Libri e contro il tarlo inimico
a Th.
Che si stampano libri sono secoli. Che si leggono libri sono secoli. Che il libro esiste ed è una presenza viva nel mondo culturale dell’uomo sono secoli. Adesso, proprio in questi anni, dicono che il libro stia morendo. Non lo credo. In questo momento il libro è come un pugilatore messo knock-out ma con tutto il vigore ancora intatto e pronto a risollevarsi da terra per un nuovo round.
Questo libro, messo insieme con pazienza per decenni, vuol cogliere le ombre e i respiri più significativi e dedicare loro un omaggio in nome di buona e bella cultura.
Leggere un libro, aprirne le pagine, sfogliarle, è ancora una miracolosa operazione che ci riempie di meraviglia, anche se il libro è soltanto un volumetto di versi che un giovane esordiente spedisce pieno di speranza e di augurio.
Con affetto, questo libro sia un regalo anch’esso per quanti mantengono ancora intatto il gusto della lettura e sono disposti ogni giorno a lasciarsi sorprendere. Per la vitalità che la pagina scritta riesce a mantenere.
Buona lettura dunque, per i lettori che avranno la pazienza di scorrere queste righe qua offerte e la curiosità per delibarle. E grazie per l’attenzione.
R. R.
1
Bada, ti vedo ti ho visto e ti sconsacro
anche se verme di strada ladruncolo notturno
ti annidi nella gola
del libro che riposa. Questo tomo dormente.
Soffio il fiato dentro al cavo involucro
per spegnerti ferirti impaurirti
annichilirti impeciarti devastarti
fra le parole della pagina
trasformate in un campo di battaglia.
Basta niente
per schiacciarti per sempre.
2
Fra le biblioteche immaginate
biblioteche costruite o disegnate
amo il progetto di Boullée.
I libri sopra e sotto in una sala immensa
in una sala a non finire
come se fosse un giorno in cui
la luce non sa morire
– come se fosse un presepio di fogli
un muro di sapere e conoscenza
voci mormorano parole che non si spengono
la sala foresta è un musicale eco.
Una montagna di libri. Libri slegati
libri rilegati
libri alberi polvere sassi di sgomento
libri bisonti libri cigni volanti
libri leggeri insignificanti libri
scacciapensieri. Libri urlanti.
Libri cinghiali notturni grugnanti
libri senza più memoria
libri agnelli farfalle suoni fra miti pensieri.
Libri feriti dalla storia libri
per la cantina neri.
Libri strappati scalciati per giuoco
libri bruciati anneriti dal fuoco.
Libri albini
Libri per bambini
Libri per donne e uomini fieri
Libri per oggi per domani per ieri.
3
Rannicchiato sotto un ombrello
dorme dentro al sole d’agosto
il bouquiniste rissoso rosso tondo.
Dorme nella controra.
Affascinato dal lume e dal silenzio
nel cielo aperto sopra la malora
del mondo
il grande fiume legge ascolta corre.
Ma legge l’usignolo canterino
leggono le foglie mormoranti
legge il cane strisciando contro il muro
ma
sprofondato dentro al tomo antico
legge e mangia il tarlo avido infame
verme in gran sospetto di eresia
il più maledetto che ci sia
fra i divoratori di parole.
Si cancelli dunque la sua insania
chiudendolo all’inferno
per l’eterno.
4
Il gran sapiente antico ha le sue pagine d’oro
non sotto un albero di fico ma dentro i
libri bruciati libri divorati
libri calpestati libri spaccati
libri con il freddo sopra il cuore
libri spiaccicati dalle pietre
libri marciti come un fiore
libri restaurati con amore
libri dimenticati sopra un muro
libri cancellati con il gesso
libri mescolati con la creta
libri con l’odore di sacrestia
libri ricoperti dalla polvere
dai fulmini feriti e da tempesta
libri annotati da una mano amica
libri caverna per formiche operose
libri impietriti da terribili inverni
libri affamati per un lungo cammino
libri ostello per il tarlo ubiquo
vestito da pulcinella o da signore
ma in realtà vero diavolo stupratore
che sorprendo inseguo schiaccio con un dito.
Giusta vendetta al mio furore.
5
Tarlo tarletto goloso del Mississippi
venuto dalle Americhe
nella valigia di un bibliofilo di Teramo
e approdato a fine settimana
in questa stanza di una città emiliana,
ti vedo che rosicchi il tomo di Albinoni.
Piccoli morsi ma colpi di cannone
onde di mare che raschiano la spiaggia
di queste pagine in cui affondi il dente.
Paziente cauto ma avido e carogna.
Villano e inetto
tarlaccio di lingua inglese, falso arlecchino,
ignaro di quello che inghiotti,
perché scritto in latino.
Allora ti servo subito io e
come un veliero stretto fra il ghiaccio
con due dita ti strizzo ti deflagro ti schiaccio.
6
Servo del potere della fame
l’infame verme
muovendosi schizzinoso
aggredisce il tomo inerme.
Servo del potere della fame, gli mormoro
con il fiato caldo sulla pagina aperta,
chinati spogliati
sfoglia insegui ma non stuprare
le foglie delle parole
e non lasciare un frammento impolverato
come un povero tordo impallinato
in mezzo al campo.
Ma per te non c’è più scampo.
7
Guarda, guarda pure tarlo indisponente
mentre con la penna ricopio le parole
dal tomo grigio che gli anni han tempestato.
Sono un poveruomo alla fine del millennio
in un secolo acceso da faide interminabili
e vedo molte cose mancare.
Mancare le nuove parole, sfiorire.
Piangere i laghi, le betulle disperse
al confine del mondo le acque morire.
Tu divori aggredisci incalzi uccidi
il cuore della carta
crocifiggi il silenzio delle pagine.
Tarlo, disonore del mio tempo
vacca sbracata di Giove
pallida ameba ti voglio gettare
morte dal fuoco delle mie mani.
8
Ti notifico, libro della mafia, libro della malora
che non credo ad alcuna tua parola
non credo neanche all’indice finale
compresso dalla legatura di pecora o di cinghiale.
Rapido, sfoglio le pagine, mi inoltro
nel folto bianco del tuo bosco e ahi!
ecco ti vedo mentre ti dibatti
ombra su scoglio a divorare carta.
Col tuo rosicchiare la sera si consuma
la pagina ferita si lamenta
forte nel silenzio
anche quando la candela è spenta.
9
Così era e così è. Tu corri
per sottrarti ma io ti inseguo
perseguo la tua traccia
sollevo i veli al tuo fantasma bianco
non ti do tregua requie pace sonno
è inutile che fingi indifferenza
impallidisci risecchisci stendi
una cortina di nebbia sulla strada
che cala fra le pagine
tarlo avaro assassino
lo sai alla fine la mia mano
afferra ancora il regolo per colpire
e ti scaglia lontano
dal tomo del Balestrieri che mi è caro.
Questo è il tuo destino.
10
Nei libri antichi è scritta la saggezza,
parola di Brecht.
Ma dalle severe biblioteche non esce
solo il sapere lucido di sale;
non esce solo con le piume
dell’esile gabbiano
la poesia claudicante per l’attesa
e prossima a cantare;
esce anche la ferocia del tarlo
appostato con denti di delirio;
escono grida e voci di una storia
che racconta come
troppe volte i sapienti
si inchinarono ai potenti sorridendo.
Dalle biblioteche dice Brecht
escono anche le voci dei massacratori.
Aggiungo: non le voci dei massacrati.
In una grande foresta di silenzio
il tempo li ha divorati.
11
Sprofondare in un libro
per essere liberi,
un libro d’antica scuola.
Ricavo dalle carte il delirio del sole.
Sottraggo alla pagina la voce delle parole,
le parole perdute.
Ti divoro ti bevo ti lappo ti lecco
vulcano di voci di fuoco
gutenberg viaggiatore e canto
canto cacciatore.
Il libro in attesa sotto il ramo
si specchia nell’ombra di un tiglio;
come il batacchio della campana
immobile quando la corda non tira e
il vento non corre,
brilla sul prato dell’estate
è presenza e vigore senza alcuna cautela.
Tanto che un tarlo pallido di fame
l’apposta cerca la sua mano
ma invano.
12
Inseguendo il tarlo si può arrivare
al cuore del mondo.
Un libro è difficile da domare
sottrae spazio alla casa al suo rigido affanno
chiama piume di polvere che non sanno danzare
non è il cane che dorme nel suo angolo
o gioca con la palla vicino al fuoco
il libro invade il giorno urla di dolore
non si accontenta di poco
è un leone all’erta stretto incatenato.
Convivere con i libri è difficile
(sono amici con la lupara
hanno caratteri alteri)
nelle stanze bianchissime
gli scaffali con i tomi antichi incrinano la luce
che cerca i sentieri fra un pulviscolo d’oro
appena svegliato
dal respiro del tarlo che striscia
in cerca della sua prima preda.
13
I libri nella notte d’inverno accendono i fuochi
lasciano cadere parole sulle morbide carte
e polvere sulle mani degli antichi copisti
che hanno gli occhi bagnati d’oro
e il viso di poveri cristi.
Le sale buie delle antiche biblioteche
mai sfiorate dal sole e
intorno al fuoco del bivacco
i libri i libri parlano
mentre dentro a un sacco il topo è condannato.
Per lui che non ha memoria il suono dei tamburi
rimbalza contro i muri
promette tempi duri.
14
Mi inoltro come un gatto e
astuto, senza lasciare orme.
Non sono uno scienziato, anzi
non sono niente.
Ho solo due occhi per guardare o
per leggere. Leggendo, qualche
cosa imparo sempre
perché il libro non mente.
Non mente quasi mai.
Così anch’io, per l’occasione,
devo cavarlo dai guai
combattendo contro il tarlo astuto
annidato come un cecchino pronto a fare fuoco
dentro ai risvolti della legatura.
Sventura, se non riuscirò ad ascoltare i suoi passi
chinando l’orecchio sul dorso e
trattenendo il fiato
come il texano sul prato al tempo degli indiani.
Il tarlo è inseguito dai cani
si nasconde
ma il suo destino è segnato.
15
Parola stampata, ti posso anche uccidere cancellare.
E uccidere anche te, libro del libro,
dentro la tua rilegatura.
E poi uccidere il tarlo fantasma bianco immerso
nel fondo delle pagine
diavolo su onde leggere
bevitore di carta.
Il nuovo mezzo di scrivere sine calamo
scribere libros in forma cum impressione
a Beloviside luogo di confusione
non basta per la tua vita eterna,
oggi è attivo un tarlo vorace non ancora sazio.
Nei giorni passati i libri volavano via
cadevano a terra calpestati dai topi
cavalcavano cavalli con le selle di cuoio
e tutti erano pallidi per la neve del tempo,
appoggiati contro i muri
aspettavano di essere raccolti e di nuovo ordinati;
ma non commiserati.
16
Il libro imbullonato
si è presentato a chiedere denaro
alla porta ha suonato il campanello.
Bonino Mambrizio travestito
da Beloviside, fuggendo
con le rose di Stazio sopra il cuore,
l’accompagnava con acidi lamenti.
Nessuno lo gratificò
le porte si serrarono le teste si voltarono
e i cavalli fumavano per la lunga corsa.
Diobono che ventura!
Siamo troppo soli imprecava Bonino
e troppo giovani per questo mondo di vecchi.
Abbasso i copisti a morte i copisti
modesti contadini della penna detta calamo
e bevitori dell’inchiostro
che splende come il prato
fra le mani fredde della luna.
Contro di te scateno Giovanni da Spira
e Vindelino e poi Jenson
compagnia di viandanti avidi e acuti.
Ora aspettiamo al lume di candela
l’alba.
17
La donna che vende libri
l’uomo che vende libri
l’uomo che compra libri
la donna che acquista libri
un venditore di libri un libraio
una venditrice di libri usati
un uomo col cappello che compra un libro usato
una venditrice di libri usati che acquista libri usati
libri usati sulla spalliera di cemento lungo il fiume
un giovane con gli occhiali raccoglie nel mucchio
un libretto
il libretto squinternato ha l’affanno
come il cagnolino
bagnato dalla pioggia
ho comprato un vecchio libro
grida il signore con la cravatta rossa
egli agita il tomo tarlato in formato di ottavo
e dice ansimando quanto vivrò ancora?
Quanto vivrò per leggere tutto?
Questo libro lo leggerò prima di notte?
18
Vivrò ancora
per ricordare non per dimenticare, per governare
il mio periplo sul mare infuriato fra i libri
stretti dentro le armature
come foreste e rocche di antichi re perdute
nelle convalli.
Guardano lontano i libri nelle sale
quando il gelo di novembre li chiama
li risveglia dal sonno
e allora coperti di polvere tremano.
La nebbia copre i fanali copre i viali oltre i vetri
un giovane topo passeggia e cerca la strada
per Roma.
Dormono di notte gli antichi scrittori
coperti di fronde
con le mani stringono i calamai che bruciano
i tomi si scuotono aprono le pagine scrollano
il tarlo guerriero convinto di passare
annidato l’inverno a divorare parole.
Cammina cammina questo inverno
dell’anno duemila
nella biblioteca del convento silenzioso
fra i monti.
Anche i frati dormono, ora, e sognano le rose.
19
I libri bruciano
E il poeta questa volta non ha paura del nemico
ha una spada con sé
può aspettare la notte può anche
aspettare la morte.
Ma la sua morte non sarà la morte dei libri.
I libri sorridono
l’ombra cala invadendo le sale
sulla schiena del cane accucciato
poi si calmano sul primo foglio spalancato
per terra.
Sul foglio sono stampate parole del nemico
volti di antichi numi. Buie parole.
Un cavallo zoppica sul prato ferito da un arciere
un uomo soldato lo insegue rovesciando
sassi parole.
20
I libri scritti da incerte mani
ma con vigorose parole
fuggono dai villani bestemmiatori
che non hanno più memoria
fuggono dalle suore che si rintanano
nelle celle fredde
e piangono
fuggono da uomini impazienti perduti nei boschi
– e si ritrovano nei caffè di Vienna
all’ora del telegiornale.
Io non ho più tempo è scritto nella riga iniziale
posso solo fermarmi a un grido improvviso
d’aiuto
e strappare pagine e pagine
per accendere un fuoco
e spaventare le ombre.
Il salone trascolora
vedendo i libri bruciare.
21
Elegos per un libro che viaggia verso la
Sicilia, in treno.
Non sono pazzo. Mi interessa la libertà.
Ma i libri vanno letti: tutti i libri
devono cogliere abbagliare
l’occhio luna l’occhio sole l’occhio
vertigine e tempesta l’occhio rondine
che li sfoglia toccandoli per mano
lasciando sulle pagine un segno leggero.
Un complicatissimo codice astrale
presiede al beneficio della lettura
– che non concede soste, né errori.
22
Addio al libro che parte per il Giappone.
Ti riconosco bruco annidato
fra le parole a stampa che ancora mi
feriscono al cuore
come antiche ferite.
Tarlo viaggiatore
tarlo poco sapiente
tarlo divoratore.
Come il vento africano sulla
carogna del leone
tu scarnifichi il libro in viaggio
verso il Giappone
con un solo boccone.
La sua salvezza è un miraggio
se repentino con la mano non ti schiaccio
e così libero il maleficio per il viaggio.
23
Libro, libretto cane fedele
ti vedo lì stretto nello scaffale di legno
in una parete della piccola casa.
Se fischio arrivi e sei gentile.
Le senti le giornate d’agosto
che crocchiano come castagne
o come un fuoco nascosto
nella città di Bologna?
Libro cane fedele
mi siedi vicino
ascolto il tuo respiro
mentre passano via le ore le ore
sei caldo come un bambino appena nato
ti voglio salvare dalle acque dal fango
di questo tempo senza onore
che ti trascura
e dalle zampette silenziose
del tarlo traditore
divoratore.
24
Libro che sfoglio libro fra le dita
pagine e pagine corrono serene
come le nubi bianche sulla pianura padana
inseguite dal vento insigne generoso delle colline.
Libro mio conservati
per gli anni futuri
libro miele libro farfalla
libro orango ma non libro di fango
libro della mia vita
sopravvissuto ai secoli più duri
non lasciarti sopraffare non piegare il capo
servo non diventare.
Fischia la tua canzone.
25
Venticinquesima poesia per un libro viaggiatore
accompagnato da una giusta invettiva
contro l’orma di un tarlo traditore.
Ho soffiato la polvere dal risguardo
lucidato il dorso con un panno sottile
per l’ultima volta ho sfogliato le carte
con dita leggere che appena sfioravano
volgendole in fiori.
E nessun nemico ho riscontrato.
Come acqua di pozzo antico limpido scorri
sei simile alla vita che è ancora giovane
sei una foglia caduta ai miei piedi
poi raccolta salvata.
Albero della foresta pagina ripartita
fra sorpresa e delirio
martirio e festa.
26
Per un libro ritrovato dal tarlo divorato.
Ti identifico lupo di montagna
vergognoso di zecche incerto sulle zampe
ignorante e scarno lettore
lubrico addentatore.
E tu, libro che sfoglio leggero
libro con un profondo pensiero
libro con la polvere sul dorso
libro deposto per il momento sul tavolo fra
tazza e bicchiere
nelle tue pagine il silenzio si spacca
per la rabbia ghiacciata del tuo autore
– mistero solitario notturno.
Nessun altro come te si eguaglia
alle virtù ambigue di paradiso e inferno;
libro che scalpiti contro la violenza dell’uomo
sempre alla ricerca di ombre perdute
fra le alte maree.
Ti conservo nello scaffale
come lo scheletro dell’aquila
precipitata in volo con l’ala ferita
e raccolta dalle mie mani che non hanno paura.
Pietose mani di un solitario camminatore.
27
Ti ho visto e perduto
al lume di candela
la luce arrossava le pagine
bruciandole leggendole ma
non sfiorava il tarlo astuto
gran danzatore di tango e
stupratore.
Egli si defilava fuori dalla mischia
sazio di carta di un antico poeta dimenticato
e si distendeva su un prato.
28
C’è gran disastro in giro.
La biblioteca di Alessandria ha preso fuoco.
No, non è un giuoco davvero
neanche è un sogno o un cattivo pensiero
perché il fuoco e non il cielo
è entrato in una stanza.
Poi con un fax mi avverte Antonia
che ha preso fuoco
ieri in un’ora verso sera
anche la biblioteca a Babilonia
bombardata dagli americani vincitori
e anche lì l’uomo
è entrato col fuoco in una stanza
con la forza del tuono.
Oggi è martedì
quale altra biblioteca brucerà
prima di venerdì?
Quale altro danno arriverà
giovedì o venerdì
a segnare dei libri il destino?
Prima erano spaventati dai topi
adesso rimasti in pochi corrono
inseguiti ancora dal fuoco.
29
Ma chi se ne frega
se il fuoco mangia i libri
di una vecchia biblioteca?
Come dopo il lavoro della sega su un tronco
resta per terra cenere di legno
che il vento soffierà via prima di sera.
Le fiamme hanno i denti come il tarlo
e quando arrivano a masticare
i fogli del Cinquecento
c’è solo da filare.
Ma come può una biblioteca
di vecchi libri scappare?
Aggredita alle spalle dal fuoco è condannata
perché una biblioteca non è addestrata
a combattere contro il fuoco.
Occorre poco per farle male.
Essa crede che il fuoco sia un giuoco.
30
Come si chiude una libreria
quando il libraio vecchio stanco muore?
Bruciando i libri
vendendo i libri
mangiando i libri
strappando i libri
dimenticando i libri
nella polvere della lotta greco-romana per la vita
ascoltando i libri camminare per la strada
investendoli di male parole
plagiandoli con segni segreti
non concedendo nulla al caso
non lasciandosi intimorire dal loro vocìo
buttandoli in un campo per farli morire
poi via sgommando con l’automobile
perché il libro piangente
corre nella polvere
come fa il cane in una domenica d’agosto?
La libreria chiusa e venduta
non ha posto per la malinconia
è una caverna senza voli
e gli scaffali vuoti aspettano la spada
di un angelo vendicatore.
I libri ascoltano le ore passare
prima del delirio dell’alba.
31
Non la rovina della pietra
ma la cenere del libro –
il libro è corpo e anima che si consumano
e si estinguono
come il corpo dell’uomo lungamente
patito e desiderato –
il fuoco lo brucia cantando
perché la vittoria sopra il tarlo killer mistificatore
lo esalta.
L’uomo è il libro che si compone nel fuoco
l’uomo e il libro nel fuoco sono compagni
parlano della comune avventura
parlano prima del distacco
la cenere è leggera leggera nell’aria
l’occhio dell’uomo la raccoglie e si quieta
per un momento.
La parola del libro è divorata
da implacabili fiamme. Eppure
non sopravviene l’oblio
la memoria non si cancella
la storia delle cose incombe ancora
con l’elenco di nomi
e di fatti accaduti, delle piccole glorie
delle sconfitte terribili.
Questo fa fuggire gli spiriti del male
annidati fra le pieghe dei fogli
dentro le legature solenni
intenti a scalzare verbo dopo verbo
la verità delle parole.
Il fuoco dell’invettiva li stana li seduce li annienta.
Anch’io lettore sono nient’altro che un cavaliere
solitario in battaglia
contro il tarlo della tavola rotonda.
32
Cosa scrivi tarlo maledetto
seduto sopra il letto
cosa scrivi tarlo di poche canzoni?
Accovacciato al suolo scrivi
le tue memorie di mariuolo?
Memorie di stupratore
ladro di parole scrostate dal muro
mentre erano lacrime e sangue per lo stampatore
che ha vegliato alla notte?
Lacerare l’incubo insensato
riportare l’occhio all’occhio
la mente alla mente
non lasciare niente da parte niente di intentato
ma non mescolare le carte.
Lasciare libera la scrittura
finché dura il mondo.
Perché sia tempesta e assalto per ogni avventura.
33
Trascinerò nel fuoco i libri con me
trascinerò nel fuoco i miei libri?
Fra le fiamme trascinerò anche il tarlo maledetto
per consegnarlo pavido a secoli senza fine.
Chi avrà tenuto conto con rispetto
fra i libri
delle occasioni di domanda risposta
e di dare e avere
negli anni a venire sentirà qualcuno
dire grazie grazie per il salvataggio
di opere appena stampate o vive da secoli.
Immergersi nel mare delle pagine.
Le sale dei libri nelle notti d’inverno
nelle abbazie fra alti alberi di castagno
col vento amico al topo e al tarlo
e il vecchio frate al lume di candela
dice meglio bruciare insieme
che tremando di freddo essere dimenticato.
34
Nelle biblioteche le sere d’inverno
il deserto è un deserto
si sentono i topi ballare antiche canzoni
i tarli parlare quieti
mentre affondano i denti per arrivare al cuore
del sapere
nei libri esterrefatti
appena sfiorati dai secoli.
Per il tarlo il tempo non ha fretta, è scaltro il tarlo
la sua degustazione paziente
giorno per giorno lo fa diventare sapiente.
35
Mi offendi tarlo di poche parole
perché ferisci uccidi esplori il tomo
fermo da secoli vicino alla finestra
e da lì vede i coppi di Bologna coperti di neve
e sente piangere il topo che ha fame di vendetta
per l’assurda vicenda di questo silenzio
senza pace.
Hanno anche serrato il portone
se il libro vuol correre via
per cercare altro cielo
così non gli resta che aspettare
la mano del frate cercatore.
36
Tarlo devastatore
killer di periferia urbana
tieni lontana la tua mascella
da questa biblioteca emiliana
dove riposa in uno scaffale
un esemplare del primo Battaglini da me amato.
Non sfiorarlo nemmeno
con il veleno della tua mascella avida
io starò all’erta per incenerirti.
Pietà l’è morta e tu sarai dannato.
Non credere di irretirmi perché son vecchio
tarlo malcreato
tarlaccio zoppo d’un piede
ignorante di poesia, indifferente.
Ti annego come fosse niente
dentro all’acqua d’un secchio.
37
Libro fuggente per monti e foreste
libro che ansando ritorni siedi
a una finestra e guardi il mondo.
Invece io vedo un tarlo fuggito da un Calepino
strisciare per un gradino
mentre fuori nel giardino dove è sera è primavera.
Inutilmente corre via
lo inseguirò sempre anche
nascosto nel legno di una rilegatura
il suo destino è segnato
finirò per schiacciarlo col piede
come un verme appestato
anzi no farò in modo
che muoia di fame come il conte Ugolino.
38
Sul libro sto
lo consumo un po’ in silenzio
impallidisce all’empito dei miei occhi
chiede cauto pietà
vuole dormire riposare non parlare
è un giorno d’aprile
spegni la luce dei tuoi occhi dice
una pena per me oggetto disarmato
impolverato
ferito dal tarlo pellegrino
che si nasconde
fra la foresta di pagine dell’ultimo quartino.
39
Ma quante persone generose
scrivono libri generosi
leggono libri generosi;
e quanti viaggi su mari perigliosi
dette scritture o letture comportano
al fine di rendere la nostra vita meno amara
se non un giardino di delizie.
Ogni pagina un fulmine
ogni parola un lampo
le pagine frusciano per inseguire il vento di marzo
che non dà scampo
quando si risveglia fra gli orsi del nord
per passeggiare poi su un prato
di Atene o di Roma.
Via la neve e primavera risuona.
Il tarlo in tali occasioni è un pellegrino
mal sopportato
e con un nero destino.
40
Si sente i libri addosso lo studioso
solitario nel salone della biblioteca all’inverno
ma non li può allontanare non li può masticare
li deve solo ascoltare.
Non leggere.
Ascoltare.
E quando i libri parlano
volano come farfalle impaurite nelle stanze
e calano sulle spalle dell’uomo seduto
per riposare.
Per parlare e per chiedere aiuto.
Loro e lui. Nessun altro.
41
Il tarlo striscia, il tarlo dà battaglia
il tarlo si nasconde
il tarlo è un assassino di parole.
Gli voglio togliere il sole.
42
Notizie di un libro in 4° e carta forte
stato ferito a morte
da un chiodo malandrino
da un chiodo maledetto
nascosto come il destino
sotto il letto.
43
Puoi pure citofonare tarlo della malora
per salire a visitare i libri
della mia biblioteca
ancora una volta.
Ma anche oggi l’aggressione andrà perduta
perché i volumi sono all’erta
come una pattuglia seduta
sull’erba del campo di battaglia.
Anche lì muore chi sbaglia.
E tu tarlo ambiguo infame
resterai deserto di carta e di pane.
44
Il libro che parte sempre per le Americhe
saluta:
addio patria di polvere e di conventi
addio donzellette senza vizi
odore di pizza per le strade piene di curve
e voci alle finestre in sere profumate con malizia
parto e non torno ma conserverò
sempre memoria della patria.
45
Libri nessuno più li vuole
cadono i libri come foglie al sole
insieme agli uomini sperduti
da una guerra terribile delle parole.
Anche la città di Bologna si autodistrugge
rifugiandosi dentro un quadro antico
per cercare le origini e la fonte
ma nessuno vuole entrare nelle biblioteche severe,
restare a guardare la tivù dà più gusto
dicono.
46
Il tomo del Ramusio
dall’alto dello scaffale
occhieggia da molti giorni
russa di notte come un maiale
quando si sveglia vuole
balzarmi sulla schiena
precipitarmi addosso
fracassarmi anche un osso.
Il tomo mi vuole male
digrigna i denti sospira
impreca e si lamenta
perché non l’ho venduto in Giappone
o alla biblioteca di Argenta.
47
Cosa credi? Non vedi
il libro che beve il vino
il vino della tua cantina
mentre la nebbia dura
cala sulla pianura.
La pianura padana.
Invece ad acqua e polenta dovrebbe cenare
il libro maledetto
così annotato e sconnesso
dall’umido le pagine lordate
mentre nella cella un frate
ossessionato dalla solitudine
adagio getta nel fuoco
le pagine strappate.
48
Non sono più giovane e lo so
i libri non sono quei tali gattoni che
non bevendo non mangiando non dormendo
saggi tranquilli pazienti negli scaffali notturni
restando
elargiscono solo oneste emozioni e salutari
ammonizioni
ma sanno ferire a fondo con la spada
e non lasciare scampo.
È un lampo e il buon lettore resta fulminato.
49
Addio libro falco libro gazzella o aquila che voli
verso una terra lontana
con abito di Arlecchino e con una corda al collo
per impiccarti al primo albero se mai
appena arrivato ti prende nostalgia e non sai
come ritornare.
50
Ehi, ehi, come nasce il libro
come scompare un libro? Questo
è un assillo vero.
Addio, è notte. Non c’è risposta. Il cielo
è nero. La
notte è un mistero.
51
Affondare in un libro a cosa ti è servito
tarlo ballerino
vecchietto ottuso e sazio?
A quel bambino è servito
diventato poi maestro di scienza
o uomo di governo.
Tu non sei eterno
tarlo disadorno e oscuro,
anche se trituri le mille pagine del tomo
è come tu grattassi il muro del futuro.
52
Il libro rosso di sangue respira forte
il libro dice sono ferito a morte
ma non voglio morire
una città mi aspetta
perché vuole ascoltare la mia voce
nelle biblioteche severe o nelle strade d’asfalto.
Ho fretta di correre là, di parlare,
qua inchiodato a terra non voglio restare.
Aiutami – dice il libro – aiutami
e ti racconterò una storia mai ascoltata
con parole d’oro
che durano una giornata.
O una vita.
53
Il libro caduto lo raccolgo
sul palmo della mano
lo curo come un cane
lo accarezzo come un gatto
lo bacio sulle ali quasi fosse colomba
rinvenuta sul prato
o come fosse fatto
di pane.
54
Giuseppe Rossetti
entomologo di libri
li rincorre con la rete
li imprigiona come farfalle
è leggero leggero quando li tocca
soffia la polvere come un sospiro
con un chiodo li trafigge sopra il legno
accarezzandoli poi con parole d’amore.
Frammenti di un naufragio
restano fermi ad ascoltare
il furore del mondo
in silenzio.
55
Il libro è viaggiatore
sopra gli oceani profondi non si ferma mai
segue la luce dei pesci risale
fin dove un astronauta abbandonato impazzito
nel buio dell’infinito
straccia fogli bianchi li fa nevicare e
chiede aiuto.
Solo la voce di questo libro lo può salvare
la sua parola è una vela per non
farlo precipitare.
56
I libri pellegrini
viandanti nella foresta dei segni
li raccolgo per terra
fra le foglie.
Cadono dagli alberi anche gli uomini travolti
da una guerra senza parole
e Bologna città dalle molte vite
si rifugia fra le pagine rosseggianti
ricerca ancora le sue origini
ascolta il lamento delle parole.
57
I libri compagni del fuoco.
Tutti i libri sono scritti
per essere poi distrutti dal fuoco.
Ricordo l’alone della pagina che brucia
e come annera scompare urlando la
parola stampata
ricordare come diventa cenere bianca
l’urlo dell’uomo
che ha scritto pensieri con mano nervosa e poi
la discesa nel buio senza tempo
di una tomba etrusca e
quante voci risa prima del fuoco e scritture veloci
lasciando sul tavolo coperto di polvere
segni di mistero
che nessuno leggerà.
Silenzio.
Destino di questa età.
58
La luna era tra i libri adagiata
ripiena splendeva e sopita ristava
il libro librone quieto dormiva
– ronfava.
59
Il libro affranto
quello percorso da un grande dolore
buttato dal bibliofilo in un canto
perché era finito l’amore
è come un cane fedele
abbandonato di notte
sotto la pioggia cadente
in una strada deserta
di una città sperduta
che si aggira sperduto fra la gente.
60
Libraccio
non godere troppo della tua avventura
sei vanitoso
d’altro non hai cura
che di una fama improbabile futura.
Perché oggi ti spedisco lontano
in terre dove l’inverno dura un anno
primavera un sogno.
Ricoperto di gelo
sognerai spero il convento emiliano
in cui per secoli hai vissuto
senza bisogno di chiedere aiuto
anzi eri gratificato e custodito.
Così non muovo un dito
per trattenerti.
Va’ pure a brucare erba altrove.
Qua oggi piove.
61
La sedia è lì
lo scaffale pieno
la luce esalta
il rosso riverbero dell’attesa. E via
per sfogliare leggere imparare
fantasticare errare prorompere guardare
nel fondo delle riflessioni.
La terra è come
spaccata in due.
I libri sono nel mezzo.
62
Porto libri a mano
legati a pile con lo spago bianco
pacchi squadrati rifiniti con cura
pesano molto e sono stanco ma
non ho paura della mia età.
Elargiranno lo so consolazione
anche passando da questo a quello
come cani pazienti
che non hanno paura della pioggia.
I benefici al padrone
dureranno non un anno
ma per una strada infinita.
63
Addio libretto ilare e gaudente
giovinezza del mondo
trapassando onde di mare
arrivi a luci splendide e rare
e porti l’odore della neve
del tuo del mio paese.
Ma senza polvere addosso chi crederà
che vieni da così lontano?
Dal paese un tempo dei limoni?
Sei un viaggiatore strano.
64
Libro forte e gentile che parti,
addio, sul dorso dei delfini
arriverai a un porto di giovani uomini
e donne che
tregua non daranno per sete di sapere.
Ma sarai sfogliato con dolcezza cortese
al lume di candele nelle sere
d’inverno. Che è vicino.
65
Dal libro di memorie di uno straziato esilio
tenti di uscire tarlo luciferino
velocemente
ferito a morte dalla parola esubero
su cui come su un albero assestato
raspi la luce risucchi il suo incanto
polla ingrommata d’erbe aspre severe
fatica nelle celle di conventi
perduti su montagne senza nome.
Così i monaci presi da furori
sbarravano le porte
contro i tarli avidi divoratori.
66
Era così lindo il libro prima di essere letto,
bello a guardarlo, a toccarlo,
così liscio e puro;
dopo era come un cane assalito
aggredito dai lupi,
sanguinante, ansimante, ma ancora
ringhiante e ben ritto
sulle zampe. Sui piedi.
Pieno di segni (il libro) come di ferite (il cane)
come il soldato (l’uomo) sul campo di battaglia.
Un libro ancora vivo non sta zitto
anche se offeso
da cento fori di mitraglia.
O ferito a morte.
67
Una sola ragazza che studia
nella grande biblioteca deserta
un lume verde acceso
il silenzio è totale.
Un topo mingherlino
procede lentamente
in cerca di compagnia.
68
Sommersi dalla carta
sembra d’impazzire. Alle volte.
può succedere anche
di accendere il fuoco o di amare i libri di meno.
Le parole mosche si allontanano allora
come un veleno
lanciato via da un bicchiere di cristallo
volando negli occhi prima di diventare cenere
e spegnersi nell’acqua. Così, per sempre.
Assistevo di volta in volta al rito
e ho ancora la pazienza di aspettare.
69
Nessuno s’alzi se
il libro va lontano navigando
verso paesi ghiacciati oppure se
i delfini lo portano sul dorso
intonando brevi canzoni.
Parlano fra di loro i delfini e nuotano
i libri ascoltano infreddoliti
per l’acqua che s’alza e grida
con qualche preoccupazione
e chiede grazia agli dei.
Arrivati al porto prima dell’alba
i libri talvolta gocciano sangue
e temono per il futuro
mentre ansimando come pesci appena pescati
s’alzano e gridano e invocano pietà.
70
Adesso che vado a finire
vi saluto addio
libri libretti miei. Cari adorati. Io
non ho altri amici che voi
veri sinceri.
Quanti anni insieme
in un silenzio di opere garbate
bastava che allungassi la mano
e suoni s’alzavano di liete campane
nonché quel bisbigliare notturno
che da solo potevo ascoltare. Addio
per adesso non vi abbandono lo giuro
non vi abbandono affatto
sotto le unghie del gatto.
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: poesie pubblicate in volume
- Editore: Pendragon (200 copie numerate fuori distribuzione)
- Anno di pubblicazione: 2013
- link_esterno: http://www.pendragon.it/libro.do?id=2028