Una nota di lettura Postfazione a Loro, di Sergio Rotino

“Mi vengono in mente certe notti di aprile o di maggio quando con papà ci affrettavamo a salire sulla Kadett per andare incontro al mare a gettare la lenza…”.

Ricavo questo estratto dalla pagina 230 del romanzo di Rotino pubblicato nel 2009 con il titolo “Un modo per uscirne”, pieno di voci, di suoni, di struggenti anche se agri risalti, fremiti, sentimenti.

Le due righe esemplificate contengono il carico di una emozionante e calda, partecipata verità sentimentale che si trasferisce in una scrittura beneficata dall’empito giovanile (l’emozione dei ricordi).

Insomma, vorrei dire che nel romanzo (che è tutto da leggere e che consiglio di leggere) c’è un movimento ascensionale proteso a recuperare motivi esistenziali al fine di una chiarezza esistenziale. Egritudine della vita intesa come faticosa quotidianità. È come se la musica, le bande, i gruppi ispidi e agresti suonassero non tanto per annunciare e travolgere quanto per estrarre col forbice il trillo di appassionate memorie. E lanciassero ferree vibrazioni.

Non è passato troppo tempo. Il romanzo, come ho già ricordato è datato 2009, questo carico di bombe verbali è datato 2011 e potei raffigurarlo come una fabbrica (una fonderia) intenta in un lavoro senza intermittenza (dato che queste pagine vibrano come se fossero assediate dal fuoco).

Da sottolineare, a questo proposito, e almeno a mio parere, potrebbero risultare le due righe che leggendo ho sottolineato a pagina 65: “tengono lo sguardo fisso sull’argine della rotaia: sul punto vuoto che divide la terra dall’acciaio”. Ma anche una riga a pagina 56 potrebbe suggerirci una chiave di interpretazione: “le ombre loro più nere dello stesso vicolo asfaltato”.

Un testo impietoso, che interagisce con insistenza e con una scansione di estrema durezza nel sistema ricettivo del lettore.

Rotino, in queste pagine, non abbandona i sentimenti al fascino dell’usura, si oppone alla loro consunzione con la fermezza di una scrittura intransigente che si sottrae alla lacrimazione ma lascia che si confrontino negli ambienti in cui possono via via lacerarsi in un silenzio determinato, oppure in un frastuono allucinante...

Quelli che si muovono dentro a questi testi in un lacerante frastuono o sibilo di parole sono sussulti acri di pensiero (di pensieri), rotoli spinati con riflessioni congiunte, trascrizioni rabbiose, rimandi esplicativi e ferocemente suggestivi, in successione o cancellazione concatenate e vincolate.

Un breviato forsennato e medievale di riflessioni poetiche vincolate, dilatate impietosamente, fino a una rigida esasperazione.

Inseguite, sembrerebbe, mentre cercano di sottrarsi a inquietudini atroci.

C’è un loro come impianto costante in queste lasse che percepisco come forza sempre all’erta e oppressiva a coordinare il marasma delle nostre incerte giornate.

La grande fabbrica della vita, coi suoi opprimenti rumori, le sue non procrastinabili scadenze, le sue prepotenze, le sue infuriate speranze le sue folli presunzioni, le sue laceranti delusioni.

Un libro che non tace ma dice.

La fine del mondo (di un mondo) è avvenuta, l’autore scrive e ci avverte (noi superstiti) il giorno dopo, i giorni seguenti.

Traccia la mappa delle distruzioni, indica con rabbiosa ferocia le residue sostanze. Fra il fumo e il fuoco residui ancora in atto ci conferma, noi pochi, che siamo ancora vivi.

 

Informazioni aggiuntive

  • Tipologia di testo: prefazioni / postfazioni
  • Testata: Loro, di Sergio Rotino
  • Editore: Dot.com Press
  • Anno di pubblicazione: 2011
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