Le rivistine
Una domanda da farsi magari in privato è la seguente: lo sfaldamento, la mescolanza ibrida delle classi sociali popolari è davvero un fatto epocale stabilmente accaduto? Oppure è una conclusione data per definitiva da una sociologia per lo più impoverita di ogni stimolo di volontà partecipata per la ricerca, la lotta, gli interventi diretti nei riguardi delle precipitose e spesso oscure novità? Una sociologia coinvolta nella politica, indaffarata nel voler chiudere la partita con le divisioni, le rabbie, le speranze e le tensioni ad esse collegate?
Un tempo, ricordiamolo fra noi come davanti a un fuoco. e neanche troppo lontano, il sistema di riferimento immediato era la classe; oggi, con umori culturali mortificati o inquinati, è la povertà, è il povero (magari più nero e più lontano).
Se la classe consentiva subito il riferimento a un sistema vibratile e organizzato, teso ad esigere in una continua dura richiesta e in una continua attenzione e partecipazione, il povero, la povertà inducono alla metafora dell’accattonaggio senza voce, della questua paziente, del giorno senza ore.
La classe proponeva, anzi imponeva la quotidiana identificazione di precisi problemi e di precisi doveri ed esigeva, con una violenza non solo verbale, risultati concretamente verificabili e quantificabili sul campo; il povero non ha linguaggio né metodo per chiedere con voce forte ed è rassegnato a indossare come un’ombra cruda il segno stesso della sua condizione. La classe strappava progressi, qualche vantaggio, azzannandoli con i denti; il povero allunga una mano e resta in un’attesa che è micidiale silenziosa guerra contro il tempo.
Suicidatosi il comunismo reale, a ricoprire le problematiche dei bisogni è subentrata, come termine allargato indefinito ma generico e indolore (pr la società avanzata), la povertà, tanto generosa e ubbidiente da sapere sempre aspettare; la quale è uno stato permanente di patologia sociale, un malanno che indebolisce chi lo patisce ma non è un’ideologia da combattimento; non una organizzazione di dure necessità che abbia la forza di proporsi come antagonista impaziente alla parte più rapace del mondo ‒ che non tollera intrusioni se non programmate e concordate. Una “resistenza” operativa, sull’immediato, a questo stato di cose (situazione in movimento, molto entusiasmante, complessa e pericolosa) sembra doversi collocare, quasi con precedenza assoluta, nell’ambito dell’organizzazione aggiornata e convinta di una comunicazione direttamente gestita con il mezzo delle nuove tecnologie. Una comunicazione impegnata a contrapporsi al rastrellamento quotidiano dell’attenzione pubblica e del consenso pubblico lucrati con minuta pazienza e con scaltra insistenza; perciò da inoltrare in ogni direzione consentita, progressivamente cercando di fuoriuscire dal ghetto, con una costanza da cui deve e dovrà tenersi esclusa ogni possibile amarezza ‒ che ottunde i progetti del futuro ‒ constatando al presente l’esiguità, certo la povertà dei mezzi ancora disponibili ‒ che tuttavia sono, sul momento, indispensabili.
Comunque, questo intervento sulla pelle viva della comunicazione, che comincia ad essere in atto ricercando e riprendendo un vecchio vigore, non può esercitarsi a fondo, nel nostro tempo, se non principalmente nell’uso della lava del linguaggio e nella conseguente elaborazione di materiale riflessivo da trasferire in modo rapido, direttamente, agli altri; destinatari identificati e inseguiti; per la verifica di possibili nuove aggregazioni o anche per uso libero e privato.
Uno dei canali solo in apparenza più modesto e marginale, ma in realtà ‒ per verifica mai consumata ‒ corrosivo, tanto da confermare almeno una utilità dissacrante, è rappresentato dal borbottio fastidiosamente implacabile delle rivistine (la parte povera del mondo culturale), l’armata quasi invisibile delle formichine della parola, che non cessano di picchiare alle porte e presentarsi con dura tranquillità. Che ci siano, invece, e che si presentino non invitate e silenziose, con il proposito di non lasciarsi imbavagliare, sgomentare, disperdere, è un risultato di fervore mai spento e di resistente fiducia nei destini della cultura, in un mondo che non deve essere travolto dall’abuso informatico che lo rode tutt’ora.
Una buona conferma d’impegno è dunque verificabile nella realtà e nel numero dei messaggi periodicamente proposti ‒ attraverso la fatica di tanti.
Nota
È impossibile documentare in dettaglio titolo e funzione specifica delle testate oggi in corso nella direzione indicata. Se ne enumerano alcune, tra formichine e api e vespe, direttamente conosciute o partecipate, come prima indicazione del tutto lacunosa; riservandoci di aggiornare più avanti l’elenco, come contributo d’attenzione doverosa verso chi non chiede ma dà, sforzandosi di dare ‒ di sé ‒ il meglio e nella forma più generosamente compiuta.
Lacio Drom, rivista bimestrale di studi zingari. Direttore responsabile: Mirella Karpati. Roma, via dei Barbieri 22, cap 00186.
“Mentre il mondo arde dovunque / E uomini uccidono uomini / Gli zingari non colpiscono nessuno, / In nessun luogo hanno suscitato guerre” (Nadya Natasakiri).
G. Soravia-C. Folchi, Vocabolario sinottico delle lingue zingare parlate in Italia.
“Questo vocabolario può diventare un punto ulteriore di riferimento per la comunità zingara italiana per costruirvi il futuro della propria lingua”. Lire 30.000 + 12.500 per la spedizione a: Lacio Drom.
Piazza Grande, giornale dei senza fissa dimora. Pubblicazione periodica mensile. Bologna, via Palese 4/E. Tel. 051/264374.
“Bologna l’a/dotta. Campagna di solidarietà cittadina… Cittadini senza fissa dimora, tossicodipendenti, alcoolisti… Bologna è anche questa. Ricuci lo strappo”.
“I paria non hanno colore, ed è per questo che siamo al fianco dei lavoratori immigrati, i loro bisogni in parte sono anche i nostri”.
“Aiutaci ad aiutarci”.
“Se i muri di una città smettono di parlare, significa che un grande silenzio è sceso nelle teste e nei cuori dei suoi abitanti” (Pino Cacucci).
L’Ortica, pagine bimestrali di informazione culturale. Direttore: Davide Argnani. Forlì, via Paradiso 4, cap 47100.
“Ma invece ci piace pensare che tutto è sempre in movimento come la nostra vita e i nostri pensieri… Tutto si ripete ma sempre secondo i princìpi della dinamica del movimento” (Davide Argnani).
L’Immaginazione, mensile di letteratura. Direttore: Anna Grazia D’Orai. Lecce, via Braccio Martello 36, cap 73100.
Anterem, rivista di ricerca letteraria. Direttore: Flavio Ermini. Verona, via Cattaneo 6, cap 37121. “Proseguire nella ricerca di una nuova lingua significa allestire la scena che possa accogliere l’inquietudine e il dubbio. Il mutamento. Significa promuovere nell’evento linguistico le sue realtà fantasmatiche, l’inatteso. Unica tra le forme, la poesia parla di ciò che eccede la pura designazione delle cose”.
Il Filo rosso, semestrale di cultura. Diretto da: Francesco Graziano, Gina Guarasci, Enzo Stancati. Rogliano (Cosenza), via Mannello 4, cap 87054. Tel. 0984/961020.
L’Area di Broca Semestrale di letteratura e conoscenza. Direttore responsabile: Mariella Bettarini. Firenze, via Palazzuolo 20, cap 50123. Tel. 055/289569.
“Eppure un intellettuale, un letterato, dunque un niente, oggi è molto più fraterno a tutte quelle categorie di uomini e di donne che il Sistema vorrebbe far affogare definitivamente: i fuori-lista, i fuori-confine, i non-garantiti, i non-accettati” (Mariella Bettarini).
Issimo. I segni della poesia, mensile d’informazione letteraria. Direttore editoriale: Carmelo Pirrera, e/o Vertice/Libri, via Norvegia 2/A, Palermo, cap 90146.
“Se ti accade di avere avuto simpatia per i moti del ’68, se qualche volta hai fischiettato Bandiera rossa, se, insomma, qualche volta ti sei sentito, come si suol dire, un uomo di sinistra, pentiti: è di moda, ti concilia col nuovo corso che vede persino paladini del nuovo corso come Orlando regredire verso i sani e santi princìpi della conservazione (e meno male che non abbiamo vinto!)”.
il Majakovskij, rivista trimestrale di poesia scrittura e differenze. Direttore responsabile: Matteo Pergolari. Laveno Mombello (Varese), via Gorizia 38, cap 21014.
“Ma purtroppo dobbiamo avvertire il cliente del supermercato che la festa, gli sconti e le offerte speciali non dureranno a lungo. Tutto questo non durerà molto a lungo. Le profonde ingiustizie assumono dimensioni planetarie, si moltiplicano con il passare del tempo…” (Lorenzo Pompeo).
Manocomete, quadrimestrale di profondità e superficie. A cura di Gianmaria Battiato, Patrizia Burgatto, Giancarlo Majorino, Enrico Villain. Milano, via dei Giardini 16, cap 20121.
“Rientra nel programma della rivista un infittirsi di tali pluralità: e, non meno, un’esposizione sempre più svincolata a ciò che accade, all’informe ancora innominato o nominato fraudolentemente.
Occorre pazienza, l’impegno dovendosi caricare aggiuntivamente di lucidità individuante, di capacità stornanti, di trascuranze in progress” (Giancarlo Majorino).
EnnErre Le nostre ragioni, rivista semestrale. Direttore responsabile Alba Morino. Milano, via Leon Battista Alberti 10, cap 20149.
“Rischio culturale. Anni fa ci venne in mente di pensare a questa cifra per meglio definire un metodo di lavoro che è ricerca e sperimentazione. Forse l’unico che si oppone all’industria culturale che non demonizziamo ma che ha altri andamenti, altri fini…”.
EnnErre, n. 3, II, 1995 (poi in Il timone 2, 2008).
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: saggi critici
- Testata: EnnErre (poi in Il timone 2, 2008)
- Anno di pubblicazione: n. 3, II, 1995