non si possono neppure nominare
– tutti in un mazzo –
ci sono quelli che si toccano e gli altri sconosciuti
anche povere donne ci sono qualche ragazzo piuttosto triste
(ingrugnato)
molti che muoiono di fame letteralmente.
Poi: teste tagliate su picche
picche con teste tagliate
e su tutte le picche povere teste sporche di sangue, legionari
in posa, inchieste
televisive un documentario un certo X… che ha incasinato
tutto, questo piccolo
mistagogo.
PARLIAMO DI RIVOLUZIONE
parliamo di rivoluzione davanti a un bel fuoco di legna
– della classe operaia integrata?
– della Russia che si è seduta?
– ascoltiamo cantare il dissenso a un milione per sera
– acquistiamo, poiché si vende, il ritratto del Che a cento
lire edito da Feltri-
nelli che è l’editore dell’america latina come sappiamo:
questa copia l’attaccheremo nel bovindo o in un salotto
sopra le poltrone.
Ormai le differenze fra uomo e uomo sono impercettibili
uno ha fame perché non mangia
l’altro perché vuole dimagrire.
Cappelli uguali e barba sguardi occhiali inflessioni
dialettali omologhe
solo qualche bomba in più
che cade con discrezione.
PRINCIPIA ETHICA
ricerca generale su ciò che è bene.
La rivoluzione deve rifare l’uomo dalle budella
solo allora in chissà quale lontano futuro
dopo aver attraversato a nuoto i sette fiumi delle fiabe
potremo avere un nuovo amore.
Nota
“La rivoluzione deve rifare l’uomo” ecc. in Sklovskij, Majakovskij. Milano, Il Saggiatore, pag. 87.
TRENTUNESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
Lei dice che non si può andare avanti così
impazzisce a dover correre di nascosto
guardandosi nel portone prima di salire
perché le convenienze capisci contano ancora
qualcosa
una signora non può considerarsi una puttana, poi
se l’impara senza le dovute regole mio marito
così ligio al buon nome, inoltre
quando si va per strada nelle sere della Brianza che
fa i tetti di carbone acceso
in questa Lombardia matta
la quale non ha più sangue che corra
la quale è affumicata lercia di una ricchezza squallida
remota
è bello tenersi per mano senza paura.
Biciclette e colori.
(Ecco i gas e i liquidi tossici che gli aerei americani
spargono sulle popola-
zioni, sulle coltivazioni e sui boschi del Vietnam del Sud.
Molte di queste
sostanze vengono anche gettate sui territori della R.D.V.)
II.
Guarda che bel campanile barocco
e la luce su quelle montagne
guarda che luce
ti rendi conto di cos’è la Brianza?
I clacson chiedono strada
alcuni operai su una ottocentocinquanta tranquilli
“il commenda ha sgranato senza fiatare,
ormai con quelli basta una stretta di mano”.
Elp.
Le domeniche gorgogliano verso un autun-
no che è stagione pregiata, tutte di rosse biciclette e di dame
anche agli uomini è permesso
di ascoltare oltre gli anni qualcosa
che li chiama. Nel pugno chiuso. Per un momento.
1) 2/4 – D (acido diclorofenissidoacetico, formula C/8
H5 O3 CL2).
2) 2-4-5/T (acido triclorofenossidoacetico; formula C/8
H5 O3 CL3)
3) DNP (dinitrofenolo; formula (NO2) 2O6H3 OH) gas
di colore giallastro
cosparso sui villaggi per costringere le
popolazioni civili a
fuggire. È letale.
4) TRIOSSIDO ARSENICALE (formula As 2 O3);
prodotto letale, usato nei ra-
strellamenti anti-partigiani.
III.
Ma
tu non capisci la situazione, sei egoista, lontano,
dai un suono di botte, sordo, rimbombi, alle volte
mi fai paura. Perché non ti limiti a considerare
la situazione semplicemente e ascolti il tuo cuore?
IV.
Il mio cuore. Ehi ragazza con quegli occhi neri
sulla terra fresca con una donna straniera
rischiai (d’essere accoppato col coltello
che vibrò con un secondo d’anticipo nel lampo dell’acqua
dell’acqua quell’acqua nera sull’acqua del sole.
Con grazia un poco indecente
tentò di farmi fuori eppure con la luce di bianche colombe
in cielo aveva appena goduto e vedo (ancora)
i suoi occhi affannati da una gioia stanca.
Anni di guerra. Anni. Noi giovani.
Aerei andando nel cielo con le tortore dei cristiani.
Cataste di morti sui campi d’Europa felice fino al mare di
Ilio
imputridivano.
CS (gas irritante a base di ortoclorobenzolmalonitrite);
produce
asfissia, dilatazione delle pupille, è letale)
V.
Biciclette, altri colori, la fine di
un giorno, queste parole conducono
a una noia quieta
ammassi di paglia
romba l’oceano del malanno che
scroscia e ingarbuglia, divaricando, le radici;
questa che è la vita stride
nelle caverne del carso trillano in tal guisa i pipistrelli
una lunga flessibile bacchetta li colpisce ammazzandoli.
Altrove si uccidono in modo uguale uomini colorati
di bianco, i bufali impazziscono
suono di morte di zoccoli
chi alza la testa l’avrà tagliata
il sangue non basta più
frammenti di ossa
le vecchie alla finestra
i topi mordono il calcagno dei bambini.
(Il fosforo bianco è un tipo di fosforo ottenuto da una
lavorazione
speciale. Viene lanciato con proiettili d’artiglieria, quando
esplode
brucia e assorbe l’ossigeno dell’aria sviluppando fino a
1200 gradi di
calore).
VI.
Lei dice che non può andare avanti così
e bisogna decidersi. Se voglio lascia
un marito per sempre e segue il sottoscritto
in capo al mondo.
Dice che non sono più giovane dei miei anni dopotutto
e sente di rischiare con me. Andare
per la Brianza senza nascondersi ora che
sui tetti il cielo si lecca le ferite.
Applausi generali per la società in trasformazione.
Autunno del medioevo.
Qualche sventagliata di napalm.
Note
Guarda che bel campanile barocco… Intervista di Simonetta a Gianni Brera apparsa su Vie Nuove (ottobre o novembre, o forse dicembre 1967. Ma la citazione è esatta).
ecco i gas ecc… Desunto da “La scienza del crimine”, apparso in dicembre 1967 su L’Unità.
TRENTATREESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Dentro al fungo del futuro il
cuore dell’uomo alla città del capo
si ferma non si ferma (può anche non fermarsi)
i progressi della scienza l’avvenire dell’umanità
alta è l’ombra lì accanto del nero impiccato
i neri dagli alberi con uncini
tremano palpitano (intanto) i visi pallidi sul cuore che si
ferma o non si ferma
hanno il canelupo a destra, con il napalm innaffiano il
vietnamita
bruciano l’araba nel deserto col suo carretto di stracci
c’è Dayan dalla benda sull’occhio
questo re alto sul carro
nella tenuta di guerra, duca di ferro, barone di morte.
II.
L’operazione spray in giungle e campi coltivati.
Ciascuno ha la sua porzione di
odio di false notizie di pacchetti
da scartocciare ecc. la lettera della madre qualcosa da
possedere
fall in love again
un figlio partire per una guerra ancora
sotto questo aspetto tutto (ogni cosa che) è uguale alle
passate vicende (sono inezie)
nulla si arrischia acambiare
per la prima
volta.
III.
Operazione defoliante.
Nel 1967 si calcola che circa
un milione e mezzo di acri di terra sono stati trattati
in luglio la Defense Supply Agency
ha firmato con le case chimiche
produttrici trattati (contratti) per 58 milioni di dollari.
Povera america povera america povera america
la violenza dell’america fa paura
la violenza dell’america contro l’america fa paura
non la violenza dell’america contro il mondo
nell’occhio del mondo è la violenza dell’america.
IV.
Dal dì che io era citulo
abbiamo vissuto (proprio strascicando)
dall’anno 1923 all’anno… e
questa italia fa schifo
intanto al lavoro (abbastanza inutile) delle rotative era
legata la nostra vita (1)
lo scrivere non risultava essere un’attività con
straordinarie ripercussioni. (2)
Le parole dei signori ministri dopo le alluvioni
straripamenti frane crolli terremoti concussioni
sono come le ultime canzoni.
Dobbiamo sbarbare il Vietnam
fino alla radice del riso.
Oh il gran vento della libertà
La Cina è un oceano armato? (3)
STAMPARE IN ROSSO (SEGNO DI COLLERA).
Note
(1)Intanto al lavoro delle rotative ecc.:
Majakovskij, Opere scelte, ed. Feltrinelli, pag. 148.
(2) Lo scrivere risultava essere ecc.:
Da un testo dello scrittore della Germania comunista Hermann Kant.
(3) La Cina è un oceano armato:
una frase di Mao.
TRENTACINQUESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Ciascuno con lo scialle, con la ventosa
attaccata alla spalla, magari col fiore all’occhiello,
ciascuno col suo passo
in questo alone di silenzio
e le ellissi, i parabolici schizzi
i colorati microcosmi che danno scintille, verdi asteroidi cascano la notte di sangiovanni
sulla riva di mare arrostiscono carne
giovani che non danno canzoni.
Nebbia dal
solco della pianura
fra casello e casello dell’autostrada
un
Sangue sulla mano
l’occhio è colorato di rosso
fuoriesce dalla schiena questo sangue
schiacciato è un topo sulla strada
è un uomo
dall’alto precipita
annega nel mare (che dicono insonne) l’uomo
una petroliera arenata sulla (contro) la spiaggia del nord
cascano sopra il ghiaccio la notte di sangiovanni
un fuoco brucia foreste
di napalm, scattano trabocchetti
alcuni s’immolano sulla pietra sgozzati
contro i tronchi la scorza dura c’è sangue
altri vivono nelle tombe
sfuggono le città
dicono che torrenti di fuoco corrono sull’acqua dei fiumi.
II.
La battaglia d’estate nelle vie di Belfast.
Petali mescolati a
nuvole cariche stri-
sciano contro quel cielo che si
protende… e
Mini-Morris Innocenti
ora il comando del cambio è a leva
corta centrale
il raggio di sterzata o ridotto a m. 4,25.
Il guanto ferrato collocato fra una rosa e uno specchio
si assiste al massacro davanti al televisore
che caldo nella stanza!
l’informazione è immediata
apriamo le finestre è vero caro? così
si celebra l’anniversario delle nozze
sull’uscio riconosciamo la ragazza del figlio
aria di fradicia erba di ghiaccio pesante un inverno alle
porte.
Dall’ora x all’ora y
ciascuno dandosi il caso che
possa (debba) scoppiare un ordigno
non osi ardisca uscire per strada ecc.
È sottoscritto.
Con questa ingiunzione l’autorità
che ci governa (provvedendo per noi)
bada alla nostra incolumità.
Si sa che i potenti
sono solleciti di tutto e
amando l’intera umanità agiscono di conseguenza.
III.
La battaglia di primavera sulle vie di Cholon
nubi andavano strisciando nubi contro
l’orizzonte che si tende (nuages de Provence)
un cadavere nella strada coperto
da un giornale –
il ragazzo in motocicletta si ferma
solleva il foglio riparte
telefoto d’agenzia.
Tramonto di Eisen und Blut
così efficace in rotocalco sulla prima
di copertina (oh direttore)
tutto il rosso che brucia
sullo sfondo figurine fuggenti sfuggenti
di uomini magri. Rifilare in cima.
TRENTASEIESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
Quando finiscono le ragioni cominciano le spade
d’altra parte il mondo è anche nostro questo che si consuma
passano i minuti
l’attesa con pazienza
le unghie morsicate
quel respiro il rumore del ventre
fra poco si volterà
così concludiamo la serata.
Spettatori da una finestra
additiamo ombre e i soli additiamo
questa vita è la mia la tua è nostra questa vita
se essa si consuma con noi, dentro di noi, per noi
altri si consumano con noi ecc.
e il vecchio che si aggira può
mettere ancora se stesso dentro alla strada di un mare.
Tutto accade (se questo atto si compie) a chi parte.
II.
È giusto considerare le cose fatti avvenimenti
le varie circostanze e discutere
se la violenza può ancora modificare (adattandolo) se essa
può cambiare il mondo se può cambiarlo o se
triregno e spada
nel rigoglio del suo viscido umore nel suo sperma, se essa
non è solo la nera matrice
dei fiori mostruosi di questo secolo d’oro in pugno ai
dannati.
Si parlerebbe per giorni sul fatto
di documentarsi, d’agire
e come bisogna… adesso che tutto ha un principio e che
ogni cosa corre alla fine.
La musica non è cambiata.
III.
Pilota di guerra i giorni delle celebrazioni
drappi alle finestre (strappati) le voci corrono
uomini immobili e la benzina che brucia.
La studentessa liceale sedicenne Amelie X è violentata nel
centro
di Parigi (rue Moliére, rue Villon, place de l’Opera) quattro
volte sul
camion dei poveri figli del popolo di Francia
tutelatori di un ordine, l’operaio Gaston X di anni
ventiquattro è steso con un colpo alla schiena dai
sopraindicati imbianchini, porte sfondate
quella faccia l’orlo degli occhi il giallo
nei capelli le voci (urlo) mani (le)
quello è il piede le labbra è così il colore
colore di questa violenza tale è odore di morte
porte spalle moschetti degli assassini.
Lo stesso silenzio
silenzio
questo è il silenzio
IV.
A Jena il crudo inverno o splendeva la rosa?
Hegel guarda passare l’armata di Napoleone.
TRENTOTTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Dentro a determinate circostanze
– l’usura monetaria, la crisi del dollaro
l’alternativa periodica fra alcuni compensi
o un rifiuto decoroso (sistematico)
tu che hai il
fiore in bocca e gli occhi anche sbarrati così
ho ascoltato abbastanza
(il viso la faccia quel segno, ferita, lungo
il labbro) una specie di
ghigno che delude sempre, anche il sabato sera.
Nessuno può interferire nella volontà
del singolo se costui si dispone
a ottenere alcune oneste agevo-
lazioni durante il viaggio verso la morte
che, poi, non pare molto lontana. Quali
(altre cose non occorrono o funzioni speciali):
UN GIOVANE CON UNA FORMAZIONE
CULTURALE VIVA E PROFONDA.
FATTA NELL’UNIVERSITÀ, FORSE.
O FUORI.
COLLABORANDO A RIVISTE, SCRIVENDO
PER ESPRIMERE QUALCOSA.
COMPRENDENDO IL CINEMA,
LA TELEVISIONE, E GLI ALTRI MEZZI
DEL COMUNICARE.
UN GIOVANE COSÌ POTREBBE
DIVENTARE COPYWRITER, DA NOI.
SCRIVERE A: YOUNG & RUBICAM ITALIA
MILANO, PIAZZA DUSE 2.
II.
Tutta la questione fu delegata al magistrato
il quale è persona incorruttibile
l’indipendenza della magistratura dal potere politico
essa è vindice e sovrana
giudica colpisce
inflessibile
sempre
(e integra, dicono).
Il magistrato esaminò le questioni delegate.
Quando è notte puoi pensare che
la legge è uguale per tutti
è uguale per questo e per quello essendo
questo assolto e quello condannato
per lo stesso reato
(ma la notte è profonda).
Poi c’è il delitto d’onore…
il magistrato che esaminava le questioni delegate
firmò il decreto
poiché la legge è vindice e sovrana
giudica colpisce
inflessibile
sempre.
Spalancò indi la finestra il magistrato
guardò il cielo notturno
i sovrumani spazi di là da esso – Sirio in cielo e
nel (in) cielo navigavano anche le pleiadi
colombe strane con ali infuocate volavano in cielo
canti di donna s’alzavano
essendo che
la notte era fonda e inteneriva.
Egli disse che l’ora (quell’ora) gli sembrava struggente.
Andò a dormire.
III.
Non ci sono novità (ancora).
Guarda il selciato su cui i cingoli hanno inciso lavorato
spellato
o la miniera (quella miniera) chiusa, una semplice forma,
vena che non produce
infine le cose tutte uguali a cento esempi che ogni uomo
conosce.
Guardala (anche questa vita) col vizio del dolore paziente
quando il ricordo la scuote (è certo)
o i dubbi che tagliano col coltello da potatore e sfuggendo
alla mano feriscono.
Tutto questo è lontano ormai.
Anni quaranta, cinquanta, sessanta, settanta.
(C’è altro? Non molto di più. Qualcosa.
Alla salute.
Invece, alla salute).
Radicalizzare la lotta, bat-
tersi per battersi, portare tutto anche i cavilli i det-
tagli alle estreme conseguenze ecc.
Quando si racconteranno…
soldati morti ceneri buttate e
come nelle fosse comuni stavano uomini sconosciuti.
È finito il tempo dei maledetti profeti.
Crivellato di colpi il mondo…
I bei discorsi interessano
ma non incantano più.
La domanda è: ma poi?
In questi termini.
TRENTANOVESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
L’UOMO, IL SUO SUCCESSO, VICTOR
LA SUA COLONIA CLASSICA
VIBRANTE SPORTIVA.
UNA NATURALE, GIOIOSA FRESCHEZZA
UNA SENSAZIONE ESALTANTE
IL SUO SUCCESSO… LA LINEA MASCHILE.
la base sperimentale di Dugway
lavora (si è lavorato nel 196..)
a un progetto inteso a trovare
un metodo per provocare epidemie
con il virus dell’encefalomielite
equina venezuelana –
fra i microbi immagazzinati
nel forte si trovano gli agenti
della peste polmonare, una
varietà più mortale della
peste nera che nel medioevo
uccise un quarto dell’umanità
e la tossina botulinica
di cui bastano 30 grammi opportuna-
mente diffusi per uccidere
60 milioni di individui
Charlie from Cardif
letterato
se la porta al week-end, si siede e scrive
con Valentine sul prato.
Ciascuno di noi può contare
su un (meritato) giorno di gloria
– un giorno almeno –
può in tal modo tacitare
l’inquieta coscienza, la voce della moglie
il pianto (agrodolce) della madre
– perché si viene al mondo? –
noi che viviamo
aspettiamo e vediamo.
La gloria della nazione
anni ’70
Ordinamento scolastico (medio e universitario)
ordinamento ospedaliere (psichiatrico e normale)
ordinamento carcerario
ordinamento urbanistico
Sì, tutto questo è scritto sull’acqua
Emigrare
spellano fucilano, niente rivoluzione
tasso bancario
esodo di ferragosto
autostrade autostrade autostrade la
magistratura indaga
CBW (guerra chimica e batteriologica).
QUARANTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
“Perché, Giovanna, ora
voglio mostrarti quan-
to sono malvagi quelli
che compiangi. E quan-
to ti sbagli”.
Brecht
I.
(dunque dal contadiname ignorante
e retrogrado si staccò il proletariato
per cui si vennero a costituire tre
caste: la borghese, il proletariato e
il contadiname.
In quel giorno una tale epidemia ed un tale contagio…)
Nessuno ha scritto la storia dal basso
del proletariato contadino (moderno)
nessuno ha mai contato uno per uno
la lunga schiera con nome e cognome.
Lontano è il mondo da chi vive nel mondo.
La solitudine è anche battagliera.
Né si può credere alle disgrazie.
II.
Così, un intermezzo di rime.
Città lontana vista attraverso gli alberi
con tutte le mura intatte
essendo antica,
le fontane di muffa acida e verde sul mattone
delle porte sconnesse. Sopra le case un fumo.
Pellegrini mischiati a mercanti e ai ladri
i cavalli dall’occhio rosso e nero
il sole li cospargeva nel tramonto di polvere
– arrivano arrivano arrivano
questi meravigliosi ricettatori notturni.
Ora c’è chi scaglia l’attrezzo a cento metri
misurando con acume in franchi e lire
un credito e il debito; ha la strada alle spalle e
il livore (d’ottobre) della nebbia
un altro; oppure davanti al fuoco tv con la sedia di legno
nella balla di paglia il mobile
salvarani il frigo
ignis la marmorizzata
triplex
e intanto dalla paglia palazzi ammucchiati nell’ombra della
foresta
in una notte crescono
– incrinamenti refusi squarci i lunghi pianti
i giornali, il solco delle vene; le fughe che inducono quasi
quasi sempre a un ritorno.
Poi (lettera recente di un soldato forse alla madre)
“…mi hai visto anche
una volta diventare bianco morto
ricordi quella volta al sud e
sento addosso la tua mano che scalda quella che trema la
mano che bagna
la tua mano sulla fronte ed è viva. Ho cominciato a uccidere
un poco per volta e così
si vince, la paura di vivere vivendo in tal
modo, in tal modo uccidendo. Ma chi uccide, si uccide.
Doma-
ni dunque parto non posso dirti se ritornare è possibile”
(risposta della madre)
“se ti è possibile prega un poco o forse pensa soltanto
o abbi di te pietà un poco
perché tu possa, volendo, diventare migliore.
Qua tutti ti aspettiamo”.
III.
Orlando mette una pietra sotto la testa di Ferragut stanco
(Venezia, Bibl. Marciana, Cod. Fr. 21)
e tale atto molto silenzioso
conferma con oro e scuro cielo un’amicizia
almeno ciascuno potesse a suo tempo avere
quella mano per il sonno che è uguale.
Se questo avvenisse,
nelle ore che conosciamo.
Intanto declamiamo
IV.
La crisi della generazione sartriana
La visibilità è buona il cielo chiaro
ripeto
la visibilità è buona il cielo chiaro.
Evviva Garibaldi ma abbasso la leva.
La logica delle cose
è più forte della logica degli uomini.
Dicono se questa battaglia sarà perduta
noi (tuttavia) avremo imparato a combattere.
QUARANTADUESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
A Torino il fatto che
un letto è affittato
tre volte al giorno a tre immigrati meridionali
con turni diversi nella grande fabbrica orgoglio della
nazione
è naturale.
lo poi non ho motivo di lamentarmi
dormo nel mio letto
leggo le gazzette a letto quando è sera, disteso
fumo anche il mio sigaro dopo il caffè
intanto calcolo che un letto bene amministrato
a Torino sabauda rende fino a
centomila mensili e quattro letti
in tale stanza (o locale) ruotando sul sonno
naturalmente scomposto di questi cafoni i quattrocento
mensili.
Battiti pietra demente.
Le saette stridono
le saette non inceneriscono.
Si può leggere altro in un tale giornale
del giorno medesimosuicida a Moncalieri:
forse Concetta De Nitto è
stata travolta dalla dura spietata esistenza
che a soli diciassette anni
doveva condurre? da tre anni veniva
importata dal suo paese. È un caso
comune, di ragazze come lei
nei campi di Moncalieri e a Nichelino
se ne trovano a decine. Salgono al nord
verso la fine di marzo, state
in precedenza contrattate con i genitori
fissato il prezzo per i nove mesi
da trenta a sessanta
mila lire al mese
nei campi a curare gli ortaggi
lavorano dalle prime luci dell’alba
al tramonto. La sera si ritirano in
stanze che generalmente
sono un buco di pochi metri.
Colossale vendita fallimento
un macchinista cade dal treno
anche l’elettronica per combattere la delinquenza
massima
minima
La TV non funziona?
ALL’AMBIENTE IN CUI ERA STATA VIO-
LENTEMENTE TRAPIANTATA
Nebiolo per Pigmalione
FORSE CONCETTA DE NITTO
QUARANTATREESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Questo cielo di Tiepolo e anche questi semigelidi venti
erbe che scuotono fischiando
sembrano bruciate
ancora legni molto simili (così uguali)
alle tavole di barche abbandonate fra
dune sterpi nei silenzi dell’Adriatico (o erano)
oltre l’avvallamento
calanchi con i rilievi che tagliano
tutto naturalmente scomparve ma
prima in questo cimitero della montagna
cercando il nome di una donna (di una vecchia donna) in
rilievo
sul marmo – entrano anche le pecore a brucare rapidamente.
II.
Essere pazienti davanti alla verità.
Oggi i filosofi giudicheranno il servo pastore
mentre dorme il tale signore dopo l’avventura
per i calanchi con i rilievi che tagliano
su giù per una sola luna conclusasi la vicenda con
“addio, prendi le mille lire”
addio col mitra alla schiena, addio a te pastore, la polizia al-
le calcagna, il fiato grosso, finito come doveva.
Nella terra calano i morti
i vivi splendono se possono risplendere. Tutto è oro.
III.
Il mito della piena occupazione.
Si ha, tuttavia, motivo di ritenere
che la disoccupazione effettiva sia
alquanto più alta.
Può capitare, infatti, che certi soggetti
cessino di figurare fra le persone
in cerca di lavoro perché
avendo perso ogni speranza di trovarlo
hanno cessato di cercare
scomparendo così dalle stime ufficiali
(della disoccupazione).
Questo non significa però che, potendolo,
non preferirebbero lavorare.
IV.
Sei in una città
in una città, è sera e
questa città chiude le porte le case la casa all’
alba questa città apre le porte
le ciminiere fischiano sui bambini nei giardini
alcuni treni dal sud, il tanfo del freddo, l’incubo e quegli
occhi che sentono.
V.
Un ragazzo siciliano emigrato
al nord in cerca di lavoro è
stato trovato a Cantù dai ca-
rabinieri, svenuto per la fa-
me in mezzo alla strada. Dopo
aver vagato di città in città
e di azienda in azienda in cer-
ca di lavoro
il sedicenne era ridotto alla
disperazione e non mangiava da
quattro giorni. Ascoltata
la sua storia, i carabinieri
non hanno potuto fare altro
che rispedirlo a Reggio Cala-
bria, in un istituto di riedu-
cazione dal quale sem-
bra che fosse fuggito. A che cosa
poi dovranno rieducarlo
VI.
SI AFFITTA APPARTAMENTO NON A MERIDIONALI
QUARANTAQUATTRESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Il fisico teorico è un giovane di trent’anni
davanti alla lavagna (per la televisione)
col suo gessetto tratteggia la parabola dei missili
a testata nucleare indica
il luogo (probabile) d’impatto fra il missile che attacca e
l’altro
esso pure che parte alla difensiva – in un luogo dello
spazio a circa venti chilometri dalla terra devono pure
scontrarsi dice e dunque
qui e qui e qui dove segno la croce. Grazie professore.
Ciascuno ha proprie deduzioni assomma cifre
in taluni momenti fatica intorno a conclusioni generali
rivolgendosi al passato (prossimo) al futuro
(che può essere oscuro) o guardando con qualche cautela le
piaghe del presente.
Altri più semplicemente, come si è visto, si dedicano alla
difensiva.
II.
S’accorge d’essere ancora una volta un povero
seduto sulla paglia egli conta i giorni
mentre vede oltre la finestra le grandi nuvole di giugno
correre verso il mare.
Quando è sera pensa anche alla morte.
Eppure ognuno cura le ferite, questo
lurido infetto bituminoso marchio
che segna le spalle
tutti gli sbagli (pagati) e con quanta rabbia
consumata inutile;
eppure a conclusione (magari di una giornata) si deduce
senza gessetto con i riflettori spenti
che è giusto vivere così
perché il tempo cambia le piaghe in oro, in sorprendenti
malinconie che si traducono in un fervore sconosciuto
e ognuno dal suo cantuccio dove
la noia può alle volte consumare
intere settimane s’alza come un lazzaro guarito.
Addio addio monti sorgenti dall’acqua
L’eurovisione mi porta a Dublino
domani siederò nella stanza di Joyce.
Chiuse le porte ai creditori.
Maledizione agli astri avversi per i nati
sotto il segno dell’acquario, oggi non è
dicono giornata di traffici, diffidare
dalle amicizie improvvisate, ne è giorno
per azioni violente.
III.
Eppure no. Contiamo sulle dita.
Nella stanza accanto un uomo dalla voce grossa
impreca con angoscia. Qualche lacrima cade.
Una donna lo supplica, più ferma nella voce
e più sicura in questo improvviso sgomento.
Al sesto piano c’è dunque la tragedia
tra Ofelia .savia e un Tindaro lacerato.
Passano le ore passano
sul silenzio nella notte pauroso
fischi di treni.
Quando si pensa ai figli e come sono migliori di noi
quanta libertà c’è in essi e come sono diversi.
Non arrendiamoci.
Poi viene un altro inverno.
Incominciano gli anni settanta.
QUARANTACINQUESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
Li seguiva un canto quando
scendono dal treno tutti insieme
– così truccata e
con quegli occhioni azzurri piccini –
s’aggiunge l’eccezionale prestazione
del suddetto funzionario (accompagnatore):
intelligenza, iniziative intense,
proficuo tempestivo,
coraggiosa franchezza,
livello dunque in senso assoluto e relativo…
Prima della luna e dopo la luna
andandosene in giro mezza nuda
o tutta nuda, nuda intera tanto
che quella cosa “mi ha disgustato”
ma lo fece per sfregio.
È orribile eppure meraviglioso.
II.
I bocciodromi sotto gli alberi, lontani lontani persi
congelati.
Per lo più sono vecchi chinati (inclinati)
con questo legno in mano, palla di legno
e schiocchi, fraudolente misure
si cava via il fiume con gli occhi grigi il vapore
e i silenzi di quelli che guardano contratti sperduti isolati
soli.
Altrove con la vocetta di capra
Joan canta poesie vittoriane
su quella grande america senza vestito
ed essa con altro vestito è andata a pren-
dersi l’oscar e per sfregio
mezza nuda tutta nuda, nuda intera tanto
che quella cosa mi ha disgustato.
III.
Pane della confusione è moderna:
“Quando dagli oscuri macelli del passato
terribile spettrale levò la prima volta
il capo la sfinge della metafisica”
dolce notte senza allegria
serata per una moglie allegra – e così notte dolce senza
allegria
poi lui è ormai in putrefazione con
la ciocca che pende.
Come un amore che sia finito per sempre.
Ma era finito, già questo
è il tempo per le ciliege sì questo
è davvero quel tempo quando canta il martino
nel suo cielo nel limbo di quel cielo
e tutti addormenta. Perdona il paragone.
Stringi, compagno, stringi.
Guerra di Spagna, basco, un suono
(anche) d’organo, mitra-
gliatrici, è Bach, i lamenti, applausi,
questo era il popolo,
si siede fra le canne di metallo diritte
prima tace ascoltando poi dice Compagni
l’unità nella diversità
Cos’è rimasto? è rimasto ben poco.
QUARANTASEIESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
I.
CALCOLO, SOMMA. CONCLUSIONI.
Aldilà del o di un cancello il cane da guardia
ATTENTI AL CANE
il giardiniere chino sulle piante
con forbici e anche i calabroni
mentre uno dice la sostanza dell’essere
non è quel rosso che si gonfia
odorando di mosto acido tumefatto di muffa
gli occhi azzurri per una certa densità indeterminata
chi mi aiuta? chi mi aiuta? chi mi aiuta?
inoltre l’acquisto dell’area non ancora lottizzata
è un investimento eccellente
l’agricoltura ha ridotto all’osso
il proprietario, metterci denaro
è da merli (considerate invece che dopo Jesolo la zona…
crescono ville sul terreno regalato dal comune
a dolcissime ragazze a giovani di fama
i quali… più giù gli altri hanno il nome nel gotha
finanziario) le ventate
del mare dalmata con schiuma in un filo che
non finisce, la bellezza nuova di queste sognate tragedie
intorno a signore pazze nei castelli-dirupi
stanche soltanto in una immobilità di polvere.
Sul mare.
Appoggiarsi all’ala secca di tali uccelli per potere
volando anche strisciarvi
odorare il riflusso acido, ripo-
sare così, l’acqua si muove e chiama chiama
dunque bagnarsi per sempre, scendere in un
fondo di mare senza sonno.
Com’è lunga un’estate.
C’è un alto cancello con le punte che feriscono, altra casa
un recinto sgretolato e ancora
una villa con piante di alto fusto
nessuno vuol disturbare.
Nessuno vuol disturbare.
QUA LA NATURA È ANCORA STUPENDA INTATTA
OGNI CONFORT MODERNO
aber jetz kehr’ich zurük an den Rhein
in die glückliche Heimat.
Ma adesso io ritorno sul Reno nella mia patria felice.
II.
Ritornare dove? da chi? dillo tu se
III.
Dobbiamo innanzitutto documentare con freddezza
(non con la disperazione che un tempo
nasceva dall’osservare
bensì con la frenetica temperanza
che viene dall’ottenere le cose lungamente sperate)
uno sfacelo.
IV.
Degradazione consumata e collettiva
Pianificazione urlata
Le case sventrate e quella casa così ritta nel deserto
La nostra società è marcia marcia marcia fino al midollo
CINQUANTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(Esecuzione di un piano)
I.
LETTURA DI UN GIORNALE, VEDUTA DAL
FINESTRINO,
QUALCHE PERSONALE PENSIERO, DU-
RANTE UN VIAGGIO NELL’APRILE DELL’
ANNO SETTANTUNO
quali sono allo stato attuale della scienza
le armi A B C ?
Quelle batteriologiche comprendono tutti
i virus passibili di provocare un’epidemia.
Nonostante il velo del segreto militare
si sa che le ultime ricerche mirano
soprattutto a inventare, accoppiando
acconciamente ceppi virali diversi,
malattie ancora sconosciute fra gli uomini
e quindi tali che non esista contro
di esse una terapia efficace.
Non meno vasta la gamma
dei prodotti che potrebbero agire chimicamente
II.
treni appaiati con le canne puntate nel freddo
membri di gesso arrugginiti fra
l’erba. Fra l’erba ci sono le foglie di questa primavera pa-
dana che si consuma /METALCA-
STELLI, TAVONI, ORTI/ orti dimezzati con
piccole case, ci sono i fiumi che
sembrano le scogliere del nord, quelle case
abbandonate DUCATI/MICROFARD e l’ultima
nebbia che fuma che sale risale che avvampa che brucia
con-
suma tutti gli oggetti del mondo
III.
il processo di Boston
considerazioni sul caso Spock
il movimento per la pace
un signore seduto legge un libro (ultimo uscito) di
con attenzione, segna a matita d’oro
i versi memorabili di questo poeta
da ricordare – un
pescatore solo nell’acqua legato al filo
le case nascono intorno
altre con tale furia decadono
trafitte, putride, semplicemente inutili. Un
un vecchio (è) seduto davanti alla porta
campo senza alberi
alberi
guardatelo e guardate
guardate davanti guardate alle spalle
guardate una fodera rovesciata
rovesciata la tasca, il bavero rovesciato, guardate
anche il paio di braghe.
Così dovrebbero essere le funzioni svolte con attenzione
con un docile amore
con parsimonia da contadino, invece
non è, poiché (sempre) il pazzo che giudica
può (deve) restare sull’alto sedile seduto
aquila di giustizia aquila di marmo aquila
abietta infetta contraffatta (e quello stridulo dettato).
Guardate le occhiaie del povero uomo distrutto
IV.
era
e nevica nevica nevica la domenica di quell’anno di poi
difficile evitare l’usura del tempo (questa neve)
sopravvivere a se stessi (è facile)
difficile con se stessi vivere in qualche modo
ciao caro amico e ciao a te come stai e tua madre?
era quel tempo, tu sai come, addio
ciao caro addio.
Si allontana e il suo passo
ombra è di prati bruciati
la faccia dell’antico compagno
ha un’ombra di quiete
– la città che attraversiamo è pacifica
V.
Tokyo, battaglia all’università
un esercito di novemila uomini
ha dato l’assalto all’università di Tokyo
nel tentativo di far desistere gli
studenti dall’occupazione dell’ateneo.
Ieri lui c’era (voglio dire esisteva)
poi allontanato sfuggito al
carico della famiglia alle
terribili piaghe della vita sociale
è finito per tempo
uscito in un affabile modo
pallido in viso al canto del gallo
perché nel ricordo era giovane sempre
e i coetanei pesantemen-
te dentro all’occhio del tempo invecchiavano.
Che anni erano e quante voci di voci
anche tu ragazzo e sopra noi pendeva
la stessa neve e sotto la neve bianchi nel giuoco
si restava in un crocicchio a parlare
resta in lotta con te stesso
l’uomo può tutto o può nulla
dunque che vita è questa
che pone dispone propone
ineluttabile (intercambiabile) fra
il consenso di determinate persone
essendo che ognuno può secondo l’ordine
essere un povero triste o un triste perverso?
VI.
Il terribile Babono era colui
defenestrava amici e nemici
piangenti le ragazze anch’esse uccise
terrorizzava tutta la città;
vennero per fortuna tempi migliori
fra uomo e uomo era anche un dare e un avere
si compativano gli errori
si apprezzavano soprattutto le qualità
(se sapessi disegnerei qua la donna, quella donna
in una stupenda gamma di colori rosso antico
ma poiché reagisce sempre in questo modo infame
occorrerà soprassedere.
Amata mia amata amata mia mia
amata
soprattutto ti amo;
non è freddo questo silenzio?)
VII.
inchiesta sulle leggi repressive in Europa
la soave natura laggiù con quel filare
di canne (alcune)
sciacquio d’acque così azzurre
e talvolta) tremule (tremolanti)
ma soprattutto c’è
nel cielo a perdifiato
un mormorare un respirare certo un respiro nel
filare di pioppi che si piegano
scivolano lame scompaginate si sfasciano
volando uguali i pioppi nella gloria vana di un sole
– signori con cappello di ferro
mormorano proprio in quel fuoco di battaglia
e talvolta uccidono
– è rossa anche la morte
– ci sono cose che gli uomini temono
più della continuazione del male
– e altre cose ci sono che i giovani
non possono sopportare
(il celecanto: grosso pesce superstite
da epoche antichissime: 70 milioni di anni)
VIII.
Vacanze magiche sulla “Leonardo”
a bordo della “Raffaello”
dopo le serate al night lo
spuntino di mezzanotte ricco di prelibatezze;
chiedeteci una crociera Siosa
chiedeteci la crociera Jolly
chiedeteci
qualsiasi porto di imbarco e scalo
località considerata tipo di sistemazione
dolcemente in Corsica
se avete un week-end o qualche
giorno di vacanza non divideteli
più con la folla
(crossopterigi: gruppi di pesci
arcaici da cui sarebbero discesi
tutti gli animali terrestri
compreso l’uomo)
non più con la folla, scegliete chi
più vi piace – poche ore da Genova un’isola speciale
da scoprire.
Sarete voi e il mare.
CINQUANTUNESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(I Longobardi erano uomini)
I.
Società Generale Immobiliare.
Facciamo case. Magari la vostra.
Si possono costruire intere città
senza tradire la natura.
Costruire per noi è amare la natura.
Non certo distruggere la natura.
Così come per voi amare la natura
è desiderare una vita nel verde
tra gli alberi e sui prati.
Nei prati dove il verde si perde.
Perciò per noi un albero abbattuto
è una casa che è riuscita male.
Per questo le nostre case sono nel verde sono nella vita,
per questo le nostre case sono nella natura,
quella vera. quella di un mondo felice.
Così, forti del passato (come si dice)
faremo sempre meglio nel futuro.
Tra il verde. Per un uomo felice.
Questi sono i nostri uffici in Italia.
Abbiamo molte case per voi e
molti recapiti sparsi.
II.
Una notte a Leningrado
la Neva era pelata ma io
camminavo con Puskin (da riprendere)
Paesaggio dopo un bombardamento
(descrizione a colori).
Sul filo spinato elicotteri bassi
forse al confine della Cambogia.
Un antico ponte è un ponte di legno bruciato.
L’acqua chiara fredda scotta.
Ramo di un morto che galleggia.
Per la strada accampamento buio.
Stasera ho letto:
ciò che so di una rosea pelle di mela.
Il secolo è sovrano;
in giardino mi ha morsicato un serpente
perché le cattive novità
sono dal regno di danimarca.
Così nel sonno per mano di un fratello…
Ma dove vuoi andare
se da Roma a Milano tanto per raccontare
sono tutte case
(esclusa la maremma però lottizzata
e in fase di sviluppo)?
Guardo una finestra spalancata.
Fra l’uscio e il muro
ascolto una profezia:
non c’è più sole
ma non è ancora tempesta.
III.
I Longobardi erano uomini.
Accade che Teodorico di Verona esce
a cavallo (è un uomo armato) da acque
di un Busento, esce da acque
fresco rosa liscio levigato
di sole. Esce. Col suo cavallo alato.
Via per le acque va.
Via per pianure e per strade.
Su per città, via per
questa terra che muore frana
irrimediabilmente condannata
da un’agonia. Basta guardare gli uomini.
Va Teodorico dal Busento via.
Va Teodorico re di Verona via
e nevica stasera. Nevica con folate di gelo,
nevica e un velo sbatte sul. mondo.
Teodorico sopra il cavallo va
dal fiume Busento alla città di Milano.
Poi si dirà quanta vita è perduta.
Poi si dirà quanto è secco il grano
il grano che si raccoglie sulla mano
il grano per il pane.
Questa è l’età non dei lumi ma di una lunga fame,
sole e nebbia dentro al fiume degli anni.
Altre battaglie accadono.
I Longobardi erano uomini.
Tutti hanno messo su pancia.
La ruota e ferma. Immobile è la carrozza.
Il treno blindato è all’esposizione
sopra pannelli di cemento
in vetrate di ferro; fuori ci sono panche
donne con fiori
ci sono anche chitarre e l’avviso sulla guida
della città.
Mi informo sulle Pagine Gialle
se c’è un angolo della terra
un contadino che zappa sotto un albero e
se c’è un angolo della terra
una partenza di treno.
Se c’è in un angolo (non troppo lontano) della terra
un inverno senza neve, un fiume senza rete.
Un cane che guarda da una porta la pianura che imbianca.
Mi indicano la riviera
dove tutto è esaurito
dove i prezzi sono alle stelle.
Là è meglio non andare
È più economico restare e lottare.
CINQUANTADUESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(Quattro rapporti)
I.
Lo scontro somigliava al fuoco.
Rapporto uno: del sentimento.
Per modificare le norme
procedere sull’Aspromonte non tacere.
Procedere secondo coscienza.
Altrimenti tutti mendicavano
l’alibi dentro una regola
e con un filo d’erba fra i denti guardare
i furori del cielo così fondo.
Tu hai la mano calda hai un cuore che
ascolta ad ogni ora
una rabbia spaccarsi a vista d’occhio sul mondo
mentre il paesaggio è modificato
per via di ruspe per via di misteriosi respiri.
Potenza della memoria.
Nati ieri siamo già pronti a morire?
Ascoltiamo con forza anche i nuovi passi salire.
II.
Lo scontro somigliava al fuoco.
Rapporto secondo: della città.
La città è un albero di case con dodici frutti
sono larghe lunghe profonde trecento chilometri
da costa a costa si contano sulle dita
hanno sangue e colli decapitati,
schiocchi di vento di ferro impigliato fra i rami
urlano
mentre l’ombra del camion finisce nell’orto.
Il cedro licio è abbattuto dentro il giardino lottizzato.
Le prime nebbie trascinano macchine in panne,
vicino all’ippodromo i cavalli passeggiano adagio.
Sull’ultimo lampo del giorno esplode un aereo.
In quel preciso momento
il vecchio di ottant’anni morirà solo
nel letto d’ospedale
attraverso la finestra
guarda l’acqua di colline lontane
in quel preciso momento il ragazzo
vola via sull’asfalto contro l’albero ingessato,
in quel preciso momento
un uomo parte con la valigia
in quel preciso momento una ragazza piange dopo un sonno
triste
in quel preciso momento le prime luci si accendono.
III.
Lo scontro somigliava al fuoco.
Rapporto terzo: della prima di dieci verità.
Il paesaggio è delineato nel graffito di gesso
inoltre l’aprile viene
con le spazzole di rose incombenti.
L’imbianchino di quarant’anni crolla sul pavimento
dentro al cortile lungo il corridoio
col cuore aperto a colpi di becco da un avvoltoio.
Ha pranzato ha cenato ha pianto insieme alla morte
che prima era leggera
poi si è trasformata in violenza
poi ha cavalcato anche il suo dorso piagato.
Lei era il calcagno di una cavalla
sbatteva un fiume di giallo e furore
la morte vibrava zenzero e filigrana.
verso scia il fuoco cessò.
L’ombra si sparse ed era cenere.
La città chiuse le porte.
Gli uomini si contarono.
IV.
Rapporto quarto:di una conclusione.
Un secolo più tardi Filostrato
affermò che c’era una sola differenza fra Nerone e Tiberio:
il primo aveva apertamente praticato la violenza
mentre il secondo l’aveva velata
sotto le apparenze della legge.
Trenta milioni di italiani emigrati
negli ultimi cento anni,
i problemi dell’emigrazione saranno discussi
domani
a Roma
alla prima conferenza nazionale.
Trenta milioni di italiani.
Prima di emigrare imparare le lingue e
grazie patria mia
grazie per questi cento anni patria mia
grazie eccellentissima eccellenza.
Il frammento della pietà Rondanini è in Svizzera.
Bisognava provvedere all’ordine pubblico.
Gli opposti estremismi?
Aumentare la polizia.
Grazie patria mia.
Le prime luci si accendono
nelle case dei contadini.
CINQUANTAQUATTRESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(Possono essere di danno coloro
che lamentano certi mali
senza nominare le loro cause eliminabili)
I.
POSSONO ESSERE DI DANNO COLORO
CHE LAMENTANO CERTI MALI
SENZA ELIMINARE LE LORO CAUSE ELIMINABILI.
II.
Nube di nube, nube nella nube, la nube è nube, nube è
quella nube. È una nube
nube, la nube. La nube si alzò sulla pianura e tutta la
pianura si bruciò.
La nube la prese prigioniera. Mai più la pianura osò
dichiararsi pianura, mai più la città cantò
per paura di quella nube
che era un’ombra a coprire la pianura.
Non importa se la città ha tanti cuori
sugli occhi e sulle mani; anche gli alberi, zac!
sono stesi per terra. Bruceranno domani.
III.
Per colpa della nube Dylan è un vecchietto che vive
nell’ospizio dei ve-
terani.
I ragazzi del ’68 alla sera sul prato portano i cani.
Un dirigibile ha planato sul lago Trasimeno e
lì si è aperto mentre moriva sull’acqua.
A molti la voglia di vivere viene meno specialmente la sera.
Una donna per cinquemila lire
legge le righe della mano;
una, la linea più corta, è tutta nera.
Nella stalla il reduce della guerra di Russia piange
guardando la televi-
sione
perché gli uomini non ricordano il suo nome e la pratica
non è evasa.
La pensione non arriva e sta per crollare la casa.
Poi c’è la nube.
IV.
La nube del Settantadue.
Compare nelle poesie orfiche una dea
notturna chiamata Babo
che ha la figura lunga e la consistenza di un’ombra.
La nube del Settantatre.
Compare nella Martinica
la razza de I beché ovvero quella dei grossi proprietari
così chiamati.
La nube del Settantaquattro. Le figlie de I beché
vestite di bianco
raccolgono i fiori fra l’erba in ogni parte del mondo e i servi
neri le seguono con orme di volpe.
I servi lavorano l’oro, non conoscono il mare.
La nube del Settantacinque.
Ogni uomo deve scegliere e non dimenticare.
La nube del Settantasei.
Io al sud, tu al nord, cosa possiamo fare? La strada si
blocca al bivio
perché la nube ha ingiallito le foglie.
Un uomo raccoglie una rosa, la vede appassire.
Grandi confetti di gesso cadono uno per uno.
Ricordo che il gelo della notte nell’Europa del nord è nero
fumo.
È il Settantasette.
Da noi l’ultimo fiume morì alle otto di sera schiantandosi
contro un
relitto non lontano da qui, non lontano.
Molta gente quella notte non dormì.
In terra è restata una striscia bavosa di grano.
V.
È il quindici agosto
per la società dello scarico, del rifiuto, dello spreco.
Gli occhi del Po a Piacenza tagliano la polvere con il
giubbotto di
motociclista. Il
trenta agosto
l’indifferenza è terribile, generale, giornaliera,
sopra gli specchi
i bambini disegnano pesci che hanno tre occhi.
La crisi attuale è un grande temporale.
In cielo s’apre un’aquilone pop.
Oggi sembri un camion che sbanda in un sorpasso
tanto sei pesante e grasso. Te l’ho detto: nel sogno
con un riso spavaldo lei era legata a un albero
io cadevo nel fuoco poi mi sono svegliato.
Un mare d’erba si stava battendo a duello. Trattenevo il
fiato. La
mia vita è un inferno.
VI.
Ma dimmi tu che settanta terre hai visitato:
perché il bosco è grigio? perché il lupo è così bianco?
perché lo scudo è ammaccato? perché il mare è stanco?
perché più di un compagno è scappato?
Il bosco è grigio perché la terra dei limoni
è sprofondata nel mare.
Il mare è stanco perché la terra dei vulcani
beve vino nella scodella dei cani.
Il lupo è bianco perché il paese degli aranci
ha tra i denti i capelli di antiche città.
La pietà si rifugia nel bosco.
Non ti allontanare.
Per ogni uomo che parte dieci anni di miseria.
Dentro al fiume Basento anche il cavallo di un re morto da
mille an-
ni piange di vergogna.
Questo è il paese che conosco.
Formiamo una catena con le mani.
Neanche un’ombra lasciamo passare.
CINQUANTACINQUESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(Trenta poesie)
1. Pollock.
2. Cummings che dice io porto il tuo cuore nel mio cuore.
3. Miles Davis settimane fa in un palazzetto dello sport.
4. Una canzone dei Beatles.
5. Tre testi di Brecht:
il primo In Polonia nel Trentanove una grande battaglia
ci fu;
il secondo è questo Rispondendo a una domanda
sulla patria
il terzo infine: Mangia e bevi – mi dicono –
e sii contento d’averne.
6. I pensieri di alcuni bambini.
7. Il discorso di Fidel letto e riletto
fino a che il disco invece di parlare si è crepato.
8. L’ultima orazione di Castro sul Che.
9. Incollare le pagine, tagliare le pagine.
Spegnere il lume, abbassarlo e la notte può essere
inverno.
Afferrato un fucile da caccia uccidere un ladro o uno
storno.
Seduto davanti alla porta vedo sgozzare il maiale.
10. Parlare a un sordo.
11. Le ultime poesie di Hoelderlin Scardanelli.
12. La ruota del mulino.
La ruota del suo mulino
la pialla del falegname
la voce del mugnaio che batte il grembiale e guarda le
anatre nuotare.
13. La pioggia taglia le mani e i capelli.
Io io io...
14. Il riso del padrone chiude con violenza una porta.
15. Le parole dei poveri.
Nascere e camminare.
16. Un altro farà una strada più breve
noi dobbiamo andare in salita.
17. Non dico le parole che amo
dico solo le parole che ricordo.
18. Con mio padre parlavo alla sera
quando tornavamo tutti e due dalla città.
19. Un manovale che si è impiccato in carcere
è seppellito per pubblica carità.
20. Dicono gli industriali giapponesi
la scelta è fra quantità e qualità.
Correggono i tedeschi la scelta
è qualità e quantità.
21. Ma nelle città industriali i gatti impazziscono
i bimbi nascono deformi, i genitori
si vergognano dei figli, li nascondono ai vicini.
22. Siamo qua per mostrarvi, dicono alcuni,
le terribili conseguenze di un inquinamento
per le acque di scarico della CISSO.
23. La fabbrica dopo una lunga lotta fu trasferita.
24. Partenza anche dell’ultima famiglia.
25. Un operaio ingaggiato poi come specialista di esplosivi
da una ditta che scava gallerie e strade,
alla fine del primo giorno
si fece rapinatore.
Dopo una settimana era morto.
26. Il futuro si apre e brucia la mano.
Così un lebbroso appena guarito
non può essere felice
come in un giorno di carnevale.
27. Né la poesia può tacere
parla in un grande silenzio
il potere è potere
la poesia fa male.
28. La felicità è inutile.
La libertà è verità.
La verità è difficile.
29. Mandel’stam, Pilniak, Olesa, Babel o la signora
Cvetàeva.
Guardano in silenzio, camminano per la pianura,
si avvicinano, ascoltano, discorrono con noi.
Raccolgono la neve.
30. Guardo due capre che si dissanguano
dentro l’ombra degli elicotteri.
Siamo ormai nel duemila.
Spartire le cose pescate è un atto di giustizia.
Anche seppellire i morti.
Il potere è ancora potere soltanto.
Vivere ascoltare imparare
navigare su un fiume
con sette cuori diversi.
E settecento furori.
CINQUANTASETTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(I boschi di Brecht)
I.
Quando sono nato mio padre non c’era, mia madre non
c’era
io ero lontano
e questa città non era alta sul piano
la campagna non era gialla di grano
il giorno in fretta cadeva, di sera
non c’era mai il sole.
La spagna bruciava nel campo.
Quando sono nato mia madre non c’era
le foglie secche
scoppiavano al passo di un uomo
l’uomo fuggiva inseguito dal tuono,
non aveva più scampo.
Quando sono nato mio padre non c’era
non c’era mia madre
io ho pianto un poco poi
ho cominciato a sentire il fuoco del mondo
e il suo furore.
II.
Il ragazzo sopra un ponte guarda il mare.
Alla televisione ha visto morire un uomo
senza troppa emozione.
Un auto di formula uno
sbattuta contro il guard-rail
si è capovolta e sotto il pilota incastrato,
nessuno si è fermato
così è morto bruciato.
Il ragazzo guarda la città.
Case su case: sono tutte case?
ombre su ombre: sono tutte ombre?
Filano taxi e taxi
non c’è più nessuno per le strade
da una finestra aperta la faccia di mio padre.
III.
È già autunno, inverno?
oppure estate? è ancora primavera?
Nel ricordo, dice la canzone,
tutto è sfumato, è nebbia, le persone
hanno un viso soltanto.
Solo una faccia hanno le persone
e un pugno di dolore.
Il ragazzo
si gira attorno e guarda nevicare.
IV.
Queste parole le hai ascoltate mai?
Ripetile!
Quella voce l’hai sentita mai?
Ripetila!
Il ragazzo si muove intorno all’argomento.
Gente possidente che possiedono
(dice una voce)
presero la bambina, la pagarono
e la portarono in Perù a Chicago.
Io non ho scambiato
(dice una voce)
mia figlia con una lambretta.
Sono figli a te, dice un’altra voce,
tu fa’ quello che vuoi e fallo in fretta.
Racconta: mi sono presentato
dicendo che volevo acquistare un bambino.
Mi sono messo in contatto
con un mediatore
il quale mi ha chiesto
se la ragazza doveva partorire
in casa mia.
Veniva dieci giorni prima poi andava via.
Un maschio di un mese
(è un’altra voce)
quanto costa? due o tre milioni.
Aspettano anche sei mesi
di registrare un bambino
fino a che se lo vendono.
V.
Gli anni passano, gli anni non passano mai.
Non disperatevi.
Non ritornate alle vostre case.
Non dimenticatevi.
Guardatevi negli occhi
stringetevi le mani
ascoltate il cuore.
Spezziamo il pane in compagnia
i piedi contro un muro.
Parliamo di oggi, di domani con la forza del caso
mentre battono i tamburi di latta
(sono tamburi di sangue)
un suono duro.
Se la parola per molti è indecifrabile
meglio con uno straccio trovato per terra
fare qualche segno essenziale
perché i tempi sono i boschi neri di Brecht,
sono tempi di guerra.
CINQUANTOTTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(Per il libro di Santo Calì)
I.
Questo libro trabocca da
ogni parte come un otre da cui secondo i
segni della leggenda può sgorgare
il vento di una tempesta
e io io io non posso (ancora) parlare di questo libro
– libro casa, libro strada, libro fiume –
non posso (ancora) parlare della Sicilia.
Non posso perché l’uomo, perché la Sicilia mi fa paura.
È un rombo che rotola
sembra il sole scalcinato
a picco da un cielo.
Pronto a cadere pronto a esplodere pronto a crepare.
Posso sbagliare ma chiedo pazienza. Quassù c’è nebbia,
l’aria (mezz’acqua e mezzo fiato di calce) sale
tozza dura; le sue slabbrate sul ghiaccio lasciano il segno.
Questa terra ascolta il tonfo del Po
mentre telefono per scusarmi e una
voce di donna dice Calì è in giardino.
Una rivelazione o soltanto un momento.
Voglio dire che lì in Sicilia
la mandorla del dolore matura.
Quante cose abbiamo imparato in questi
anni e quante
cose ci avete insegnato (amici siciliani)
quante cose farete nel tempo che è scatenato a venire
quante cose insegnerete ancora amici di Sicilia.
Non dentro a un vaso d’argilla
conservate l’olio per il vostro pesce.
Non è lavata e stirata a bucato
la vela della barca che pesca.
Non tornano con scarpe e chiodi i ricordi che profumano di
limoni
né le nenie di un presente che…
Una dietro l’altra con un suono di verità
da pagina a pagina le parole gridano.
II.
Ebbene.
LA PACE (trecce corvine) picciotta sblènnita
L’ULIVO che muore
OGGI PER UN CRISTO MORTO s’alzano bandiere di
poveri cristi che non
si rassegnano e offendono Vostra signoria bacio le mani
OGNI BANNERA NA VILLA DI SANGU
AFRICA GERBA (acerba).
Ebbene.
A chi e a che cosa serve un libro di poesia oggi
A CHI E A CHE COSA?
Libro casa libro fiume libro frumento
libro ferro da campo
libro vento libro canzone
libro mazza ferrata libro fucile.
Voce di balera, danza di nozze, voce di sangue, pianto. E
anche can-
zone di gesta perché un nemico ucciso
lì steso disteso aperto nella pianura
(il suo cavallo pascola vicino).
Libro sorso di vino
libro fumo suono di corno; libro che può
ferire può ferire può ferire, può tutto
con la voce che odora di tabacco di fame di dolore
vecchio come è vecchio l’uomo.
Ma un dolore che deve finire.
III.
Quando i contadini sparano i passeri volano.
La poesia è sottoscrizione di un ultimatum.
Ebbene.
Rotola un sasso lungo la pendice del vulcano.
È lava, soffia, il serpente di fuoco.
Leggere il libro di Calì riga per riga.
A CHI E A CHE COSA SERVE?
Guarda la tua vita di notte
dentro a una stalla nella
cuccetta dell’autotreno davanti a una tenda;
o quando il caucciù del potere cala di striscio sopra la tua
spalla;
quando…
Voltare pagina non tacere.
Voltare pagina leggere fino a domani.
Mentre gridiamo un minuto di silenzio per
BONANNO IN SICILIA
GALANSKOV A POTMA
I RAGAZZI ALLE MURATE DI FIRENZE.
Cani con la scabbia vigilano.
Le onde dell’oceano, i rulli del tamburo, le schiene dei
vecchi.
Non si può tacere pena la morte.
SESSANTESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(Semplice appunto sul poeta Mucci scritto col cuore)
I.
Ho girato molto, intorno a questo argomento.
Mucci non l’ho mai conosciuto.
Ho girato come un cavallo da monta su e giù per prati
lungo steccati di legno spezzati macerati
mentre le ruspe scavano scavano la campagna nel fondo
e la città è vicina, col suo mondo di fuochi.
Sentire odore di città vuoi dire benzina accesa
dentro i pensieri
così anch’io brucio un poco buttato dentro
que-
sta pianura / una pianura che puzza di vec-
chia campagna / e ha il mare lontano.
Benzina accesa dentro tutti i pensieri.
Si fa presto a contare a ricontare i morti poeti di ieri
alcuni già monumenti in piccoli cimiteri
altri nei parchi pubblici dove siedono senza giuochi i
ragazzini
oppure alloggiati dentro gli scaffali
con ali strette in ordine alfabetico
rassegnati ad aspettare.
Infine si devono per esattezza ricordare anche i professori
quelli bravissimi che
sdipanando una lunga tela di segni
scrivono su ogni risvolto del mondo e sono le voci ufficiali.
Scrivono sul cuore, sugli occhi della gente. Essi solo
accecati.
La pagina è indecifrabile
come la lingua morta degli hittiti.
Meglio parlarsi con uno straccio trovato per terra.
Farsi qualche segno essenziale.
II.
Ho girato molto, intorno a questo argomento.
Ho girato come il furore degli anni
gli anni passano gli anni non passano mai,
gli anni costringono a restare giovani e sani restare
oppure costringono a diventare vecchi, vecchi cadenti e ad
amare
ore passate perché oggi dobbiamo morire.
Ma la morte non è stanchezza
non è nemmeno regalo
la morte è morte, la morte è morte di vita
la morte è la vita che non riusciamo a dire e fare in una
giorna-
ta finita.
Sono a pag. 116 di Mucci e leggo
un nuovo giorno è da fare
mentre le crepe di un lungo terremoto
segnano le facce di tutti e segnano
le case, scivolano per i marciapiedi e per lo spartitraffico
dell’autostrada.
Ad esempio, anch’io devo reggere oggi luglio del ’74
la mia porta sulle spalle ma se chiedo aiuto
ricevo l’aiuto.
Bene, sono a pag. 227 e leggo: capita che qualcuno di noi
non si ritrovi un cuore facile.
Oggi spezzo un pane di Pavullo in poca compagnia
in piedi contro un muro
intanto parliamo di oggi e domani con tutta la forza del
caso.
Ma non riscaldiamo la memoria della storia,
così ufficiale, così scarsamente produttiva, così facile
da consumarsi e alla fine così vile.
Non vogliamo saperle le date delle battaglie
l’ordine della fanteria la misura dei colpi
il nome dei vinti il nome dei vincitori
i generali in groppa o quelli sbalzati per strada.
Non servono più.
Non serve sfoggiare le edizioni dei grandi poeti
nelle sale delle biblioteche italiane
o dentro le edizioni economiche
cercare l’erba e le foglie che crescono in rima.
Leggo a pag. 222: i più vecchi tra noi hanno strani ricordi.
Coperti da onesta vergogna per i nostri errori
sporchi di terriccio e polvere
non è giusto che ci togliamo il sudore dalla faccia
con l’acqua del fiume Melisso.
Il sole cuoce. L’asfalto bolle. Poche auto. Verde polizia.
La città puzza di benzina. La città sta per bruciare.
III.
Ho girato molto intorno a questo argomento.
Leggo a pag. 223: il futuro è a portata di mano.
L’insofferenza, la diffidenza, la vergogna
ciò che è sorpassato e superato
come le nostre scarpe la maglia che indossiamo
l’andare su e giù delle nostre giornate
trovarsi a cinquant’anni con questi segni nella mano.
da decifrare. Io lo sento compagno.
Leggo a pag. 226:
ma quali anni abbiamo dovuto battere
e che pensieri torcere nei nostri
crani terrosi.
Ho girato molto intorno a questo argomento.
Mai ha avuto una maschera sulla faccia.
Ha patito soltanto per sé ma
onestamente l’ha sottoscritto. L’ha detto.
Ha patito come patisce un uomo: anche cattivo.
Con la vita non ha mai giocato ma l’ha servita.
Lo sento compagno.
Ha vissuto da uomo e come un uomo è stato ferito
ha imparato
ha inchiodato una porta è partito
è tornato non per chiedere ma per regalare.
Non per concludere ma per cominciare.
Non preservava niente.
Buttato fra la gente solo per farsi amare.
Non l’ho mai conosciuto.
Anche lui ha insegnato
che vivere non è concludere ma incominciare.
SESSANTUNESIMA DESCRIZIONE IN ATTO
(Prima modesta pagina)
II.
Caro Roversi tu avresti dovuto…
Vecchi amici e vecchi per sempre.
I morti erano morti e per sempre
i vecchi della famiglia (da contare sulle dita).
Prometteva il futuro? Altre cose oltre il poema al CHE?
Gli anni sono passati sul cuore come un aratro
rovesciando in salita rovesciando in discesa
la torba per un fuoco
su giù per pianura collina
la punta scolpiva ferendo gemendo versando straziando e
traboccava la polvere
balzano rotti antichi relitti
l’erba si scuoia.
Pochi sono rimasti sulla spiaggia
pochi restano a guardare le navi fuggire.
Per parlare bisogna avere autorità
altrimenti neppure a bassa voce (come è il caso)
si può dire che non si può vivere per niente
né che per niente è dato morire.
Aizzare i cani,
non si può accettare di arrivare strisciando al capolinea.
Quattro falegnami
due facchini
due garzoni
un gobbo un calzolaio
un liquorista tipografo e
un lattaio
un cappellaio
anche due maestri ma questi per errore.
Impiccati con italica solerzia
perché sovversivi perché poveri barabba
appesi là al lampione
come il giallo limone a un angolo del muro.
Non ombre ma corpi giovani
coperti dalle voci d’allora
dalle voci recenti
da nuove parole e da nuove invettive.
Gli specchi, tutti gli specchi tacevano.
I bambini, tutti i bambini guardavano.
III.
Gazzettieri austeri immorali
falsificavano la verità;
adattavano le viole
per il risveglio del padrone.
Un termine della vita senza tristezza.
Nessuna pietà per la penna che imbianca nella vergogna.
Nel sessantotto le strade erano piene
di giovani che si battevano.
Era troppo presto?
Con la pagnotta in mano, soldato,
hai forza fino a domani?
La crescita dell’erba, l’uragano del vapore.
Non ascoltare non ascoltare non ascoltare.
Ma ascoltare ascoltare ascoltare.
Ti prego non cedere non dirottare, la strada è lì.
Gli uomini del potere si riconoscono uno per uno
la faccia del potere la sua erba la sua lana la sua coda di
volpe.
Niente è consumato.
Oggi non è un altro giorno.
Stringi qualcosa.
La libertà è difficile.
I quaderni de Lo spartivento n. 1, 1 maggio 1990
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: poesie pubblicate in volume
- Testata: I quaderni de Lo spartivento
- Anno di pubblicazione: n. 1, 1 maggio 1990