Via Marconi: un sentiero verso la luna

La strada per me è una cosa buona, quando la strada è buona. Mi piace camminare, stare sulle pietre, toccare o sfiorare i muri. Guardare l’asfalto incrinato o segnato da impronte di ruote, scalfito (mai offeso) dal continuo peregrinare degli uomini. La strada oggi è come i sentieri battuti dalle frotte dei pellegrini medievali che puntavano verso Roma. La città mirabile in terra e oggi quasi perduta. Ma poi ogni città oggi sembra quasi perduta ed è invece mirabile. C’è una fotografia emozionante che fa al caso mio (mi serve, cioè, a spiegare la riflessione privata): le orme degli scarponi del primo astronauta sul terreno lunare. Neil Armstrong. Lunedì 21 luglio 1969. Quasi un segno o un segnale sulla riva del mare di gomme d’auto, rabbrividente. Come a dire: presto arriviamo anche noi, a scomporre l’impassibile monotonia dello spazio, a dargli suono e voce, a portare questo splendido mondo inquieto, pallido di solitudine, nel forsennato ritmo terrestre, dove tutte le colline e le pianure e i monti e i mari sono finalmente congiunti e non è più in atto alcuna alba o alcun tramonto solitario o ignoto.

Così per me è una cosa buona anche via Marconi (così tormentata), perché è un sentiero verso la Luna. Quando s’apre ad ogni alba, dopo l’oscurissima notte, oppure quando si quieta adagio afflosciandosi nell’inedia mentre il sole tramonta acido e scende la sera nera nera. Insomma, meglio una strada di città che il viottolo di campagna. Meglio essere svegliati dai suoni forti e dai sempre buoni rimbombi che essere preservati nelle nicchie di un silenzio che non respira, che per la verità a me sembra solo lo scudiero astuto della morte.

 

 

 

Informazioni aggiuntive

  • Tipologia di testo: altri materiali
  • Testata: Lettere aperte per strade da amare
  • Editore: Centro Antartide
  • Anno di pubblicazione: 2001
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